Il ritorno di Saviano a Napoli
Dopo 7 anni arriva in "una città che non mi ama", scrive su Repubblica, guidata da "un amministratore che non ha avviato alcun percorso di rinnovamento"
Oggi a Napoli Roberto Saviano presenta il suo nuovo libro, ZeroZeroZero, insieme a Conchita Sannino e Adriano Sofri. Saviano manca da Napoli da quando è sotto scorta, cioè da sette anni, e oggi su Repubblica scrive delle condizioni della città (e di cosa comporta, per lui, scriverne da fuori).
Sette anni sono un tempo lungo, troppo lungo. Un tempo infinito di assenza dalla città in cui sei nato e hai vissuto gli anni più importanti della tua vita, della tua formazione. È da sette anni che non calpesto il basalto dei vicoli di Napoli, di cui conoscevo a memoria tutto: le macchie di umidità sui palazzi, le vetrine delle botteghe, i pacchi di pasta e i barattoli di conserve impolverati. I piennoli di pomodorini che i turisti credono decorativi, ma fanno il sugo più buono della domenica. Tutto per me era casa. Negli ultimi anni, invece, di Napoli ho visto solo il Palazzo di Giustizia, che sembra un corpo estraneo nella città più luminosa che io abbia mai visto. Di quella luce che ferisce gli occhi, le fredde aule del Tribunale con le vetrate che sembrano mai lavate conservano ben poco. Negli ultimi anni sono stato ovunque, mai a Napoli. Ecco perché ora, alla vigilia del mio ritorno, sono emozionato, nervoso, impaziente. Perché torno dove tutto è cominciato. Sento di chiudere finalmente il cerchio.
Cosa mi aspetto? Francamente non lo so. A Napoli ho ancora molti amici che sentono il peso di dovermi difendere da una città che non mi ama.
“Speculatore”. “Ti sei arricchito sulle disgrazie della tua città”. “Furbo, furbetto, furbone”. “Hai detto il noto, hai venduto l’invenzione dell’acqua calda”. “Ti sei appropriato del lavoro di tutti noi”. “Scampiamoci da te”. Queste le accuse che mi sono state rivolte. Che ho percepito negli sguardi, tra le mezze parole sussurrate e quelle urlate. Parole che vengono rivolte spesso, anzi sempre, a chiunque venga letto, ascoltato, seguito oltre una misura che la città non tollera. Perché parlare di Napoli si può, ma devi farlo a Napoli, con i napoletani. Eppure tutto questo per me è sempre stato inaccettabile.