Il caso “Offshoreleaks” in 8 punti
Le cose più importanti da sapere sui documenti della grande inchiesta giornalistica sui paradisi fiscali, dai nuovi imbarazzi per Hollande ai nomi italiani
Giovedì 4 aprile i giornali di mezzo mondo hanno iniziato a pubblicare i primi risultati della grandissima inchiesta dell’International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ) su circa 120.000 società off-shore e fondi fiduciari privati in diversi paradisi fiscali del mondo. L’inchiesta si basa sull’analisi di 2,5 milioni di documenti che coinvolgono più di 130.000 persone di 140 paesi diversi, tra cui politici molto importanti, grandi industriali e criminali di vario genere, ed è la più grande mai effettuata dai media internazionali su banche e società off-shore.
Oggi diversi giornali, in particolar modo quelli che hanno collaborato con l’ICIJ negli ultimi 15 mesi, hanno fornito dettagli in più su quanto raccolto e sulle modalità usate per organizzare una quantità così grande di dati e documenti. Di seguito le otto cose da sapere sull’inchiesta che i giornali hanno già soprannominato “Offshoreleaks”.
1. Come si è sviluppata l’inchiesta
È partita dopo che l’ICIJ ha ricevuto un hard disk contenente milioni di dati – contratti, fax, copie di passaporti, e-mail, corrispondenza bancaria eccetera – tutti provenienti da due società specializzate in domiciliazioni off-shore: Commonwealth Trust Limited, delle Isole Vergini britanniche, e Portcullis Trustnet, con base a Singapore, operativa alle Isole Cayman, Isole Cook e Samoa, tutte giurisdizioni off-shore fra le meno trasparenti al mondo.
Per ordinare e organizzare tutti questi dati l’ICIJ ha usato diversi programmi informatici, alcuni sviluppati in sole due settimane e pensati appositamente per questa inchiesta. I due software OCR e FTR hanno permesso ai giornalisti dell’ICIJ di estrapolare il testo contenuto dai file immagine dei documenti, per poi associare i nomi e gli indirizzi citati, eliminare quelli duplicati, e dividere tutte le informazioni a seconda dei paesi delle persone coinvolte. I dati ordinati e strutturati sono stati passati ad alcuni giornali individuati dall’ICIJ, tra cui i britannici Guardian e BBC, il francese Le Monde, i tedeschi Süddeutsche Zeitung e Norddeutscher Rundfunk, l’americano Washington Post, la Canadian Broadcasting Corporation (CBC), lo spagnolo El Confidential e l’italiano Espresso. Ciascun giornale ha poi analizzato i dati relativi ai propri cittadini, portando avanti delle inchieste parallele più approfondite.
2. Cosa sono i paradisi fiscali e le società off-shore
Un paradiso fiscale è uno stato che garantisce un prelievo in termini di tasse basso o addirittura nullo sui depositi bancari. Lo Stato può scegliere di adottare un ordinamento del genere per attirare molto capitale proveniente da paesi esteri, mentre il contribuente può scegliere di depositare i suoi risparmi per evitare di pagare tasse più alte nel suo paese di appartenenza. Un discorso simile si può fare per le società cosiddette off-shore, ovvero quelle registrate in uno stato estero che sviluppa il suo business al di fuori di quella giurisdizione. Anche in questo caso i vantaggi sono legati a una minore imposizione fiscale, a una maggiore protezione del patrimonio personale e, il più delle volte, a una grande semplificazione burocratica.
3. Cosa è legale e cosa no
L’attività di una società off-shore nei paradisi fiscali è molto complessa, ma a differenza di quello che molto spesso si pensa non è illegale di per sé (anche se viene considerata in certe circostanze moralmente discutibile). Tuttavia in molti casi le società off-shore favoriscono la segretezza, e vengono quindi usate per coprire alcune attività illegali, come il riciclaggio di denaro. L’inchiesta del ICIJ ha spiegato meglio questo meccanismo, partendo anche da qualche caso concreto.
Uno di questi è il caso della banca svizzera Clariden, di proprietà della Credit Suisse, che ha stretto legami con Trustnet, una delle società al centro dell’inchiesta. Clariden avrebbe garantito altissimi livelli di riservatezza per alcuni suoi clienti, tali da rendere praticamente impossibile l’identificazione dei proprietari di questi conti o società off-shore. Lo avrebbe fatto grazie all’aiuto di Trustnet e alle sue attività di one-stop shop (più o meno “negozio dove trovi di tutto”): grazie ad avvocati, commercialisti ed altri esperti, Trusnet è in grado di mettere a punto diverse forme di “pacchetti” segreti di servizi finanziari ai loro clienti, che possono essere semplici e poco costosi, oppure più sofisticati e anche meno decifrabili.
Quando i gruppi come Trustnet creano società off-shore per i loro clienti, spesso nominano come amministratori o azionisti persone che non sono i reali proprietari della società ma semplici prestanome. Si crea quindi un sistema di deleghe che impedisce alle autorità di individuare i veri amministratori o azionisti di queste società, o anche di scoprire i responsabili di operazioni di riciclaggio di denaro o di altri reati finanziari.
4. I guai della Francia di Hollande
Nei documenti dell’ICIJ vengono citate alcune banche francesi tra cui BNP Paribas e Credit Agricole, che avrebbero aiutato alcuni dei loro clienti ad aprire delle società off-shore in alcuni dei paradisi fiscali. Tra i 130 cittadini francesi coinvolti è presente anche Jean-Jacques Augier, il tesoriere della campagna del presidente francese Francois Hollande. Augier ha confermato a Le Monde di essere azionista di due società off-shore alle Isole Cayman: ha fondato nel 2005 il gruppo International Bookstores Limited, su richiesta di un suo partner cinese, Xi Shu, ex proprietario di una catena di 600 librerie in Cina. Augier ha confermato anche di avere aperto nel 2008 una seconda società, sempre alle Cayman, legata ad alcuni investimenti nel settore dei tour operator in Cina. Augier ha detto però di non possedere conti bancari nelle isole Cayman.
Nell’inchiesta del ICIJ è coinvolto anche l’ex ministro del bilancio francese, Jerome Cahuzac, che si era dimesso il 19 marzo dopo essere stato accusato di avere evaso le tasse attraverso un conto bancario in Svizzera non dichiarato al fisco. Le Monde ha annunciato che nei prossimi giorni fornirà maggiori dettagli su questa vicenda.
5. L’inchiesta dell’Espresso
L’edizione dell’Espresso di venerdì 5 aprile ha raccontato i primi quattro casi di società legate a cittadini italiani, su 200 totali, specificando però che dai documenti non risulta che siano stati compiuti dei reati. Il primo caso riguarda Claudio Terrin, componente del collegio sindacale delle Assicurazioni Generali e all’epoca a cui si riferiscono i documenti commercialista nello studio Tremonti: Terrin è stato “protector”, una specie di “custode” o garante, di un trust fondato nelle Isole Cook in Polinesia nel settembre 1997 dal finanziere statunitense Adrian Alexander. Il secondo caso riguarda Fabio Ghioni, conosciuto dalla stampa nazionale per essere stato il responsabile della sicurezza di Telecom Italia. Secondo i documenti, dal 2006 Ghioni è stato proprietario beneficiario di Costant Surge Investments Ltd, una società con sede nelle Isole Vergini. Ghioni comunque ha negato di sapere qualcosa di questa storia.
Il terzo episodio riguarda i fratelli Oreste e Carlo Severgnini, commercialisti, in passato consiglieri di Stefano Ricucci, molto conosciuti nel mondo della finanza milanese. Secondo l’Espresso i due sarebbero amministratori della Tahallas Trustee Ltd, una società off-shore delle Isole Cook. L’ultimo caso citato dall’Espresso è quello di un complesso sistema finanziario legato a tre famiglie di imprenditori e gioiellieri milanesi. Questo sistema fu iniziato da Silvana Inzadi in Carimati di Carimate nel 2002, che creò tre trust i cui beneficiari erano le stesse famiglie e anche tre enti caritatevoli, l’Unione italiana cechi, la Lega italiana per la lotta contro l’Aids e il Centro per il bambino maltrattato.
6. Il caso della russa Gazprom
L’inchiesta del ICIJ ha scoperto che i proprietari di alcune società registrate alle Isole Vergini britanniche sono importanti manager di Gazprom: oltre ad essere una delle aziende più grandi e importanti del mondo nell’estrazione di gas naturale, Gazprom è anche molto influente in Russia, e molti politici di primo piano del paese hanno ricoperto in passato delle importanti cariche all’interno dell’azienda.
In particolare il Guardian cita due personaggi che avrebbero detenuto una quota importante delle azioni della Sanders International Inc., una società registrata nelle Isole Vergini britanniche nel 2008 e sciolta lo stesso anno. Il primo è Valery Golubev, vicepresidente del comitato di gestione di Gazprom e piuttosto vicino al presidente Vladimir Putin; il secondo è Boris Paikin, direttore generale di una sussidiaria di Gazprom, la Gaprom Sotsinvest, che fu responsabile del progetto di circa 200 milioni di dollari per la costruzione dello stadio di San Pietroburgo.
7. La baronessa spagnola Carmen Tita Cervera
Era la moglie di Hans Heinrich von Thyssen-Bornemisza, collezionista di arte e fondatore del museo Thyssen di Madrid. Secondo il Confidencial, il giornale spagnolo contattato da ICIJ, Tita è coinvolta nell’inchiesta in merito alla vendita del quadro “La Esclusa” di Jonh Constable, che era stato per molti anni esposto al museo Thyssen. La vendita avvenne tramite una società delle isole Cayman chiamata Omicron Collections Limites, grazie alla quale il valore del quadro rimase libero da tasse. Questa società è solo una delle quattro proprietarie legali della collezione di Thyssen-Bornemisza, tutte registrate in paradisi fiscali.
Alcuni documenti che ha analizzato il Confidencial mostrano i dettagli di come Tita costruì parte della sua collezione privata attraverso una società off-shore, la Nautilis Trustees Limited, con sede alle isole Cook. Grazie a questa società, Tita comprò anche il “Mulino ad acqua a Gennep” di Van Gogh. Il Confidencial spiega però che il caso di Tita è uno dei più complessi dell’intera vicenda, perché non è chiaro dove debba pagare le tasse (Tita in realtà ha nazionalità svizzera) e molti quadri non appartengono ufficialmente a lei, ma alle società off-shore di cui si è servita.
8. Le reazioni all’inchiesta
L’inchiesta del ICIJ sta provocando forti reazioni in alcuni dei paesi di provenienza dei personaggi citati nei documenti. In Gran Bretagna le opposizioni hanno criticato duramente il primo ministro David Cameron, accusandolo di non avere fatto abbastanza per modificare la legislazione delle Isole Vergini britanniche, che si trovano sotto la sovranità della Gran Bretagna. Il liberal democratico Matthew Oakeshott ha detto: «Come può David Cameron essere credibile chiedendo al G8 di far sì che le grandi aziende paghino le tasse quando lasciamo che le Isole Vergini britanniche utilizzino le nostre leggi e la nostra protezione per fare miliardi di dollari illegalmente?»
Dopo essere venuta a conoscenza di questa inchiesta, è intervenuta nella vicenda anche la Commissione Europea, chiedendo ai governi dei 27 di avanzare proposte per combattere l’evasione fiscale e trovare una definizione condivisa di “paradiso fiscale” che permetta di creare delle “liste nere” per perseguire i paesi che accolgono gli evasori.
foto: Marty Melville/AFP/GettyImages