7 morti negli scontri in Venezuela
L'opposizione ora chiede di non proseguire nelle proteste e accusa Maduro di avere infiltrato suoi sostenitori nelle manifestazioni
Martedì 15 aprile, in Venezuela, 7 persone sono morte negli scontri tra i sostenitori del leader dell’opposizione, Henrique Capriles Radonski, e la Guardia Nazionale venezuelana. Le manifestazioni, che erano iniziate dopo l’annuncio della vittoria del socialista Nicolas Maduro alle elezioni presidenziali, erano state indette dallo stesso Capriles per protestare contro presunti brogli elettorali e per chiedere il riconteggio delle schede.
Nella giornata di martedì Capriles si è rivolto ai suoi sostenitori durante una conferenza stampa trasmessa dai media nazionali, chiedendo di non proseguire nelle manifestazioni per evitare ulteriori violenze. Capriles ha lanciato delle durissime accuse nei confronti del nuovo presidente Nicolas Maduro: «Il governo vuole che ci siano scontri per le strade venezuelane», ha detto Capriles, sostenendo di avere informazioni sul fatto che il governo «ha infiltrato alcuni suoi uomini nelle mobilitazioni dei giorni scorsi che io stesso avevo convocato». Capriles ha aggiunto di avere consegnato al Consiglio elettorale venezuelano un documento ufficiale nel quale si chiede, oltre al riconteggio delle schede, di non proclamare il nuovo presidente. La sua richiesta, secondo quanto ha sostenuto Capriles, non è stata ascoltata.
Poche ore prima della dichiarazione di Capriles, Nicola Maduro aveva avvertito di voler usare la “mano pesante contro il fascismo”, accusando il suo rivale di essere responsabile dei morti e dei feriti degli scontri di questi giorni. Maduro ha parlato di un “tentativo di colpo di stato” che Capriles starebbe cercando di organizzare con l’aiuto dei suoi sostenitori, e ha accusato gli Stati Uniti di avere appoggiato le violenze delle migliaia di manifestanti. I tre giorni di proteste post-elettorali hanno causato, oltre che 7 morti, anche 61 feriti, e più di 100 persone sono state arrestate.
foto: Henrique Capriles (Ronaldo Schemidt/AFP/Getty Images)