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Ne siamo circondati, e ora non guarderete più allo stesso modo quelli che provano a far chiudere prima le porte dell'ascensore

I pulsanti progettati per non funzionare

<p>Se un giorno di gennaio del 1967, dopo che la giuria ne aveva appena deciso l&#8217;eliminazione dal Festival di Sanremo, non fosse rientrato nella sua camera d&#8217;albergo, non avesse scritto un biglietto e soprattutto se non si fosse sparato un colpo di pistola, oggi Luigi Tenco compirebbe 75 anni.</p>

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<p>Tenco faceva il cantautore, l&#8217;attore e il compositore: viene genericamente indicato come esponente della cosiddetta &#8220;scuola genovese&#8221;, anche se in realtà era nato a Cassine, in provincia di Alessandria. Se è vero che l&#8217;infanzia segna le persone, quella di Tenco non lasciava preludere al meglio: nacque infatti dalla relazione extraconiugale della madre con il figlio sedicenne della ricca famiglia torinese dove lavorava come cameriera. Lei dovette tornare in provincia di Alessandria, dove era nata, e Luigi prese il cognome del marito di sua madre, morto qualche mese prima.</p>
<p>Poi si trasferirono a Genova e lui cominciò quindicenne a suonare in gruppi jazz insieme ad altri musicisti: tra i quali Bruno Lauzi, che era suo compagno di banco al liceo, e Gino Paoli. Poi, alla fine degli anni cinquanta, si spostò a Milano, vivendo il periodo migliore della musica cantautoriale dell&#8217;epoca attorno all&#8217;etichetta Ricordi: e abitando alla &#8220;Pensione del Corso&#8221; in Galleria del Corso 1, dove stavano anche Gino Paoli, Sergio Endrigo, Franco Franchi, Bruno Lauzi e Piero Ciampi, con cui Tenco era molto amico.</p>
<p>Furono anni intensi in cui si incidevano dischi in rapida successione, i musicisti collaboravano tra loro, e anche Tenco cantava e suonava come semplice session man con molti colleghi, tra cui Ornella Vanoni, e in gruppi dalla vita breve o brevissima, come &#8220;i Cavalieri&#8221; dove suonavano anche Giampiero Reverberi ed Enzo Jannacci.<br />
Tenco era bello, cupo, già allora un po&#8217; tormentato, talentuoso: diventò ben presto un personaggio. Dopo i tour con Celentano e Gaber, nel 1962 Luciano Salce lo chiamò a recitare nel film drammatico &#8220;La cuccagna&#8221;, dove tra l&#8217;altro cantava un brano del suo amico De Andrè, &#8220;La Ballata dell&#8217;eroe&#8221;. E nello stesso anno uscì il suo primo 33 giri, che contiene successi come &#8220;Mi sono innamorato di te&#8221; ma anche &#8220;Cara maestra&#8221;, che contestava scuola, chiesa e politica, e che gli costò l&#8217;allontanamento dalla Rai per due anni.</p>
<p>Lo invitarono a recitare in altri film di successo, cambiò casa discografica e arrivò alla celebre RCA, scrivendo canzoni di successo come &#8220;Un giorno dopo l&#8217;altro&#8221;, che fu la sigla dello sceneggiato &#8220;Il Commissario Maigret&#8221;, e &#8220;Lontano, Lontano&#8221;. E fu lui a tradurre in italiano, insieme a Sergio Bardotti, quella che poi divenne &#8220;Yeeeeeeh!&#8221; dei Primitives di Mal. Anche la sua vita privata era intensa: con amicizie forti (come quella con Riccardo Mannerini, il poeta anarchico che influenzò molto anche Fabrizio De Andrè), e litigi (con Paoli per via della sua relazione con la diciassettenne Stefania Sandrelli). E soprattutto conobbe Dalida, la cantante francese di origini italiane che all&#8217;epoca era famosissima. Milioni di dischi venduti, fascino, grande popolarità, Dalida e Tenco furono la coppia da rotocalco, la bella e il tenebroso, e come tali si presentarono al Festival del 1967, con &#8220;Ciao Amore Ciao&#8221;. Lui non aveva ancora compiuto 29 anni.</p>
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 </div></p>
<p>Ma la concorrenza era forte: alla fine vinsero Claudio Villa e Iva Zanicchi, ma in gara c&#8217;erano anche &#8220;Bisogna saper perdere&#8221; di Dalla, &#8220;Cuore matto&#8221; di Little Tony, &#8220;Pietre&#8221; di Antoine, &#8220;La musica è finita&#8221; di Ornella Vanoni e &#8220;Io tu e le rose&#8221; di Orietta Berti. Il pubblico non apprezzò il brano struggente di Tenco e Dalida, e soprattutto sembrò non comprenderlo nemmeno la giuria: dodicesima in classifica e quindi esclusa dalla finale, la canzone non rientrò nemmeno col ripescaggio, e le venne preferita &#8220;La rivoluzione&#8221; di Gianni Pettenati.</p>
<p>Tenco non la prese bene. Tornò in albergo, all&#8217;Hotel Savoy, nella camera 219. Lo trovarono ucciso da un colpo di pistola. La storia ebbe poi molte versioni e ipotesi: c&#8217;è addirittura chi sostenne che l&#8217;avesse ucciso Dalida, o chi si convinse di una &#8220;pista argentina&#8221; immaginando complotti internazionali. La morte di Tenco travolse la curiosa e impreparata società dell&#8217;epoca, con dettagli anche inquietanti (ad esempio non è mai stato ritrovato il proiettile che lo uccise). La rete è <a href="http://www.casotenco.it/">tuttora</a> <a href="http://www.misteriditalia.it/altri-misteri/tenco/">piena</a> di appelli, congetture, interpretazioni, ricostruzioni, e negli anni se ne sono occupate anche trasmissioni tv come <em>Telefono Giallo</em> di Corrado Augias e <em>La Storia siamo noi</em> di Giovanni Minoli.</p>
<p>Di certo c&#8217;è solo il biglietto (considerato autentico) lasciato da Tenco: &#8220;Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt&#8217; altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda &#8220;Io te e le rose&#8221; in finale e una commissione che seleziona &#8220;La rivoluzione&#8221;. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao Luigi&#8221;. Sono invece da allora molte le versioni su chi trovò il cadavere per primo, dove fosse la pistola, e altri dettagli importanti. Nel 2005, a 38 anni dai fatti, la procura di Sanremo dispose la riesumazione della salma per confermare, dopo nuovi esami che durarono un anno, che Tenco si fosse ucciso.</p>
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<p>Nel 1972 fu creato il Club Tenco e nel 1974 il Premio Tenco, che si è celebrato per molti anni al Teatro Ariston aprendosi in ogni edizione con un artista diverso chiamato a interpretare una propria versione di &#8220;Lontano Lontano&#8221;. Il ricordo più poetico di Tenco resta quello di &#8220;Preghiera di gennaio&#8221;, scritto da Fabrizio De André:</p>
<blockquote><p>Signori benpensanti, spero non vi dispiaccia<br />
se in cielo, in mezzo ai Santi, Dio, fra le sue braccia<br />
soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte<br />
che all&#8217;odio e all&#8217;ignoranza preferirono la morte.</p></blockquote>
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<p>Luigi Tenco con il piede ingessato, fratturato durante le riprese del film "La cuccagna" di Luciano Salce, a Roma nel 1962<br />
© LAPRESSE</p>


<p>La lettera che lasciò Luigi Tenco prima di suicidarsi: «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda "Io tu e le rose" in finale e ad una commissione che seleziona "La rivoluzione". Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi»<br />
(Roberto Pecoraro/Lapresse)</p>


Francesco Caldarola

Era nato il 21 marzo 1938, fece canzoni meravigliose, morì tra mille misteri e un leggendario biglietto

I 75 anni di Tenco

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