La Corea del Nord è davvero una minaccia?
Le ultime minacce rivolte agli Stati Uniti dalla Corea del Nord sono sulle prime pagine di tutti i giornali: perché non c'è davvero molto di cui preoccuparsi
La Corea del Nord è entrata in uno «stato di guerra» con la Corea del Sud, ha dichiarato oggi l’agenzia di stampa nazionale nordcoreana KCNA. Un annuncio prevedibile dopo che, alcune settimane fa, il governo nordcoreano aveva dichiarato nullo l’armistizio che aveva messo fine alla Guerra di Corea nel 1953. Durante questa nuova crisi, qualche giorno fa, il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un ha ordinato di mettere in allerta le basi missilistiche del paese, che sarebbero pronte a colpire anche gli Stati Uniti.
Ci sono almeno due motivi alla base di questo peggioramento della situazione, che dura da diverse settimane e che comprende attacchi informatici alla Corea del Sud e alcuni video di propaganda dove si vede la Casa Bianca in fiamme. Il primo sono le nuove sanzioni internazionali contro la Corea del Nord, decise dopo gli ultimi esperimenti nucleari non autorizzati. Il secondo sono le annuali esercitazioni congiunte tra l’esercito degli Stati Uniti e quello della Corea del Sud, che sono state l’evento scatenante delle dichiarazioni delle ultime settimane. Ma quando è davvero probabile una guerra e quanto c’è davvero da preoccuparsi?
Che cos’è la Corea del Nord
La Corea del Nord è un paese con una superficie di poco più di un terzo di quella dell’Italia, una popolazione di 24 milioni di abitanti e un PIL stimato intorno ai 25 miliardi di euro (meno del doppio di quello di Cipro). Negli ultimi decenni, la Corea del Nord è entrata in uno stato di isolamento quasi completo dal resto del mondo. Soprattutto in anni recenti, dopo il crollo dell’Unione Sovietica con cui la Corea del Nord aveva stretti rapporti economici e commerciali, la popolazione del paese vive sull’orlo della carestia.
Da sessant’anni la Corea del Nord è governata dalla dinastia dei Kim, il cui ultimo esponente, Kim Jong-un, è succeduto al padre nel 2011. Il regime nordcoreano, uno strano misto di nazionalismo magico e stalinismo, è estremamente repressivo: si stima che circa l’1% della popolazione sia attualmente detenuto in campi di lavoro e rieducazione (di questi campi ci sono diverse foto satellitari).
Quello che rende questo piccolo e poverissimo stato degno dei titoli dei principali quotidiani internazionali è che possiede armi nucleari. La capacità della Corea del Nord di costruire armi nucleari è stata a lungo soltanto sospettata, fino a quando nel 2006 venne condotto il primo test nucleare sotterraneo, rilevato dai sismografi giapponesi e americani. Nel 2009 ci fu un secondo test, seguito da un terzo a metà febbraio di quest’anno. Si tratta in tutti i casi di bombe molto piccole, con una potenza inferiore a quella delle due bombe sganciate nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki.
Come hanno reagito Stati Uniti e Corea del Sud
CNN e altri media hanno citato diversi funzionari di Washington che hanno in sostanza dichiarato che nella retorica bellicosa nordcoreana non c’è niente di nuovo. In Corea del Sud – che è di sicuro molto più a rischio degli Stati Uniti – sembra che al momento ci sia più o meno lo stesso atteggiamento di scarso allarme.
Le relazioni tra le due Coree, infatti, sono state di recente a livelli anche peggiori di quelli raggiunti in questi giorni. Nel novembre 2010, ad esempio, l’esercito nordcoreano sparò 170 cannonate contro l’isola di Yeonpyeong, uccidendo 4 cittadini sudcoreani e ferendone 19. Non si trattò di un episodio isolato, anzi: negli ultimi anni ci sono stati diversi scontri tra le marine e gli eserciti delle due Coree.
Ma c’è anche un altro motivo per questa “tranquillità” degli Stati Uniti e della Corea del Sud. Secondo molti analisti e commentatori, la retorica bellicosa dei leader nordcoreani sarebbe rivolta in primo luogo agli stessi nordcoreani. Kim Jong-un è un leader giovane – pare che abbia 29 anni – in un paese dove si dà una grande importanza al rispetto per i più anziani. Inoltre è arrivato al potere da poco. In molti ritengono che i militari potrebbero, in ogni momento, rovesciare la sua leadership e quindi Kim sarebbe, di fatto, costretto a questa retorica per tenersi vicino l’esercito.
E se la guerra scoppiasse comunque?
Queste analisi, comunque, non tolgono che la retorica questa volta è particolarmente dura e che comunque il comportamento delle dittature è sempre imprevedibile. Cosa accadrebbe e quanto ci sarebbe da preoccuparsi se la Corea del Nord dichiarasse comunque guerra alla Corea del Sud?
Possedere una bomba atomica, di per sé, significa poco. Il raggio distruttivo di una bomba nucleare – anche di una piccola – è così grande che per trasformarla in un’arma efficace bisogna essere in grado di trasportarla sul territorio nemico, possibilmente il più lontano possibile dal proprio. Le bombe atomiche, inoltre, sono oggetti delicati e voluminosi, il che rende molto difficile, se non impossibile, spararle con armi semplici come cannoni (poi ci sono le testate nucleari tattiche, ma questa è un’altra storia).
Restano due alternative: trasportarle a bordo di aerei o lanciarle tramite missili intercontinentali (ICBM). La prima scelta fu quella fatta dagli Stati Uniti nel corso della Guerra Fredda, mentre la seconda scelta fu fatta dai sovietici: ricorderete gli aerei B52 protagonisti del film Il dottor Stranamore che avevano il compito di bombardare le basi missilistiche nell’URSS. Oggi quasi tutte le armi nucleari che non sono in deposito sono montate sui grandi missili intercontinentali.
La Corea del Nord non possiede aerei abbastanza grandi da trasportare bombe nucleari, e anche se li possedesse non sarebbero in grado di inoltrarsi troppo nello spazio aereo della Corea del Sud o del Giappone (per non parlare degli Stati Uniti) prima di essere abbattuti. Possiede però numerosi missili di vari tipi. Il problema è che i nordcoreani non sono molto abili nella scienza dei razzi.
Gli allarmi comparsi un po’ in tutti i giornali a proposito di missili nordcoreani in grado di arrivare dall’Europa orientale fino agli Stati Uniti sono falsi. I missili più diffusi e probabilmente anche i più affidabili a disposizione dell’esercito nordcoreano sono gli Hwasong-5 e 6 con una gittata di circa 700 chilometri. Sono alti 12 metri e derivano dal progetto di un vecchio missile russo, lo Scud, il tipo di missile che colpiva Israele dall’Iraq durante la prima Guerra del Golfo. Si tratta di missili testati con successo e in grado di colpire la Corea del Sud, la Cina e il Giappone.
Qui finiscono i successi missilistici del paese. La Corea del Nord possiede missili con una gittata molto superiore, come ad esempio i Taepodong-1 (lunghi 25 metri) che si pensa potrebbero colpire dall’India all’Alaska. Si tratta però di armi completamente inaffidabili: l’ultima volta che ne venne testato uno, nel 2006, esplose in aria dopo 42 secondi. Altrettanto male è andata per il missile Unha-3, che dovrebbe essere in grado di colpire dall’Europa agli Stati Uniti. Dal 1998 ad oggi, su cinque lanci, quattro sono falliti in maniera spettacolare.
A metà dello scorso dicembre, però, il primo di questi missili è partito senza danni e ha portato in orbita un satellite, suscitando il panico negli Stati Uniti. Fortunatamente, esiste una grossa differenza tra le conoscenze scientifiche richieste per trasportare un satellite in orbita e quelle necessarie a lanciare un missile intercontinentale. La differenza sostanziale è che un missile intercontinentale deve arrivare molto più in alto – circa 1.500 chilometri, il doppio dell’altezza di un satellite – e poi ricadere nel punto desiderato, operazioni molto più complicate di quelle eseguite dal missile testato a dicembre. E più complicato vuol dire più a rischio di fallimenti.
Oltre alle armi nucleari, la Corea del Nord possiede un enorme esercito composto da circa un milione di soldati (il 4 per cento della popolazione) con circa 8 milioni di riservisti pronti ad essere richiamati. Dispone anche di moltissime altre armi convenzionali, cannoni e missili, in grado di colpire diverse città della Corea del Sud (tra cui la capitale Seul, molto vicina al confine) e di causare, potenzialmente, migliaia di morti. Ma dopo aver colpito, probabilmente di sorpresa, l’esercito nordcoreano sarebbe quasi certamente sconfitto in brevissimo tempo.
I suoi numeri sono impressionanti (l’esercito statunitense conta circa un milione di soldati attivi e un altro di riservisti), ma è una potenza soltanto sulla carta. Le armi a disposizione dell’esercito nordcoreano sono vecchie di decenni e si calcola che, una volta cominciata la guerra, avrebbero riserve di carburante per appena trenta giorni. Gli Stati Uniti spendono nella difesa venti volte l’intero PIL della Corea del Nord.