Cosa dicono i 10 esperti di Napolitano
Ieri sono state presentate le due lunghe relazioni con le proposte di riforma: molto buon senso, poco di concreto
Ieri sono state presentate le relazioni conclusive dei due “gruppi di lavoro” nominati da Giorgio Napolitano il 30 marzo scorso. Secondo le intenzioni del presidente della Repubblica, i dieci esperti dovevano formulare proposte programmatiche condivise per risolvere l’attuale crisi di governo: hanno prodotto due relazioni, per un totale di un centinaio di pagine, una per le proposte economiche e una per le riforme istituzionali.
Proposte economiche
Il gruppo di lavoro sulle proposte economiche era formato da sei persone: Enrico Giovannini, presidente dell’ISTAT; Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato; Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca d’Italia; i parlamentari Giancarlo Giorgetti e Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali operanti alla Camera e al Senato; il ministro Enzo Moavero Milanesi.
La Relazione del gruppo di lavoro in materia economica, sociale ed europea contiene 43 proposte divise in quattro aree: crescita, lavoro e welfare, ambiente e pubblica amministrazione. Pochissime proposte sono dettagliate, mentre molte altre sono formulate soltanto come indirizzi generici da seguire. Per nessuna proposta è specificato dove sarebbe possibile reperire le risorse per finanziarla, anche se nel documento si parla di rispettare il tetto del deficit al 3% – fissato dai trattati europei – e la disciplina dei conti più in generale, visto che l’Italia quest’anno dovrà rinnovare circa 200 miliardi. Il documento è lungo 83 pagine di cui 30 occupate da grafici e statistiche.
Molte delle proposte che hanno effetto sulla crescita economica sono prosecuzioni dei provvedimenti già adottati dal governo Monti. Ad esempio: completare i pagamenti arretrati ai fornitori della pubblica amministrazione, approvare un disegno di legge per la “delega fiscale”, che dovrebbe servire a riformare il sistema tributario, e sostenere le esportazioni tramite gli enti già esistenti che si occupano di assicurare o finanziare le aziende esportatrici (SACE, SIMEST e Cassa Depositi e Prestiti).
Tra le proposte che dovrebbero avere effetto sulla dimensione sociale ci sono il rinnovo degli ammortizzatori sociali in deroga – cioè la cassa integrazione – e la soluzione della questione “esodati” (tra virgolette nell’originale). C’è anche una proposta piuttosto vaga – occupa solo un paio di righe – per creare un “credito d’imposta” disegnato in modo tale che, per chi ha uno stipendio particolarmente basso, si trasformi in un sussidio monetario. Le proposte in tema ambientale riguardano, tra gli altri, la creazione di incentivi fiscali per ristrutturare le abitazioni in modo da renderle più “energeticamente efficienti” e altri incentivi per migliorare il sistema della raccolta dei rifiuti.
Alcune delle proposte più concrete riguardano il miglioramento della legislazione e della pubblica amministrazione. Si parla di “rivedere” gli stipendi dei dirigenti e degli amministratori di alto livello, di introdurre un indennizzo per i ritardi – di ogni tipo – della pubblica amministrazione e di introdurre il meccanismo dei “costi standard” per le spese delle regioni e degli altri enti locali.
Riforme istituzionali
Il gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali era formato da Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante (qui potete trovare maggiori informazioni su ciascuno). La Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali è un documento di 29 pagine, divise in sei capitoli e una Appendice. È stata prodotta in cinque giorni di riunione (4, 5, 8, 9 e 11 aprile, precisa il documento).
Non tutte le conclusioni sono state prese all’unanimità: nelle note si specifica qualche volta che uno dei quattro componenti non è d’accordo con una proposta specifica, il che accade una decina volte. Questi disaccordi mettono in dubbio la validità dell’intera operazione, se un gruppo di quattro saggi che doveva unire le forze politiche su riforme condivise non riesce a raggiungere l’unanimità su diversi temi.
Le prime proposte riguardano i partiti: il documento parla della necessità di uno statuto minimo dei partiti, che chiarisca per ogni formazione politica quali sono gli organi direttivi, come vengono scelti e una serie di altre caratteristiche tra cui “l’equilibrio di genere”. Si propongono poi una serie di modifiche alla legge sui referendum, tra cui rivedere il meccanismo del quorum (al 50 per cento più uno dei votanti all’ultima elezione della Camera e non più dell’intero corpo elettorale).
Si parla poi di una sorta di nuova Bicamerale, cioè di una commissione – formata da parlamentari e da non parlamentari – che si occupi di rivedere la Costituzione. I lavori dovrebbero durare pochi mesi e il documento scende molto nel dettaglio nello stabilire i limiti dei poteri della Commissione e il suo rapporto con il Parlamento.
Forma di governo
Il gruppo di lavoro ha concluso che la forma di governo più appropriata per l’Italia è un governo parlamentare e non il semipresidenzialismo. Ha però proposto alcuni cambiamenti al sistema attuale: il più notevole è che il governo dovrebbe ricevere la fiducia solo della Camera (e non anche del Senato, come succede oggi) e che un eventuale voto di sfiducia (anche questo solo della Camera) deve essere “costruttivo”, cioè indicare un presidente del Consiglio alternativo. Il presidente del Consiglio, dice il documento, dovrebbe anche avere il potere di chiedere al presidente della Repubblica lo scioglimento anticipato delle camere.
La proposta è quindi di superare l’attuale bicameralismo perfetto, ovvero il fatto che Camera e Senato hanno gli stessi identici poteri: secondo il documento il Senato dovrebbe diventare un “Senato delle Regioni”, formato dai venti governatori e da rappresentanti delle regioni stesse. L’ultima parola sulle leggi deve spettare solo alla Camera, con poche eccezioni come le leggi che riguardano il funzionamento degli enti locali. Il nuovo Senato ha la facoltà di esaminare alcune leggi e proporre emendamenti. Si propone anche una drastica riduzione dei parlamentari (480 deputati e 120 senatori).
Legge elettorale
Sulla legge elettorale, il documento dice solo che quella attuale va cambiata e che bisogna reintrodurre “la scelta degli eletti da parte dei cittadini”. Sul come cambiarla, il documento si limita ad elencare tutte le varie possibilità, dicendo che il sistema francese è più adatto al semipresidenzialismo, mentre per un governo parlamentare si potrebbe usare un sistema come quello spagnolo o tedesco, o persino il vecchio Mattarellum (la legge elettorale in vigore fino al 2005) con qualche modifica.
Per il resto, il gruppo di lavoro per le riforme istituzionali dice diverse cose generali di assoluto buonsenso ma senza molte proposte operative: per la giustizia ad esempio parla di assicurare “il rispetto effettivo di tempi ragionevoli di durata dei processi”, “maggiore efficacia” nella lotta alla corruzione e così via. Si fanno comunque una serie di proposte per la riforma della giustizia penale e civile, come la maggiore regolamentazione delle intercettazioni, e si propone di istituire un’apposita Corte per le azioni disciplinari contro i magistrati (che devono restare comunque senza responsabilità civile). Il documento propone anche, genericamente, una nuova legge sul conflitto di interessi.
Foto: LaPresse/ufficio stampa Quirinale