Il successo di Vice
Dai manuali sulla cacca alla caccia di “cinghiali mutanti” a Chernobyl: storia di un gruppo editoriale che fa cose serie e cose sceme insieme
di Antonio Russo
Vice è un network con sedi in tutto il mondo (una anche a Milano) ma all’inizio, nel 1994, era solo un magazine gratuito di Montréal. Oggi pubblica ancora il mensile cartaceo (e diversi numeri speciali), cura una rete di siti tematici e produce video per il web e per la televisione. Tratta e ha trattato argomenti di ogni genere – dai guerriglieri nelle Filippine alle curiosità sulla cacca – con toni provocatori e linguaggio scurrile, usando spesso immagini violente o a sfondo sessuale. Uno dei tre fondatori, Gavin McInnes, riassume così il loro approccio: «fare cose stupide in modo intelligente e cose intelligenti in modo stupido».
I numeri di Vice, oggi
Vice ha 35 sedi in 18 paesi del mondo, il magazine cartaceo ha una distribuzione di 900.000 copie, il canale YouTube ufficiale ha più di un milione e mezzo di iscritti (e produce una media di 60 minuti di nuovi contenuti video al giorno). Vice possiede anche: un’etichetta discografica (ha pubblicato dischi di Bloc Party, Raveonettes e Charlotte Gainsbourg), una divisione dedicata ai libri e ai film (recentemente ha promosso Spring Breakers) e una linea di abbigliamento. In un lungo articolo pubblicato la settimana scorsa sul New Yorker si stima che Vice abbia guadagnato circa 175 milioni di dollari nel 2012 (con un utile di 40 milioni) e che l’ottanta per cento dei guadagni provenga dal web. Ha da poco stretto un accordo esclusivo con la HBO, una delle più importanti emittenti televisive statunitensi, per trasmettere contenuti video originali in otto episodi in seconda serata.
Cos’era all’inizio
Nel 1994 due ragazzi di Montréal – Suroosh Alvi, ex-tossicodipendente, e Gavin McInnes, fumettista – sfruttarono un programma di welfare e ottennero i finanziamenti statali per pubblicare un free press mensile. Si chiamava Voice of Montréal e avrebbe dovuto coprire i principali eventi culturali della città, ma Alvi e McInnes si occuparono da subito di cultura underground, dalla droga al punk-rock (nel primo numero intervistarono Johnny Rotten dei Sex Pistols). Poco dopo si unì Shane Smith, oggi CEO di Vice, allora attivista di Greenpeace. Nel 1996 il gruppo – apprezzato dal pubblico, un po’ meno dalle élite culturali – cambiò strategia di mercato: decise di puntare soltanto sui ricavi della pubblicità, abbandonando il programma di welfare e perdendo i finanziamenti; cominciò a distribuire il magazine anche negli Stati Uniti e cambiò nome in Vice (per evitare confusione con Village Voice, settimanale newyorkese).
Nel 1999 Richard Szalwinski, imprenditore canadese esperto di società di servizi web, acquistò il 25 per cento del gruppo e finanziò il trasferimento della redazione a New York; ideò nuovi prodotti e sviluppò un sito internet (Viceland.com) in cui confluirono gran parte dei contenuti della rivista. Ma nel 2002, dopo la bolla delle dot-com, Vice si ritrovò con tre milioni di dollari di debiti. Smith e Alvi – lasciando a McInnes la responsabilità dei contenuti del cartaceo – si occuparono del sito internet e degli altri prodotti, trovarono nuovi sponsor e riuscirono in un anno a risanare i conti del gruppo. Il cambiamento più significativo della storia di Vice nel corso degli anni Duemila fu spostare i maggiori investimenti dalla stampa al web, in particolare alla produzione video.
Una storia buona, secondo Vice
Secondo Shane Smith una perfetta storia di Vice deve: «essere semplice, avere un aggancio e avere un pugno in faccia». Secondo Ryan Duffy – un inviato di Vice – la storia deve superare un test: «la racconterei a un amico al bar? Allora è ok». Dalla fine degli anni Novanta Vice riscosse un certo successo anche per la pubblicazione periodica di alcune guide faidaté (The Vice Guide to) per lo più scritte da McInnes, il più bruciato dei tre fondatori, che al New Yorker ha detto:
«La mia idea era fare cose stupide in modo intelligente e cose intelligenti in modo stupido. Se vai in Palestina, per esempio, prova a trovare un posto dove fanno buoni hamburger. Lascia perdere Israele, i confini, il 1967 e Gaza: trova un posto dove fanno buoni hamburger. Se invece devi parlare di scoregge, scopri tutta la storia, cosa sappiamo sulle scoregge, perché puzzano, e fallo in modo super-scientifico e con tutti i dati possibili. Che è esattamente quello che abbiamo fatto con la Guida Vice sulla merda».
McInnes lasciò Vice nel 2007 per «divergenze creative». Molti commentatori concordano nel ritenere le sue trovate e le sue esagerazioni una ragione dei malumori dei grandi partner commerciali. McInnes, a sua volta, ritiene ancora oggi l’invadenza dei partner commerciali la ragione di un netto cambiamento nella linea editoriale di Vice, cioè la fine della libertà creativa e del politicamente scorretto.
Nella prossima pagina: come guadagna Vice, le storie dei cinghiali mutanti e di Kim Jong-un, i piani per il futuro.
Come guadagna Vice
I maggiori introiti di Vice oggi provengono dal web: non derivano dalla vendita di spazi pubblicitari a margine dei contenuti (banner) ma dalla produzione di interi progetti commissionati da un partner commerciale (sponsored content). The Creators Project, uno dei siti di tecnologia di Vice, costa milioni di dollari all’anno a Intel, l’azienda di microprocessori che ne è finanziatore unico. L’azienda North Face – che fa abbigliamento da montagna – ha interamente finanziato Far Out, una serie web in cui gli inviati di Vice raggiungono «i posti più remoti della Terra» (i costi vanno da uno a cinque milioni di dollari per dodici episodi).
(Il documentario di Vice sul calcio fiorentino)
Il modello sponsored content è sempre più diffuso su Internet ma Vice, che produce principalmente contenuti video, rappresenta un caso abbastanza singolare: oggi i guadagni con i video sul web sono ancora largamente legati alla vendita di brevi spazi commerciali prima dell’inizio dei video (pre-roll), con confini riconoscibili tra gli uni e gli altri, e senza particolari nessi tematici. Smith non teme che il modello sponsored possa compromettere la linea editoriale, e aggiunge:
«Una delle ragioni del nostro successo è che abbiamo soldi per fare cose. Tutti gli altri cazzeggiano alla ricerca di fondi per realizzare i loro sogni. Chi sta nel giro dei media e dice “io non voglio soldi” in pratica dice “io non voglio lavorare”, perché i soldi creano i media».
L’affare con la HBO
L’establishment dei media statunitensi è molto interessato al modello Vice non tanto per lo stile e la tecnica narrativa, ma per la capacità di attirare pubblico giovane e trarre grossi guadagni dal web, un settore da cui i grandi gruppi tradizionali faticano ad avere un ritorno significativo malgrado gli investimenti. La HBO ha da poco acquistato i diritti per una serie di documentari prodotta da Vice. Nel primo degli otto episodi in programma – andato in onda venerdì 5 aprile – Ryan Duffy si è occupato della violenza politica nelle Filippine e Smith è andato in Afghanistan a parlare con “aspiranti” bambini kamikaze.
Joe Ravitch, socio e membro del consiglio di amministrazione di Vice, considera l’affare con la HBO non tanto una fonte di guadagno diretto ma un modo per far conoscere il marchio Vice a nuove fasce di pubblico e richiamare nuovi visitatori verso il web, “dove stanno i numeri grossi”.
A Chernobyl, a sparare ai “cinghiali mutanti”
Un buon esempio dello stile documentaristico di Vice è il DVD The Vice Guide to Travel, pubblicato nel 2006 e finanziato da MTV. In uno dei 15 episodi – brevi filmati di viaggio – Shane Smith e una ragazza della redazione tedesca di Vice raggiungono Chernobyl in treno da Berlino, ubriachi. Dopo alcune riprese della centrale nucleare, il gruppo si sposta nella città fantasma di Pripyat, con Smith che un po’ fa il serio e un po’ lo scemo. Il video si conclude con lui e la ragazza nei pressi della Foresta Rossa (la pineta altamente radioattiva vicina alla centrale nucleare) armati di fucili di precisione, a caccia di mitologici cinghiali geneticamente mutati. Proprio la visione di questo filmato – secondo l’articolo del New Yorker – convinse quelli di Viacom, la società proprietaria di MTV, a sponsorizzare la web tv di Vice (VBS.tv).
La figuraccia con McAfee
A novembre del 2012 Vice fece una figuraccia per una foto scattata al milionario statunitense John McAfee, ricercato dalla polizia del Belize come persona informata sui fatti in merito all’omicidio del suo vicino di casa. In quei giorni il direttore Rocco Castoro e il fotografo Robert King incontrarono il fuggitivo McAfee, in un luogo segreto, e in un post sul sito di Vice («Siamo con John McAfee proprio adesso, babbei») fu pubblicata una foto di Castoro e McAfee insieme, ma senza prima aver rimosso i metadati del file, da cui fu possibile risalire alle coordinate geografiche dello scatto: un hotel di Izabal in Guatemala (dove alla fine McAfee confermò di trovarsi). Molti giornali, ancora risentiti per il “buco”, sfruttarono al volo la gaffe per canzonare quelli di Vice.
Ospiti di Kim Jong-un
A fine febbraio di quest’anno, prima del peggioramento dei rapporti tra Corea del Nord e Stati Uniti, Vice ha organizzato una surreale amichevole di pallacanestro tra la nazionale nordcoreana e gli Harlem Globetrotters (squadra statunitense di basket acrobatico), che andrà in onda in uno degli episodi registrati per la HBO. Nello stadio indoor di Pyongyang – davanti a diecimila spettatori in uniforme maoista e sotto gli occhi del leader Kim Jong-un – la partita è finita 110 a 110 (pari, che a pallacanestro non esiste). L’ex giocatore di basket NBA Dennis Rodman, testimonial Vice dell’evento, ha parlato al pubblico al termine dell’incontro. Rivolto verso Kim Jong-un, dopo averlo ringraziato per l’ospitalità, ha accennato alla situazione internazionale cacciandosi in un imbarazzo da cui si è tirato fuori con queste parole: «signore, avete un amico per sempre». I media statunitensi hanno criticato l’iniziativa di Vice, ritenuta più una trovata commerciale che non un servizio giornalistico o un gesto diplomatico, come Smith ha cercato di sostenere.
I piani per il futuro
Quelli di Vice sono convinti che il formato ideale del web sia il video, non il testo. Secondo Smith, gli effetti della diffusione di internet sui media tradizionali sono stati sopravvalutati: YouTube non ha messo fine alla televisione così in fretta come si credeva; piuttosto ha permesso una diffusione più ampia dei contenuti. Nei piani di Vice per il futuro c’è l’apertura di un canale di news 24 ore su 24, in cui le varie sedi internazionali funzionino come delle redazioni locali. Al New Yorker Smith ha detto:
«Anni fa, l’informazione era lo show più redditizio che le reti mandassero in onda. La Guerra del Golfo “costruì” la CNN. Oggi circola un sacco l’idea che l’informazione non produca profitti, che ai giovani non importi nulla dell’informazione. Invece ai giovani importa eccome: per questo noi abbiamo successo. So che suona assurdo ma supponiamo che tu diventi il canale di news di riferimento su YouTube, e che fai miliardi di visualizzazioni che WPP [società multinazionale di pubblicità] ti paga. A quel punto tu sei la nuova CNN.