Che cosa succede nella Repubblica Centrafricana
E chi è Michel Djotodia, che si è autoproclamato presidente dopo aver deposto François Bozizé, che intanto è scappato
Domenica 24 marzo le forze ribelli della coalizione centrafricana chiamata “Seleka” sono entrate nella capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui, e hanno assaltato il palazzo presidenziale, senza però trovarvi il presidente François Bozizé. Secondo alcuni testimoni, l’azione dei ribelli è stata accompagnata da pesanti scontri e esplosioni in varie parti della città: alcune fonti vicine al presidente, sostiene Reuters, hanno confermato che Bozizé è fuggito nella Repubblica Democratica del Congo.
Il leader dei ribelli, Michel Djotodia, si è autoproclamato oggi presidente del paese, assicurando di voler sostenere il governo creato l’11 gennaio scorso da alcuni accordi di pace tra i ribelli e il presidente Bozizé. Nel frattempo questa mattina sono stati uccisi negli scontri con i ribelli almeno 13 soldati sudafricani, che facevano parte di un contingente di 200 militari inviati nel paese a gennaio dal governo del Sudafrica per sostenere il presidente deposto. Gli scontri nella Repubblica Centrafricana erano iniziati sabato 23 marzo ma le tensioni tra i ribelli e il presidente Bozizé proseguono da diversi anni, anche se solo recentemente la cosa ha suscitato un più forte interessamento della Francia e dell’ONU.
L’indipendenza e i colpi di stato
La Repubblica Centrafricana è un paese di quasi 4 milioni e mezzo di abitanti, e si trova al centro del continente africano: non ha sbocchi sul mare, è ricca di risorse naturali – oro, uranio, diamanti – nonostante sia uno dei paesi più poveri del mondo. Gli abitanti sono per l’80 per cento cristiani di varie confessioni ma il nord del paese è abitato per la maggior parte da musulmani.
La Repubblica Centrafricana conquistò l’indipendenza dalla Francia nel 1960 anche se l’influenza francese, come è successo anche per altre ex-colonie, rimase particolarmente forte nei decenni successivi (ancora oggi vivono nel paese circa 1.200 francesi). Nel 1979, per esempio, l’esercito francese intervenne nel paese per deporre uno dei più feroci dittatori africani, Jean-Bédel Bokassa, che che era al potere dal 1966 e che era accusato di crimini efferati, come il cannibalismo. Dal 1960 nella Repubblica Centrafricana ci furono diversi colpi di stato e rivolte armate, l’ultimo dei quali venne organizzato nel marzo 2003 ai danni dell’ex-presidente Ange-Félix Patassé, che portò al potere proprio Bozizé. Da allora Bozizé è stato eletto due volte alla guida del paese, nel 2005 e nel 2011.
Le forze in campo: i ribelli e gli alleati del presidente
Da quando François Bozizé ha conquistato il potere nel 2003, nel nord della Repubblica Centrafricana si sono concentrate alcune forze ribelli che combattevano il governo centrale di Bangui, e che aspiravano a sostituirsi ad esso. In passato queste fazioni si sono scontrate tra loro, ma dal 2007 si sono uniti nella coalizione “Seleka” (nella lingua locale Sango significa “alleanza”), che comprende diverse fazioni tra cui le 4 principali, note con le loro sigle in francese (UFDR, CPJP, FDPC e CPSK). La coalizione si formò come atto di ribellione nei confronti di Bozizé, accusato di non avere rispettato un accordo di pace siglato nel 2007 tra ribelli e governo, in base al quale i combattenti che avessero deposto le armi avrebbero ricevuto una ricompensa.
Il 10 dicembre 2012, con una decisione improvvisa, i ribelli della coalizione Seleka iniziarono un’avanzata da nord verso la capitale Bangui, conquistando alcune città strategiche per il commercio di oro e diamanti come Bria e Bambari. Per dare supporto all’esercito governativo, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale (CEEAC o ECCAS, formata da 10 stati africani tra cui la Repubblica Centrafricana) decise di intervenire e rinforzare il contingente militare del FOMAC, un gruppo di soldati di diversi paesi appartenente alla CEEAC che era già presente dal 2008 nella Repubblica Centrafricana con lo specifico compito di cercare di dare maggior stabilità alla turbolenta situazione del paese. Gran parte dei rinforzi al FOMAC arrivarono dal vicino Ciad, il cui presidente Idriss Deby è da tempo alleato di Bozizé. Altri soldati del FOMAC arrivarono dal Congo e dal Camerun.
I tentativi di pace e la conquista della capitale
A fine dicembre François Bozizé chiese aiuto anche a Stati Uniti e Francia contro i ribelli, ma il presidente francese Hollande rifiutò di intervenire, spiegando che la Francia avrebbe potuto farlo solo su mandato dell’ONU. Il 2 gennaio 2013 i ribelli fermarono la loro avanzata da nord prima di attaccare l’ultima città in posizione strategica tra loro e la capitale, Damara, che si trova circa a 80 km a nord di Bangui. Tramite il loro portavoce, Eric Massi, annunciarono di volere inviare una delegazione ai negoziati per trovare una soluzione diplomatica alla crisi.
I negoziati si tennero a Libreville, capitale del Gabon. L’11 gennaio venne raggiunto un accordo che prevedeva la creazione di un governo di unità nazionale: oltre a un cessate il fuoco tra ribelli e forze governative, l’accordo prevedeva lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale e l’organizzazione di nuove elezioni entro un anno. Inoltre il primo ministro sarebbe stato nominato dalle opposizioni, ma i ribelli avrebbero permesso a Bozizé di stare in carica fino al 2016. Giovedì 21 marzo, tuttavia, i ribelli hanno attaccato di nuovo la capitale Bangui, accusando Bozize di non avere rispettato gli accordi di pace di inizio gennaio: il punto più contestato era il fatto di non avere integrato le forze ribelli nell’esercito nazionale centrafricano, come invece era previsto dagli accordi.
Cosa dicono le forze internazionali
Quando sabato 23 marzo i ribelli hanno raggiunto la capitale, la Francia ha cambiato la sua posizione, sostenendo di voler proteggere i cittadini francesi presenti nel paese. Il governo francese – che intanto è ancora militarmente impegnato in Mali – ha quindi inviato 300 soldati francesi nella Repubblica Centrafricana per rinforzare la guarnigione di 250 militari che già sorvegliavano l’aeroporto della capitale.
Lunedì 25 marzo il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha condannato l’azione dei ribelli e ha chiesto di rispettare gli accordi di gennaio conclusi in Gabon. Ha anche aggiunto di essere «molto preoccupato dalle gravi violazioni dei diritti umani» che si stanno verificando nel paese. Anche il Dipartimento di stato americano ha chiesto ai ribelli Seleka di rispettare gli accordi di Libreville e di dare pieno appoggio al governo di Tiangaye.
Foto: Michel Djotodia (AP Photo/Joel Bouopda Tatou)