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  • Venerdì 5 aprile 2013

Contro il mobbing mediatico

Michele Serra contro lo scherzo a Onida e "l'accanimento giornalistico" in violazione dei diritti delle persone

©Mauro Scrobogna / Lapresse
23-11-2004 Roma
Politica
Presentazione libro La Costituzione di V. Onida
Nella foto: Il Presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida autore del libro edito da Il Mulino
©Mauro Scrobogna / Lapresse 23-11-2004 Roma Politica Presentazione libro La Costituzione di V. Onida Nella foto: Il Presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida autore del libro edito da Il Mulino

Dopo il senatore del Movimento 5 Stelle Francesco Campanella, ieri anche l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida chiamato da Giorgio Napolitano per lavorare su proposte di riforme economiche e istituzionali, è stato vittima di uno scherzo della trasmissione di Radio 24 La Zanzara condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo. Onida pensando di essere al telefono con Margherita Hack ha ammesso l’inutilità del lavoro del gruppo (“serve a coprire questo periodo di stallo”) e pronunciato frasi molto critiche nei confronti di Silvio Berlusconi (“potrebbe andare a godersi la sua vecchiaia e lasciare in pace gli italiani”). Valerio Onida si è scusato con Berlusconi e ha espresso il suo rammarico “per l’imbarazzo che la pubblicazione può aver creato al presidente della Repubblica”. In realtà nei giorni scorsi Onida aveva già dichiarato pubblicamente la stessa cosa sul gruppo dei dieci.

Oggi Michele Serra scrive su Repubblica contro gli scherzi telefonici, le registrazioni abusive e le insistenze giornalistiche definendole “mobbing mediatico”.

Cadere in un tranello e commettere una mancanza non è la stessa cosa. Nel primo caso si è vittime. Nel secondo si è colpevoli. Ce lo insegna il caso della telefonata rubata al saggio Valerio Onida. Le scuse di Onida, gabbato da una finta Hack, registrato e mandato in onda a sua totale insaputa su Radio Ventiquattro, sono dovute, forse, al decoro delle istituzioni. Ma non sono dovute all’opinione pubblica, né al buon senso, perché Onida non è colpevole di alcunché, e anzi è la più innocente delle persone. Ha espresso, in una conversazione che riteneva privata, sue private opinioni, poi rese pubbliche da chi gliele aveva carpite con l’inganno. La sola vera domanda che una comunità sana di mente dovrebbe porsi è se la trappola nella quale Onida (e altri prima di lui) è caduto sia lecita. Che non vuol dire, banalmente, legale. Vuol dire riconoscibile come accettabile prassi di informazione (o di spettacolo. I confini tra i due generi sono sempre più labili).

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