Le novità sul guaio tra Italia e India
Il caso dei marinai diventa sempre più complicato (oggi ne ha fatto le spese l'ambasciatore italiano) e in India si parla apertamente di razzismo e corruzione
Da quando il ministero degli Esteri italiano, l’11 marzo 2013, ha annunciato che i due marinai accusati di omicidio in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone resteranno in Italia, i rapporti diplomatici tra i due paesi si sono molto complicati. I due marinai erano stati arrestati con l’accusa di avere ucciso due pescatori, la Corte Suprema indiana aveva accordato loro una licenza per tornare in Italia dietro garanzia del governo e dell’ambasciatore che sarebbero ritornati. Dopo l’annuncio del governo italiano il primo ministro dell’India, Manmohan Singh, ha tenuto un pesantissimo discorso al Parlamento dicendo che la decisione italiana è «inaccettabile» e avrebbe «comportato delle conseguenze».
Intanto oggi, 14 marzo, la Corte Suprema dell’India ha vietato all’ambasciatore italiano, Davide Mancini, di lasciare il paese, chiedendogli di testimoniare entro il 18 marzo sulla decisione del governo italiano di non rimandare i due marinai in India: l’ambasciatore Mancini aveva personalmente assicurato alla Corte che i due sarebbero tornati in India entro il 22 marzo. Il procuratore generale indiano ha detto che la decisione italiana «è un gravissimo sgarbo nei confronti della più alta corte del paese, e il governo è per questo estremamente preoccupato». Da giorni, anche la stampa indiana critica duramente la decisione del governo italiano, chiedendo al governo indiano di farsi rispettare, sia nei confronti dell’opinione pubblica del paese, sia nei confronti della comunità internazionale.
Il canale televisivo e sito di news indiano IBN Live, che sta seguendo la vicenda con un liveblog e con vari approfondimenti, ha riportato le parole di Giulio Terzi, il ministro degli Esteri italiano, che ha ribadito oggi quanto detto già il giorno dell’annuncio: l’Italia è convinta di poter risolvere a proprio favore la disputa della sede del processo, basata principalmente sul fatto che la sparatoria si sia svolta in acque internazionali e non territoriali, e vuole avviare un arbitrato internazionale, presumibilmente alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia. Cosa di cui il governo indiano sarebbe stato formalmente informato.
Un altro punto delicato riguarda la posizione dell’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini. All’interno del governo indiano ci sono due posizioni differenti. Il ministro dell’Interno Sushilkumar Shinde ha chiesto a quello degli Esteri, Salman Khurshid, di assicurarsi che Mancini non cerchi di evitare di testimoniare, come richiesto dalla Corte Suprema, parandosi dietro l’immunità diplomatica. Cosa a cui Mancini potrebbe però appellarsi, secondo il ministero degli Esteri indiano, in base a quanto stabilito nella convenzione di Vienna sul diritto internazionale: se si creasse un precedente su questo punto si potrebbe compromettere in futuro la posizione dei diplomatici indiani in giro per il mondo.
Anche su questo punto ci sono delle pressioni politiche interne: ieri il partito d’opposizione Janata Party ha presentato una petizione proprio per chiedere un’azione legale contro l’ambasciatore italiano, per il reato di “oltraggio alla Corte”. Alcuni esponenti del partito hanno accusato il governo indiano di collusione col governo italiano. La Corte Suprema ha inviato un avviso a Mancini chiedendogli di non lasciare il paese. Va detto, comunque, che l’ambasciatore italiano ha spiegato di non voler lasciare l’India finché la sua posizione non sarà chiarita, sottolineando che lui si trova bene in India e che finché non gli chiederanno di andar via, perché persona “non gradita”, lui non lo farà.
Il fatto che la Corte Suprema abbia chiesto all’ambasciatore italiano di non lasciare in paese è in contrasto con l’ipotesi circolata ieri di una sua possibile espulsione, scrive Zeenews. La prossima udienza, in cui Mancini sarà interrogato, è prevista per il 19 marzo. Di fatto però quel giorno la Corte Suprema non potrà comunque prendere decisioni nei suoi confronti, perché la data entro cui è stato chiesto ai due marinai di tornare, secondo la licenza, è il 22 marzo: fino a quel giorno non si potrà che aspettare eventuali cambiamenti nella decisione del governo italiano. La Corte Suprema ha scritto alle autorità italiane di dare una risposta alle loro richieste sulla posizione dei marinai entro il 18 marzo.
Oggi il primo ministro indiano ha incontrato diversi ministri per discutere la questione, compreso Ashwani Kumar, il ministro della Giustizia: IBN Live scrive, citando fonti ministeriali, che il governo indiano cercherà di affrontare la questione dal punto di vista legale più che diplomatico. Proprio come sottolineato dal ministro Terzi, che ha sempre ribadito che la questione deve essere risolta a livello giuridico e che non riguarda i rapporti diplomatici tra Italia e India. In tal caso si tratterebbe di una svolta riguardo la linea portata fin’ora avanti dal governo indiano, che potrebbe accettare di affrontare la questione davanti la Corte di Giustizia Internazionale.
Le autorità italiane hanno sottolineato che è stata la stessa Corte Suprema a stabilire che a occuparsi della questione, e dell’eventuale processo, fosse un tribunale speciale indiano e non la corte dello stato indiano del Kerala. Le autorità italiane chiedono però che l’eventuale processo non si svolga in nessun tribunale indiano. L’India dice però che l’Italia aveva sottoscritto un accordo con cui si impegnava a rimandare i due marinai in India, e sostiene che il ritorno dei due marinai implicava anche l’impegno a far affrontare loro il processo.
Il governo indiano ha informato della situazione anche l’ambasciatore dell’Unione Europea in India, João Cravinho: anche se si tratta di una questione tra i due paesi, il governo lo ha voluto informare in quanto l’Italia fa parte dell’Unione Europea. Tramite il proprio portavoce, Ban Ki-moon, il segretario generale dell’ONU, ha fatto sapere di augurarsi che la situazione si possa risolvere nel rispetto del diritto internazionale.
Oltre alle polemiche politiche e giudiziarie, il dibattito sulla vicenda dei due marinai italiani ha sollevato anche il tema del razzismo, scrive The Hindu Business Line. Dietro al rifiuto delle autorità italiane, scrivono, ci sarebbero “arroganza razziale” e indifferenza, considerata anche la poca importanza data alla questione dai mezzi di comunicazione italiani e l’atteggiamento notato da alcuni giornalisti indiani, tra i cittadini italiani, rispetto alla morte dei pescatori indiani. Molti in Italia, riporta il sito, avrebbero risposto: «Perché dare così tanta importanza alla morte dei due pescatori, in un paese in cui migliaia di bambini muoiono di fame?».
Al di la di ogni giudizio, The Hindu Business Line cita, per dare spiegazione di questa interpretazione, l’approccio delle norme italiane sull’immigrazione e la difficoltà per gli immigrati di riuscire a farsi spazio in Italia. A questo si aggiungerebbe l’approccio delle autorità italiane, che avrebbero voluto risolvere la questione dei due marinai con “forza”: trattandola come una questione di orgoglio nazionale. C’è poi il problema della corruzione, che sarebbe comune ai due paesi: la negligenza del governo indiano, che ha permesso ai due marinai di tornare in Italia in due occasioni e ritardato la creazione di un tribunale speciale per il processo, ne sarebbe un forte indizio.
Foto: AP Photo/Angelo Carconi