Chi è Pietro Grasso, nuovo presidente del Senato
Ex procuratore generale antimafia, aveva annunciato due mesi prima delle elezioni la sua candidatura col PD
Pietro Grasso è stato scelto dal Senato al suo secondo giorno di convocazione come nuovo presidente. Grasso, ex procuratore nazionale antimafia aveva annunciato in una conferenza stampa insieme a Pier Luigi Bersani lo scorso 28 dicembre la sua intenzione di candidarsi alle elezioni con il Partito Democratico, presentando al Consiglio Superiore della Magistratura la richiesta di aspettativa per potersi candidare e insieme la domanda di pensionamento anticipato a partire dal 28 febbraio: sarebbe altrimenti potuto restare in servizio fino al gennaio del 2020.
Pietro Grasso è nato a Licata, in provincia di Agrigento, il primo maggio del 1945: ha quindi 67 anni. Ha iniziato la sua carriera in magistratura nel 1969, diventando pretore a Barrafranca, in provincia di Enna, dove è rimasto fino al 1972 quando è diventato sostituto procuratore al Tribunale di Palermo. Qui dalla dalla metà degli anni Settanta ha seguito indagini sulla criminalità organizzata e sull’amministrazione pubblica e ha anche guidato l’inchiesta sull’omicidio del presidente della Sicilia Piersanti Mattarella, avvenuto nel 1980. Nel 1984 è stato giudice a latere (cioè uno dei due giudici che siedono a fianco del presidente e formano insieme a lui il collegio giudicante) del presidente Alfonso Giordano nel maxiprocesso a Cosa Nostra in cui erano imputate circa 400 persone per reati legati alla criminalità organizzata. Insieme a Giordano, Grasso è stato anche l’estensore della sentenza, di circa ottomila pagine, che ha assegnato 19 ergastoli. Dopo la fine del maxiprocesso è stato nominato consulente della Commissione antimafia e nel 1991 è stato chiamato da Giovanni Falcone come consigliere alla Direzione affari penali del Ministero di grazia e giustizia. Dopo l’assassinio di Giovanni Falcone, ne ha preso il posto nella Commissione Centrale per i programmi di protezione di testimoni e collaboratori di giustizia.
Nel gennaio del 1993 Grasso è stato nominato procuratore aggiunto presso la Direzione nazionale antimafia, dove ha coordinato le indagini sulle stragi di mafia del 1992 e del 1993. Dal 1999 al 2004 è stato procuratore della repubblica di Palermo: ha fatto arrestare 1.779 persone per reati di mafia e tredici mafiosi latitanti tra i trenta considerati più pericolosi. Nell’ottobre 2005 è stato nominato procuratore nazionale antimafia: ha collaborato alle indagini che hanno portato all’arresto del boss mafioso Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, e ha riaperto – anche in seguito alla testimonianza del pentito di mafia Gaspare Spatuzza – le indagini sulle stragi di mafia del 1992-1993.
Nel 2011 Grasso si è fortemente opposto al processo breve definendolo «un modo per far morire il processo, piuttosto che per trovare le eventuali responsabilità dei colpevoli o l’eventuale assoluzione di innocenti», e alla riforma della giustizia del governo Berlusconi, incentrata sulla separazione delle carriere tra la professione di giudice e quella di pubblico ministero da attuarsi attraverso due concorsi separati per l’accesso. Grasso infatti aveva criticato la riforma sostenendo che «quella che vogliono far passare per riforma della giustizia, più che una riforma della giustizia è una riforma dei magistrati. Vogliono intimidire, minacciare, bloccare i magistrati e soprattutto i pm».
(La riforma della giustizia in dieci punti)
Nel maggio 2012 creò molte discussioni una sua intervista alla trasmissione radiofonica La Zanzara, in cui aveva detto che avrebbe dato «un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia», spiegando che aveva «introdotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi: siamo arrivati a quaranta miliardi di euro». Sempre in quell’occasione aveva criticato il giudice Antonio Ingroia per aver tenuto un comizio al congresso dei Comunisti italiani, dicendo che «fa politica utilizzando la sua funzione, è sbagliato. Come ha sbagliato ad andare a parlare dal palco di un congresso di partito. Deve scegliere. E per me è tagliatissimo per fare politica». A maggio del 2012 Grasso aveva anche criticato Beppe Grillo che aveva sottovalutato il problema della mafia dicendo che, contrariamente allo stato, «non strangola i propri clienti, chiede il pizzo». Grasso aveva risposto dicendo che Grillo «dovrebbe vivere un per un po’ di tempo qui in Sicilia e magari aprire un esercizio commerciale. Forse così potrebbe capire se viene strangolato o no».
Da settembre 2012 Grasso ha condotto per RAI Storia Lezioni di Mafia, dodici puntate dedicate a spiegare cos’è e cosa è stata Cosa Nostra. Ha scritto anche alcuni libri, tra cui Liberi tutti. Lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia e Per non morire di mafia. Riguardo un suo possibile impegno in politica aveva sempre detto «mai dire mai», senza escluderlo del tutto, ma nel gennaio 2012 aveva anche precisato di non guardare «a un’eventuale esperienza politica sotto forma di schieramento con un partito, cosa che è estranea al mio ruolo, alla mia funzione e alla mia cultura. Penserei piuttosto a quella che ho definito una “lista civica nazionale”».
Foto: Roberto Monaldo / LaPresse