La storia dell’acido al Bolshoi
Il New Yorker ha ricostruito i misteri dietro l'agguato al direttore del teatro russo e i dubbi sulla sua soluzione
di Antonio Russo – @ilmondosommerso
Il 17 gennaio 2013 Sergei Filin, direttore artistico del corpo di ballo del teatro Bolshoi di Mosca, è stato aggredito davanti casa da un uomo che gli ha gettato dell’acido corrosivo sul volto ed è scappato: a due mesi dall’incidente e dopo molti interventi chirurgici, i medici non sanno ancora se Filin recupererà pienamente la vista. Lo scorso 5 marzo la polizia russa ha arrestato tre uomini, tra cui il ballerino Pavel Dmitrichenko, e ha chiuso il caso. David Remnick – direttore del New Yorker ed ex corrispondente a Mosca per il Washington Post – è andato in Russia a parlare con colleghi, amici e nemici di Filin e ha scritto un articolo sull’aria che tira al Bolshoi – leggendaria istituzione culturale russa – da molto prima dell’acido.
La sera dell’aggressione
La sera del 17 gennaio 2013 a Mosca nevicava e al teatro Bolshoi davano Il lago dei cigni. Sergei Filin non ci andò: preferì vedere uno spettacolo al teatro più vicino a casa sua, il Teatro d’Arte di Mosca. Intorno alle undici rientrò a casa, lasciò la macchina nel parcheggio e si avviò a piedi verso l’ingresso del palazzo. Poco dopo sentì qualcuno urlargli alle spalle “tebye privet!” (“ciao a te”), si voltò ed ebbe il tempo di vedere un uomo con un berretto in testa, il volto coperto da una sciarpa e una mano dietro la schiena. Pensò nascondesse una pistola, invece l’uomò tirò fuori un barattolo di vetro pieno di acido solforico e glielo rovesciò in faccia. Non c’era nessun altro intorno, nel complesso residenziale.
Filin sentì subito un bruciore insopportabile su tutto il volto e sul cuoio capelluto – per capirci sull’acido solforico: in laboratorio impone di usare gli occhiali protettivi – e cercò istintivamente sollievo spalmandosi in faccia della neve raccolta alla cieca da terra (una mossa fondamentale che limitò molto i danni, secondo i medici). Filin raggiunse poi l’ingresso di casa e, senza vedere niente, provò invano a inserire il codice elettronico che serve a sbloccare la porta blindata. Cercò allora di arrivare a un altro ingresso, chiamando aiuto, inciampando e rialzandosi continuamente.
Alla fine si salvò ripercorrendo a memoria la strada fino al parcheggio, dove una guardia di sicurezza lo soccorse e chiamò subito sua moglie (Masha Prorvich, ballerina del Bolshoi). È lì che Filin ha capito cosa gli stesse succedendo, prima di svenire dal dolore.
«Non voglio ripensare all’incubo che seguì a tutto questo: la reazione di mia moglie, la reazione dei miei familiari appena mi videro in quelle condizioni. Riuscivo a sentirli urlare e capivo che quello che stava succedendo alla mia faccia doveva essere qualcosa di orribile»
Le rivalità al teatro Bolshoi
Filin è stato per anni un ballerino del Bolshoi e oggi, a 42 anni, è il direttore artistico del balletto (il khudruk). Passa tutto da lui: è lui che sceglie gli spettacoli, li programma e li promuove; è lui che assegna i ruoli, sceglie artisti e insegnanti. La vita di più di duecento ballerini dipende dalle sue scelte, ballerini molto ambiziosi o magari ballerini che hanno soltanto bisogno di soldi e sperano di svoltare con un nuovo ruolo nel corpo di ballo. Nelle settimane precedenti l’aggressione Filin era stato minacciato più volte: intrusione nella sua casella email, messaggi violenti per posta e su Facebook, squarci alle gomme della macchina.
A inizio marzo del 2011 Gennady Yanin, ballerino del Bolshoi negli anni Novanta, sembrava sul punto di succedere al direttore artistico Yuri Burlaka, in scadenza di contratto. Ma il 4 marzo 2011 tutti i teatri, le scuole di danza, i critici del settore e gli agenti – e perfino la figlia di Yanin, di dieci anni – ricevettero una mail anonima con 183 fotografie che ritraevano Yanin in rapporti omosessuali. Yanin si dimise e la sua carriera finì lì. Filin – che intanto era direttore al Teatro “Stanislavsky e Nemirovich-Danchenko” di Mosca – fu chiamato poco dopo. A David Remnick, a proposito dell’aria che si respirava al Bolshoi poco prima dell’aggressione con l’acido, Filin ha detto:
«La tensione stava crescendo molto in fretta, sapevo che presto ci sarebbe stato un incidente, che la storia si sarebbe conclusa come al solito. Pensavo a un ricatto, magari uno scandalo inventato sui media o su internet. Ero pronto a tutto. Ma dato che non avevo ricevuto minacce fisiche, ero pronto a tutto tranne che a quello»
Il direttore generale Anatoly Iksanov
Dopo la fine dell’Unione Sovietica, nel 1991, il Bolshoi perse gran parte dei sussidi statali e soltanto Anatoly Iksanov – direttore generale dal 2000 – riuscì a salvare il teatro, intervenendo sul prezzo dei biglietti e sui salari dei dipendenti, e affidando in parte gli spettacoli a produzioni esterne. Negli ultimi anni Iksanov è riuscito a richiamare l’attenzione del governo sulle difficoltà economiche del Bolshoi puntando soprattutto sulla sensibilità del presidente Dimitri Medvedev – oggi primo ministro – piuttosto che sull’indifferenza di Vladimir Putin (notoriamente più interessato allo sport che alle arti, dice Iksanov).
Il caso della “ballerina grassa”
A proposito della fermezza delle decisioni di Iksanov, si cita spesso un episodio del 2003 reso noto dalla stampa russa come il caso della “ballerina grassa”. La popolarità di Anastasia Volochkova – una ballerina del Bolshoi e celebrità di un programma della televisione russa (“nella cultura pop del paese sta a metà tra Danzando sotto le stelle e Le vere casalinghe di Beverly Hills”, scrive Remnick) – non impedì a Iksanov di spazientirsi per la sua crescente insolenza al punto di licenziarla, ufficialmente perché troppo grassa. La decisione scatenò molte polemiche e Volochkova denunciò diversi casi di ostruzionismo, di minacce e di corruzione all’interno della compagnia. Stando alle sue parole, le ballerine del teatro venivano indotte a partecipare agli eventi mondani organizzati dalla compagnia e a prostituirsi con gli amministratori locali e i ricchi esponenti dell’aristocrazia russa per continuare a fare carriera al Bolshoi. Iksanov negò tutto.
(La storia del teatro Bolshoi di Mosca)
Questi e altri dissidi interni sono noti a ballerini, agenti e insegnanti del Bolshoi, fin dai tempi degli scontri tra Yury Grigorovich – direttore artistico dal 1964 al 1995 – e la grande ballerina russa Majja Pliseckaja. Alexei Ratmansky, stimato ballerino e coreografo, lasciando il Bolshoi alla fine del 2009 scrisse sulla sua pagina Facebook: “in questo teatro c’è una totale assenza di moralità”.
Il ruolo di Nikolay Tsiskaridze
Nikolay Tsiskaridze – un famoso ex-ballerino, che allora lavorò anche con Anastasia Volochkova – oggi è un insegnante del teatro e tra i nemici dichiarati di Sergei Filin. Non ha mai nascosto di volere il posto di direttore artistico del balletto e di ritenere di meritarlo più di Filin, e proprio su di lui si sono concentrate inizialmente tutte le indagini.
Tsiskaridze è un personaggio molto rilevante. È biasimato da una parte dei suoi colleghi per i suoi ripetuti attacchi pubblici al Bolshoi – molti lo ritengono vittima della frustrazione e dell’invidia, dopo l’infortunio ai legamenti che ha chiuso la sua carriera di ballerino – ma è anche pieno di amici importanti al di fuori del teatro (come Sergei Chemezov, ex agente del KGB, amico di Putin e oggi ricco uomo d’affari). Per questo motivo il direttore generale Iksanov non ha mai accolto le richieste di Sergei Filin – e dei suoi alleati – di licenziare Tsiskaridze.
La sua influenza è diventata ancora più nota lo scorso novembre, quando dodici direttori artistici di fama nazionale hanno firmato e spedito una lettera al presidente Putin in cui chiedevano di rimpiazzare il direttore generale del Bolshoi con Tsiskaridze, il quale ha negato di essere stato messo al corrente dell’iniziativa. Alcuni hanno cominciato a sospettare perfino un suo ruolo nell’attacco delle mail pornografiche a Yanin.
La polizia ha interrogato Tsiskaridze nei giorni dopo l’aggressione a Filin: Tsiskaridze ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto o indiretto nella vicenda. Al teatro in molti credono che i suoi atteggiamenti abbiano comunque contribuito ad “avvelenare” ulteriormente l’aria già molto pesante che si respirava al Bolshoi.
Il Lago dei cigni e lo scontro tra Filin e Tsiskaridze
L’ultima occasione di scontro tra Filin e Tsiskaridze risale alla fine del 2012, quando la giovane ballerina Anzhelina Vorontsova, allieva di Tsiskaridze, non fu scelta da Filin come prima ballerina nel Lago dei cigni. Nel 2008, quando ancora lavorava al Teatro Stanislavsky, Filin cercò di scritturare l’allora sedicenne Vorontsova, che inizialmente accettò l’incarico. Pochi giorni dopo i primi contatti, lei si rese irreperibile e Filin scoprì che aveva nel frattempo accettato un’offerta analoga dal più prestigioso teatro Bolshoi (dove Tsiskaridze già lavorava). Quando Filin divenne direttore artistico del Bolshoi, tre anni dopo, ritrovò Anzhelina Vorontsova tra le ballerine ma sostenne di non aver trovato in lei i progressi che si sarebbe atteso.
(“Black Swan” di Darren Aronofsky)
Filin la promosse comunque a ballerina solista e cominciò ad affidarle ruoli sempre più importanti. Arrivati al momento dell’assegnazione dei ruoli del Lago dei cigni, nello scorso autunno, Anzhelina Vorontsova – come qualsiasi ballerina fin dai primi passi di danza – ambiva al ruolo di Odette/Odile. Secondo Tsiskaridze – e secondo una parte della critica – era perfetta per quel ruolo. Filin invece non la trovò pronta per questa parte e, in un incontro privato tra i due, le disse che avrebbe considerato la sua candidatura solo nel caso in cui lei avesse cambiato insegnante, lasciando Tsiskaridze e affidandosi a un’insegnante donna (necessario per imparare ruoli femminili da prima ballerina, secondo Filin). Tsiskaridze – che peraltro ha sempre avuto solo insegnanti donna – lo lesse come uno sgarbo esplicito nei suoi confronti e un tentativo di screditarlo agli occhi della compagnia.
Il fidanzato di Anzhelina Vorontsova
Pavel Dmitrichenko è un ballerino ventinovenne del Bolshoi, amico di Tsiskaridze e fidanzato di Anzhelina Vorontsova. Non ha avuto un inizio facile: da ragazzo si infortunava spesso e ha subito diversi interventi chirurgici alle gambe. Nell’ambiente è noto per il suo carattere e il suo anticonformismo; in uno dei suoi tatuaggi – rarità per un ballerino di danza classica – c’è scritto: “La vita è una lotta, lottare significa vivere”.
Dmitrichenko è sempre stato molto critico non solo riguardo alle scelte artistiche di Filin ma anche riguardo a quella che ritiene essere sua una gestione corrotta e personalistica degli affari del teatro. Tra i due c’erano già stati dei diverbi, l’ultimo a dicembre 2012, molto acceso, quando Dmitrichenko chiese a Filin la parte da protagonista in La Bayadère e Filin gli rispose di no. Secondo una collaboratrice di Filin, Dmitrichenko – già parecchio risentito per la vicenda tra Filin e Anzhelina – avrebbe concluso quell’incontro urlando: “stavolta ti organizzo un capodanno che non dimenticherai tanto facilmente”.
L’arresto e la confessione di Dmitrichenko
Il 5 marzo scorso Pavel Dmitrichenko è stato arrestato dalla polizia russa come mandante dell’aggressione. Insieme a lui sono stati arrestati Yury Zarutsky, accusato di essere l’esecutore dell’agguato, e Andrei Lipatov, presunto autista della macchina con cui i due sono scappati. Alcune fonti della polizia dicono che si sarebbe arrivati alla risoluzione del caso analizzando a tappeto tutte le telefonate del quartiere di Filin nella notte dell’aggressione.
I rapporti tra Dmitrichenko e Zarutsky vengono da lontano. Il Bolshoi possiede delle cooperative di abitazione a Stupino, una città a sud di Mosca. Dmitrichenko era il presidente di queste cooperative ed è a Stupino che è diventato amico di Zarutsky (già condannato in passato per reati minori). Dmitrichenko dice di aver raccontato a Zarutsky del momento difficile, delle politiche del Bolshoi, dell’incontro avuto con Filin. Zarutsky gli avrebbe quindi detto: “permettimi di picchiarlo, di colpirlo alla testa”. Dmitrichenko dice di avergli dato la sua approvazione ma nega di aver mai parlato dell’utilizzo di alcun acido, che Zarutsky avrebbe poi acquistato autonomamente (e ribollito in casa per aumentarne la concentrazione).
In un breve filmato diffuso dalla polizia la mattina dopo l’arresto, Dmitrichenko – segnato dalla notte di interrogatorio – ha ammesso di aver organizzato l’attacco “ma non il modo in cui è stato compiuto”. Ha anche ammesso di aver chiamato Zarutsky la notte dell’aggressione per avvisarlo del rientro a casa di Filin. Secondo gli investigatori, Zarutsky avrebbe anche ricevuto da Dmitrichenko cinquantamila rubli (poco più di mille euro).
Quindi è tutto finito?
La polizia ha dichiarato chiuso il caso ma l’esito delle indagini non convince praticamente nessuno dei protagonisti della storia. Molti colleghi del Bolshoi credono che Dmitrichenko sia stato costretto a fare quella confessione: circa trecento di loro hanno firmato e inviato una lettera al presidente Putin, chiedendo che venga istituita una commissione di inchiesta sul caso. Anche il direttore generale del Bolshoi, Anatoly Iksanov, ha firmato la lettera e crede che l’ispiratore dell’attacco sia qualcun altro. Anastasia Volochkova, la “ballerina grassa”, durante una trasmissione radiofonica ha definito l’arresto di Dmitrichenko un “depistaggio” per distogliere l’attenzione dalla corruzione all’interno del Bolshoi. Quelli del giro di Filin, infine, continuano a vedere in Tsiskaridze il responsabile del clima molto teso al teatro.
Sergei Filin, che si è sottoposto a più di dieci interventi chirurgici, è attualmente in cura presso un centro di Aquisgrana in Germania e sta reagendo bene ai trattamenti. Per ora ha recuperato parzialmente la vista dall’occhio sinistro. I medici dicono che dovrà sottoporsi ad altri interventi.