La morte di Boris Berezovskij
La storia dell'ex oligarca russo trovato morto ieri in Inghilterra, sostenitore di Putin e poi suo tenace oppositore, in guai finanziari per una causa contro Abramovich
L’ex oligarca russo Boris Berezovskij è stato trovato morto nella sua casa di Ascot, in Inghilterra, dove viveva da 13 anni dopo essere emigrato per i problemi avuti con il presidente russo Vladimir Putin. La polizia non è stata ancora in grado di capire come siano andate le cose: la prima ipotesi fatta dalla polizia è che si sia trattato di suicidio, ma è stato comunque deciso di raccogliere elementi ambientali, sostanze chimiche e biologiche. Il corpo di Boris Berezovskij, 67 anni, trovato nel bagno, è stato lasciato nel suo appartamento per ulteriori accertamenti.
Il comportamento della polizia fa pensare che qualche sospetto sulla sua morte ci sia. Boris Berezovskij viveva a Londra dal 2000 e dovette emigrare per i cattivi rapporti che si erano creati con le autorità russe, dopo aver vissuto diversi anni al centro della vita politica russa, in particolare negli anni della presidenza di Boris Eltsin, durante i quali si arricchì molto. Scrive BBC che ieri un portavoce del presidente russo Vladimir Putin ha raccontato che Boris Berezovskij aveva inviato recentemente una lettera a Mosca, indirizzata proprio al presidente, per chiedere di poter tornare in Russia.
Durante gli anni Novanta Boris Berezovskij aveva accumulato miliardi su miliardi grazie agli appoggi e alle conoscenze che aveva nel governo di Boris Eltsin. Era un matematico di formazione, che nel giro di poco tempo riuscì ad ottenere il controllo del principale canale televisivo russo, ORT. Fece affari con altri oligarchi russi nel settore dell’industria petrolifera, negli anni in cui la Russia aveva avviato i rapidissimi e burrascosi processi di privatizzazione delle grandi aziende statali sovietiche.
La sua ricchezza, però, negli ultimi anni era diminuita molto, mentre erano aumentati i debiti: Berezovskij dovette pagare grandi somme di denaro per una serie di procedimenti giudiziari conclusi a suo sfavore. Questa pesante situazione, secondo una prima ricostruzione fatta dagli investigatori britannici, sarebbe stata una possibile causa del suicidio.
Berezovskij è stato uno dei protagonisti di un importante processo discusso dall’Alta Corte di Londra pochi mesi fa: il 31 agosto 2012 il tribunale respinse le accuse del magnate russo nei confronti del suo ex socio d’affari, il magnate Roman Abramovich, molto conosciuto per essere il proprietario della squadra londinese del Chelsea. I due erano soci della Sibneft, una delle compagnie petrolifere più ricche e potenti della Russia.
Berezovskij fece causa ad Abramovich con l’accusa di aver violato i contratti e di avergli intimato di vendere le proprie quote di partecipazione della loro società, e chiese 6,8 miliardi di dollari come risarcimento. Ma, persa la causa, Berezovskij ha dovuto risarcire le spese legali (stimate in circa 188 milioni di euro) e pagare un risarcimento danni di 3,6 miliardi di euro. Nel processo sono stati coinvolti molti protagonisti del mondo degli oligarchi russi, politici e proprietari di società petrolifere.
Le perdite dovute al processo contro Abramovich sono state però le ultime di una lunga serie: nel 2011 Berezovskij dovette pagare, nella causa di divorzio dalla sua ex moglie, 117 milioni di euro. Questa situazione, come raccontò lui stesso poco tempo fa in un’intervista a Forbes, era diventata davvero pesante. In quell’intervista disse inoltre di voler tornare in Russia, ma questo non fu possibile proprio per i cattivi rapporti che aveva con Vladimir Putin. Tra l’altro, Berezovskij era uno degli amici più stretti di Alexander Litvinenko, agente dei servizi segreti russi e dissidente del governo, morto nel 2006 a Londra a causa di un avvelenamento da radiazione da polonio versato in una tazza da tè.
Nel 2002 Litvinenko pubblicò un libro, finanziato proprio da Berezovskij, in cui accusava i servizi segreti russi di essere i veri responsabili di una serie di attentati in Russia attribuiti ai separatisti ceceni. Gli attentati sarebbero stati realizzati per giustificare alcune operazioni militari. Il governo russo, invece, accusò Berezovskij e altri emigrati russi della morte di Litvinenko. L’amicizia tra Berezovskij e Litvinenko, per complicare ulteriormente il quadro, nacque quando Litvinenko confessò di aver ricevuto l’ordine di uccidere Berezovskij, da parte del governo russo. Negli anni successivi alla morte dell’agente segreto, l’oligarca russo sostenne molte spese per i processi della vedova, Marina, che cercava di dimostrare le responsabilità delle autorità russe nella morte di suo marito.
Per quanto riguarda i rapporti con l’attuale presidente russo, nel 2000 fu proprio Berezovskij a finanziare con 50 milioni di dollari – insieme ad Abramovich – la sua prima campagna elettorale: all’epoca Berezovskij considerava “malleabile” Vladimir Putin, scrive il Guardian. Dopo l’elezione però, Putin iniziò a diventare ostile a Berezovskij e ai suoi intrecci tra affari e mondo della politica russa, fino a costringerlo a lasciare il paese nell’ottobre del 2000.
Rifugiatosi all’estero, Berezovskij iniziò a criticare pesantemente Putin, soprattutto attraverso Channel One, una delle emittenti televisive di sua proprietà. Negli anni successivi, Berezovskij riuscì a sfuggire ad alcuni attentati: in uno di questi, una bomba uccise il suo autista. Berezovskij disse anche di aver sostenuto economicamente le rivoluzioni in Ucraina e in Georgia, entrambe in chiave di una maggior autonomia economica e politica dalla Russia, continuando a criticare, per più di dieci anni, i metodi di Putin, accusato di negare la libertà di parola e di uccidere i dissidenti.
Foto: Boris Berezovskij (Peter Macdiarmid/Getty Images)