Perché i marinai sono tornati in India
Lo spiega oggi il ministro Terzi su Repubblica, e circolano molte ricostruzioni delle ragioni del ripensamento
Nella notte tra giovedì e venerdì i due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono tornati in India, dove sono accusati di avere ucciso due pescatori mentre lavoravano come scorta sulla petroliera Enrica Lexie. La decisione di riportare i due marinai in India è stata presa giovedì 21 marzo dal governo italiano, a un giorno dalla scadenza del permesso che le autorità indiane aveva accordato a Latorre e Girone per tornare temporaneamente in Italia per votare alle elezioni politiche. Dieci giorni fa il governo italiano aveva annunciato che i due fucilieri di marina non sarebbero stati riconsegnati all’India allo scadere del permesso, decisione che aveva portato a grandi polemiche e a un durissimo scontro diplomatico.
CISR
La decisione di fare partire nuovamente Latorre e Girone è stata assunta dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) in una riunione cui hanno partecipato il presidente del Consiglio, Mario Monti, insieme con i ministri Giulio Terzi (Esteri), Anna Maria Cancellieri (Interno), Paola Severino (Giustizia), Giampaolo Di Paola (Difesa), Vittorio Grilli (Economia), Corrado Passera (Sviluppo Economico) e i sottosegretari Antonio Catricalà e Gianni De Gennaro. Durante la riunione, che per ammissione dello stesso Terzi è stata alquanto dura e dibattuta, è prevalsa la linea di rinunciare alla sfida diretta con il governo indiano e quindi di rispettare la data di scadenza del permesso concordato ai due marinai.
Rassicurazioni
Prima di dare il proprio assenso il governo italiano ha comunque ottenuto nuove rassicurazioni da parte delle autorità indiane sul trattamento che sarà riservato a Latorre e Girone, e sul rispetto dei loro diritti fondamentali. In un’intervista pubblicata oggi su Repubblica, il ministro Terzi spiega che il governo ha ottenuto “la garanzia che non verrà applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati” i due marinai. E la pena massima in India per i casi di omicidio è la morte. Anche sulla base di queste rassicurazioni il governo ha dato il proprio consenso per la nuova partenza di Latorre e Girone. I due risiederanno nell’ambasciata di New Delhi e avranno libertà di movimento, in attesa dei prossimi sviluppi giudiziari. L’Italia contesta da tempo le posizioni dell’India sulla vicenda e chiede un arbitrato e una corte internazionale che si occupi del caso.
Enrica Lexie
Latorre e Girone il 15 febbraio si trovavano sulla petroliera Enrica Lexie, battente bandiera italiana, al largo delle coste del Kerala, nel sud-ovest dell’India. La nave incrociò la rotta del peschereccio indiano St. Antony. I due fucilieri aprirono il fuoco verso il peschereccio uccidendo due pescatori indiani di 45 e 26 anni. Secondo gli italiani i colpi sarebbero stati sparati in seguito a una manovra sospetta del peschereccio, scambiato per una nave pirata. Secondo gli indiani la manovra della St. Antony nei confronti della Enrica Lexie sarebbe stata pacifica e volta a dare la precedenza alla petroliera italiana. La reazione dei militari italiani sarebbe stata esagerata e non aderente alle normali procedure, soprattutto perché i marinai della St. Antony non erano armati. All’incidente ha fatto seguito una lunga vicenda legale, influenzata anche dalla politica locale, che ha portato a mesi di permanenza dei due marinai italiani in India in stato di arresto.
Permessi
Latorre e Girone avevano ottenuto un primo permesso nel dicembre del 2012: tornarono in Italia due settimane per le feste natalizie in cambio di una “garanzia” pari a 800mila euro da parte del governo italiano. A “licenza” terminata, i due marinai ripartirono regolarmente per l’India, dove il loro caso sarebbe stato poi trasferito dalla corte del Kerala che fino ad allora se ne era occupata al tribunale di New Delhi. Il secondo permesso era stato concordato a febbraio: la Corte suprema aveva concesso il ritorno ai due marinai per votare alle elezioni. Il permesso aveva la scadenza del 22 marzo, ma l’11 dello stesso mese il ministero degli Esteri annunciò che l’accordo non sarebbe stato rispettato e che Latorre e Girone sarebbero rimasti in Italia.
Credibilità
La decisione del governo di non rispettare la parola data aveva portato a numerose polemiche, legate anche alla possibilità di una perdita di credibilità a livello internazionale della nostra diplomazia. Il governo indiano aveva criticato duramente la scelta e del caso si erano occupate anche le Nazioni Unite e l’Unione Europea. Sulle analisi dei giornali di oggi circola l’ipotesi che la scelta dell’11 marzo fosse stata assunta da Terzi e dal suo ministero senza un opportuno e approfondito coinvolgimento dell’intero governo, tema che sarebbe stato dibattuto nel corso del CISR di giovedì. Secondo il ministro degli Esteri la tensione salita nei giorni scorsi con l’India, in seguito all’annuncio di non volere rispettare la scadenza della “licenza”, avrebbe contribuito a fare ottenere nuove aperture e concessioni per il trattamento dei due marinai a New Delhi. Secondo diversi osservatori, gestendo in questo modo il caso, il governo ha rischiato di apparire ulteriormente poco affidabile sugli impegni presi in ambito internazionale. Il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, ha accolto positivamente la notizia del ritorno dei due marinai a New Delhi, spiegando che spetterà nuovamente alle diplomazie dei due paesi gestire il caso per trovare una soluzione condivisa.
Napolitano
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che secondo i giornali di oggi avrebbe fatto pressioni per ottenere che il governo rispettasse la parola data sul ritorno a New Delhi dei marinai, ha telefonato nella serata di giovedì a Latorre per ringraziare lui e Girone per “il senso di responsabilità con cui hanno accolto la decisione del governo”. Nei giorni scorsi i due marinai erano stati sentiti dalla procura militare di Roma, che sta indagando sul loro caso e che ipotizza i reati di “violata consegna aggravata” e di “dispersione di oggetti di armamento militare” legati ai fatti che si verificarono nel febbraio del 2012 sull’Enrica Lexie.
foto: LaPresse