Proteste e scontri a Caracas
Foto dal Venezuela, dove la polizia ha usato lacrimogeni e proiettili di gomma contro migliaia di persone che non riconoscono il risultato delle elezioni
Aggiornamento 16.40. L’agenzia di news statale venezuelana Agenzia Venezolana de Noticias (AVN) ha comunicato che gli scontri iniziati dopo la conferma ufficiale della vittoria di Nicolas Maduro alle elezioni presidenziali hanno causato la morte di quattro persone. Secondo AVN, due persone sono morte nello stato di Miranda, una nello stato di Tachira (al confine con la Colombia) e una nello stato occidentale di Zulia.
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Lunedì 15 aprile migliaia di venezuelani si sono ritrovati nelle strade di Caracas, la capitale del Venezuela, per protestare contro i risultati delle elezioni presidenziali che si sono tenute il giorno precedente, domenica 14 aprile. Nella giornata di lunedì la commissione elettorale venezuelana aveva comunicato l’esito del voto, definitivo e “irreversibile”, che ha visto vincere con il 50,7 per centro dei voti Nicolás Maduro, candidato alle presidenziali per il Partito Socialista Unito (PSUV) ed erede di Hugo Chávez, sul suo principale avversario Henrique Capriles Radonski, governatore dello stato di Miranda e leader della Mesa de la Unidad Democrática (MUD), che si è fermato al 49,1 per cento dei voti.
Al termine dello spoglio Capriles aveva rilasciato un breve comunicato nel quale dichiarava di non voler riconoscere il risultato delle elezioni, e di pretendere invece un riconteggio immediato dei voti. Capriles aveva anche parlato di irregolarità durante il voto, affermando che diversi sostenitori di Maduro avrebbero tentato di far votare alcune persone dopo che i seggi elettorali erano già stati chiusi.
Le manifestazioni dei sostenitori del leader dell’opposizione, inizialmente pacifiche, si sono trasformate in scontri anche piuttosto violenti con le forze di sicurezza venezuelane. La Guardia Nazionale, dispiegata a Caracas, ha lanciato gas lacrimogeni e proiettili di plastica per rispondere al lancio di pietre e all’incendio di pneumatici da parte dei manifestanti, per lo più studenti, che stavano cercando di raggiungere la parte occidentale di Caracas, dove si trova la maggior parte degli edifici del governo. Secondo la stampa locale ci sarebbero stati almeno 18 feriti, nessuno in gravi condizioni.
Di fronte a migliaia di persone radunate di fronte al palazzo presidenziale di Miraflores, a Caracas, lunedì Maduro ha sostenuto che “non ci dovrebbero essere dubbi sui risultati delle elezioni”, visto che il sistema elettronico di voto utilizzato durante le presidenziali venezuelane ha fatto sì che per ogni voto espresso sia stata stampata una scheda cartacea che può comprovare la validità dei risultati, se necessario. Maduro ha anche detto di non essere contrario a un riconteggio, che potrebbe quindi verificarsi nei prossimi giorni.
Da diverse ore il clima in Venezuela è molto delicato: oltre agli scontri di Caracas, Maduro ha accusato alcuni sostenitori di Capriles di aver bruciato le sedi del Partito Socialista Unito negli stati venezuelani di Anzoátegui e Táchira, aggiungendo che ci sarebbero state delle persone dentro gli edifici nel momento dell’attacco. Andrés Izarra, ex ministro dell’Informazione e della Comunicazione e collaboratore della campagna elettorale di Maduro, ha scritto su Twitter che “orde fasciste” avrebbero attaccato casa di suo padre e quella del capo della commissione elettorale, Tibisay Lucena.
Maduro ha vinto con un margine sorprendentemente stretto rispetto al proprio avversario – circa 300.000 voti – e secondo diversi osservatori questo potrebbe complicare i suoi prossimi anni di presidenza. Maduro giurerà il prossimo 19 aprile come nuovo presidente del Venezuela: il suo mandato non sarà integrale ma durerà il tempo necessario per colmare quello iniziato, e non finito, da Hugo Chávez.