Il trattato ONU sul commercio delle armi è stato bloccato di nuovo
Siria, Iran e Corea del Nord si sono messi in mezzo: la bozza potrebbe passare lo stesso, ma non è detto che sia sufficiente
L’Iran, la Corea del Nord e la Siria hanno bloccato l’adozione del trattato dell’ONU che dovrebbe regolare il commercio internazionale di armi. L’ambasciatore iraniano all’ONU ha spiegato che la bozza di trattato, su cui i 193 stati dell’ONU stanno lavorando da una settimana a New York, ha molte lacune, perché “il diritto degli stati importatori di acquistare armi per la loro sicurezza è soggetto al giudizio discrezionale e soggettivo degli stati esportatori”. La questione è molto delicata e importante: al momento non esiste infatti alcun trattato adottato da tutti gli stati che regoli il commercio internazionale di armi convenzionali – si parla di un giro di affari intorno ai 70 miliardi di dollari l’anno – anche se è dal 2006 che si lavora per un accordo in sede ONU. Ora il trattato potrebbe essere votato con maggioranza semplice dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite entro una settimana.
La bozza di trattato richiede agli stati esportatori di armi convenzionali di stabilire criteri e limiti per evitare che le armi commerciate finiscano per alimentare violazioni di diritti umani, terrorismo e crimine organizzato. Inoltre, vieta il commercio delle armi nel caso in cui queste possano essere utilizzate contro donne e bambini. Le numerose limitazioni contenute nel trattato sono state il motivo per cui Iran, Corea del Nord e Siria hanno bloccato l’accordo: tutti e tre i paesi, infatti, sono già oggi soggetti a diverse forme di embargo sul commercio delle armi, e l’approvazione di questo trattato potrebbe aumentare ancora di più le loro difficoltà a vendere e comprare armi.
Un altro punto molto contestato e discusso, non solo da questi tre stati, è stato il divieto di vendere armi anche a gruppi terroristici e attori non statali, richiesto espressamente dall’ambasciatore siriano Bashar Jaafari. L’approvazione del trattato, infatti, potrebbe ridurre le forniture di armi al governo siriano, sostenuto dall’Iran e impegnato nella guerra civile contro i ribelli che dura ormai da più di due anni, più di quanto potrebbe fare nei confronti delle opposizioni.
In mancanza di un consenso unanime, il trattato potrebbe essere votato dall’Assemblea Generale dell’ONU entro una settimana: in questa sede non sarebbe richiesta l’unanimità, ma una maggioranza semplice, che il trattato dovrebbe poter ampiamente raggiungere. Poi, per far sì che diventi effettivo, dovrà essere ratificato da 50 stati membri dell’ONU: questo potrebbe essere invece un passaggio più complesso e meno scontato. Ad esempio gli Stati Uniti, che sono i primi esportatori di armi al mondo (con il 30 per cento delle esportazioni globali nel periodo 2008-2012), hanno già iniziato a subire le pressioni della National Rifle Association (NRA), la più potente lobby di armi in America.
Durante i precedenti negoziati sul trattato per il commercio internazionale delle armi, che si erano tenuti il luglio scorso sempre a New York, la NRA raccolse le firme di 51 senatori democratici e repubblicani contrari al trattato: i senatori avvisarono Obama che si sarebbero «opposti alla ratifica in Senato di ogni trattato che restringesse il diritto costituzionale dei cittadini statunitensi a possedere pistole e munizioni». In quell’occasione Russia e Cina abbandonarono le trattative durante l’ultimo giorno di negoziati. Anche questi due stati, che sono tra i primi 5 esportatori di armi al mondo, potrebbero non ratificare l’accordo.
foto: L’ambasciatore siriano all’ONU, Bashar Jaafari (Mario Tama/Getty Images)