Burattinai, salamandre e spioni
La quarta puntata del racconto di Concita De Gregorio sui presidenti della Repubblica e sulla persona che al Quirinale conta di più, dopo il presidente
Oggi su Repubblica è stato pubblicato il quarto articolo di Concita De Gregorio su come si diventa presidenti della Repubblica. Questa puntata è dedicata al racconto delle lotte di potere intorno ai candidati e alle pressioni a cui i presidenti sono stati sottoposti storicamente da parte dei cosiddetti “poteri forti”, con una particolare attenzione al ruolo del segretario generale: dalla massoneria ai servizi segreti, dalla Chiesa fino all’arrivo dei nuovi “burattinai” del mondo della finanza.
I burattinai, le salamandre, gli spioni. C’è un mondo sopra, ombre semivisibili nella nebbia che sempre prelude al conclave del Quirinale, e un mondo sotto, un mondo dietro. Ancora più impalpabile, ineffabile, innominabile. Nomi che non si leggono mai, quasi mai sui giornali. Una battaglia silenziosa di manovre felpate, coi buoni e i cattivi che somigliano – per dirlo a chi ha meno di trent’anni – a certi eserciti delle saghe fantasy. Sono tutti tessitori di trame ma alcuni difendono l’Impero, altri lo insidiano. Portano maschere, cambiano aspetto. Chi ha vinto lo si capisce sempre dopo, a guerra finita. «Perché il potere è fatto così – disse Francesco Cossiga durante un viaggio in cui era molto di buon umore, andava nei Paesi Baschi ad incontrare di nascosto alcuni fiancheggiatori dell’Eta, una sua passione – il potere ha bisogno di gente che sa stare al microfono e di gente che regola la sintonia della radio. Io ora faccio tutt’e due le cose, ma se dovessi scegliere direi che è certo più importante quello che manovra l’audio di quello che parla. Chi parla è un burattino, chi manovra è il burattinaio».
Cossiga, eletto presidente al primo scrutinio per uno dei rari patti efficaci fra Pci e Dc, aveva altre passioni, oltre alla consuetudine con terroristi ed ex terroristi di varie latitudini – li chiamava “resistenti”. Era pazzo per la massoneria, per i servizi segreti, per i militari. Appena eletto, Pertini ancora in carica, si era presentato al ministero della Marina ed aveva aperto la porta del Capo di stato maggiore Marulli, incredulo: «Capitano di fregata Francesco Cossiga ai suoi ordini », gli aveva detto mettendosi sull’attenti. Riceveva generali e semplici spalloni dei Servizi al Quirinale, l’ammiraglio Fulvio Martini presenza costante, costoro gli portavano in dono soldatini per la sua collezione. Una volta – c’era una cronista, di fronte a lui – telefonò chiamandolo “carissimo” al colonnello Tejero, golpista di Spagna, da anni irreperibile per chiunque. Un’altra volta ricevette un giornalista seduto a terra fra i suoi “baracchini”: passava le giornate così. Parlava alla radio in frequenze speciali, il suo nome in codice era Andy Capp. Stava in maniche di camicia seduto sul tappeto e smanettava i grandi apparecchi assistito dall’elettricista di palazzo, l’amico Pascucci. In stanza aveva quattro telefoni, tre tv e sempre una scatola di cioccolatini Baratti. Francesco d’Onofrio andava spesso a riferirgli le cose della politica. Di più gli piacevano però i retroscena dei massoni, di cui il Parlamento – diceva – era colmo. Sarebbe stato entusiasta, oggi, di manovrare e decifrare le primarie per l’elezione del prossimo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Raffi scade nel 2014 e i giochi sono aperti. Avere un massone al Quirinale è sempre stata l’ambizione suprema, per i fratelli. Cossiga aveva in materia una biblioteca e un’agenda sterminata.
(continua a leggere sulla rassegna stampa del ministero della Difesa)
Foto: Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro (LaPresse)