Il romanzo del Vaticano
Cosa raccontano le inchieste di questi giorni (e di questi anni) su scandali e divisioni nella Chiesa e cosa c'entrano con le dimissioni del Papa
Lunedì 11 febbraio, Joseph Ratzinger, ovvero papa Benedetto XVI, ha annunciato che lascerà il pontificato alle 20 del 28 febbraio 2013. La notizia è clamorosa per almeno due motivi, uno storico e uno più giornalistico: il primo è che le dimissioni papali sono un gesto rarissimo nella storia della Chiesa, avvenuto solo altre sei volte (ma una sola, con certezza, per scelta spontanea), mentre il secondo ha a che fare con una serie di scandali e tensioni ai massimi vertici della Chiesa Cattolica che, in questi giorni, hanno fatto tornare di attualità le cronache vaticane.
Il repertorio di inchieste in questo senso è ricco da qualche anno e ha visto lo straordinario successo internazionale di un libro del giornalista Gianluigi Nuzzi del 2009 (un altro ne è uscito l’anno scorso), mentre la curiosità per le vicende reali veniva moltiplicata dalla popolarità di quelle romanzate nel Codice Da Vinci di Dan Brown. Ma nel 2012 le vicende che giornalisticamente sono state chiamate del “Corvo” o “Vatileaks” – le accuse a un maggiordomo del Papa di aver dato a Nuzzi dei documenti riservati – hanno ulteriormente aumentato l’attenzione sulle dietrologie vaticane, fino alla clamorosa notizia delle dimissioni del Papa e ai tentativi di questi giorni di interpretarla.
Più degli altri giornali, da una settimana Repubblica dedica ampio spazio – principalmente attraverso articoli di Concita De Gregorio e del vaticanista Paolo Rodari (appena assunto a Repubblica, prima al Foglio e al Giornale) – a una ricostruzione di retroscena su inchieste interne, scandali e giochi di potere che avrebbero avuto un ruolo decisivo nella scelta di Benedetto XVI di rassegnare le dimissioni. Ricostruzione che è diventata parte stessa delle questioni che racconta, con proteste e critiche da parte del Vaticano contro i suoi contenuti.
I temi sono essenzialmente tre: una divisione del Vaticano in fazioni che causa scontri e accuse tra le parti; l’esistenza di una presunta “lobby gay” come gruppo di pressione e di potere; le irregolarità finanziarie che riguardano lo IOR, la banca del Vaticano.
Qui bisogna aprire una parentesi sulle cronache vaticane: la Città del Vaticano è un minuscolo Stato autonomo di mezzo chilometro quadrato nel centro di Roma e poco più di 800 abitanti, ed è anche la sede degli organi di governo della Chiesa Cattolica, ma è da sempre uno dei luoghi più riservati e meno trasparenti del mondo: in dimensioni oggi imparagonabili e anacronistiche. Tutti i principali quotidiani hanno giornalisti esperti nelle cose vaticane – i “vaticanisti”, appunto – che ricostruiscono che cosa ci succede facendo ampio uso di fonti anonime e notizie non verificate. Le cronache vaticane sono quindi sempre state una sorta di un genere letterario dentro il quale si trovano anche le cose vere, oltre a molto altro.
Veniamo alle inchieste di questi giorni e proviamo a seguire le ricostruzioni di Repubblica, iniziate con un articolo di Concita De Gregorio apparso in prima pagina di Repubblica il 21 febbraio. Il punto principale dell’inchiesta è questo: da poche settimane è stata consegnata a papa Benedetto XVI una lunga relazione riservata di 300 pagine scritta da una commissione di tre cardinali, ordinata dal Papa stesso, che ha ricostruito una serie di comportamenti illeciti intorno ai massimi vertici della Chiesa e che riguarda i tre punti che abbiamo indicato prima. L’indagine è stata ordinata da Benedetto XVI dopo una serie di scandali che risalgono circa a gennaio 2012, fatti emergere dalle inchieste di Gianluigi Nuzzi e di cui richiamiamo brevemente i punti principali: il cosiddetto “Vatileaks”.
Prima delle dimissioni
Nel maggio 2012 vennero arrestati il maggiordomo del Papa Paolo Gabriele e l’informatico Claudio Scarpelletti, con l’accusa di aver fotocopiato e fornito alla stampa documenti riservati che provenivano direttamente dagli appartamenti di papa Benedetto XVI. A ottobre vennero condannati rispettivamente a un anno e mezzo e a due mesi di carcere dal sistema giudiziario del Vaticano, per essere poi graziati da Benedetto XVI pochi giorni prima del Natale 2012.
Il materiale riservato era servito quasi certamente, tutto o in parte, come fonte per le inchieste del giornalista Gianluigi Nuzzi, da anni esperto di cose vaticane e autore di diversi libri sull’argomento. In una puntata del suo programma su La7 Gli Intoccabili, Nuzzi aveva raccontato “quattro storie” il cui succo, riassumendo molto, era questo: Benedetto XVI aveva avviato un’opera riformatrice all’interno della Chiesa che aveva incontrato molte resistenze interne. In conseguenza di queste resistenze, uno dei principali incaricati di quest’opera di “pulizia”, monsignor Viganò, era stato “promosso” nell’ottobre 2011 ma di fatto rimosso dall’incarico (Nuzzi citava lettere riservate di Viganò a Benedetto XVI e al potente segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone). Il Vaticano aveva reagito minacciando azioni legali.
Circa due settimane dopo, venerdì 10 febbraio, il Fatto Quotidiano mise in prima pagina la notizia di un presunto complotto contro Benedetto XVI – con l’obiettivo di ucciderlo – che avrebbe portato alla scelta di un nuovo Papa entro la fine di quell’anno. Il quotidiano citava un appunto inviato alla Segreteria di Stato vaticana e al segretario di Joseph Ratzinger. Il 25 maggio fu arrestato Gabriele.
Continuavano – e continuano – a essere poco chiari i retroscena delle azioni di Gabriele: perché avesse deciso di far trapelare i documenti riservati e chi altri avesse collaborato con lui nella diffusione dei documenti, che era durata almeno alcuni anni. Nuzzi, da parte sua, disse che le sue fonti in Vaticano erano “una ventina, non uno o due”. Bisogna notare poi che un intervento della giustizia vaticana in questioni che riguardano scandali interni è rarissima e non è avvenuta in passato per episodi e accuse ben più rilevanti.
Infine, per completare il quadro, il 24 maggio 2012 il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi era stato sfiduciato e aveva dovuto abbandonare l’incarico (il nuovo presidente è stato nominato pochi giorni fa). Lo IOR (Istituto Opere Religiose) è di fatto la banca del Vaticano: noto per la sua riservatezza e per essere stato al centro di parecchi scandali finanziari nella storia italiana. Anche in questo caso, Gotti Tedeschi – nominato nel 2009 da Benedetto XVI – era stato allontanato a causa di contrasti interni al Vaticano, in particolare per quanto riguardava l’applicazione della normativa internazionale antiriciclaggio allo IOR. Successivamente, Gotti Tedeschi ha detto di essere stato ostacolato nei suoi tentativi di accedere ai documenti più importanti sulla gestione dell’istituto.
L’inchiesta di Repubblica
Nell’articolo di Concita De Gregorio del 21 febbraio, dal titolo “Sesso e carriera, i ricatti in Vaticano dietro la rinuncia di Benedetto XVI”, si dice che il 9 ottobre 2012 il Papa incontrò il cardinale Julian Herranz, 83 anni, “lo spagnolo dell’Opus Dei da lui incaricato di presiedere la commissione d’indagine su quello che i giornali chiamano Vatileaks”. Herranz informava periodicamente il Papa dei suoi risultati in un colloquio settimanale privato, tenuto regolarmente per circa 10 mesi nel corso del 2012. La commissione, che aveva ricevuto l’incarico il 24 aprile, era formata da tre cardinali: oltre a Herranz, il cardinale Salvatore De Giorgi (82 anni) e lo slovacco Josef Tomko (88 anni).
L’inchiesta della commissione è fatta di “decine e decine di interviste a prelati, porporati, laici” in Italia e all’estero, di cui sono stati fatti “verbali” firmati dagli interessati. Ne emergeva “una rete di lobby” divisa per provenienza geografica e per ordine religioso. Non solo, ma anche per “orientamento sessuale”, il che ha generato diversi titoli su una “lobby gay” nel Vaticano in grado di condizionare le nomine alle cariche più importanti, anche se i contorni e le azioni concrete di questa “lobby” sono tra le cose meno chiare di questo quadro già molto complicato.
Le conclusioni dell’inchiesta interna dei tre cardinali sono una relazione di 300 pagine, divisa in due volumi, che è stata presentata al Papa il 17 dicembre 2012 e che da allora è nella cassaforte dell’appartamento papale. Parte di queste conclusioni riguarderebbero anche un’ampia rete di incontri e relazioni omosessuali, avvenuti a Roma, nello stesso Vaticano e altrove, che oltre a costituire una violazione della morale sessuale cattolica esporrebbero diversi esponenti importanti del clero cattolico a ricatti da parte di laici.
L’esistenza della famosa relazione e parte dei suoi contenuti vennero annunciati anche da Panorama in un’anticipazione del 20 febbraio. La notizia venne pubblicata in un’inchiesta del vaticanista Ignazio Ingrao sul numero del settimanale del giorno successivo: ne sono venute alcune accuse a Repubblica da parte di Ingrao e di Marco Lillo del Fatto – giornale che si era occupato delle stesse vicende vaticane – di aver copiato almeno parte dei materiali delle loro inchieste.
Le questioni economiche
Un secondo articolo di Concita De Gregorio, di nuovo in prima pagina il 22 febbraio, si concentrava sugli aspetti economici dell’inchiesta interna. De Gregorio riportava le parole di “un cardinale che per molti anni ha lavorato nelle finanze vaticane, ormai troppo anziano per partecipare al Conclave” (l’età massima per partecipare è 80 anni). Il quale parte da un episodio recente: il primo gennaio 2013 la Banca d’Italia bloccò per alcune settimane i Bancomat del Vaticano, ufficialmente per un problema di autorizzazioni.
L’articolo continua dicendo che in realtà c’è più di questo: una commissione istituita nel 2011 per fare chiarezza sulla gestione dello IOR – operazione in cui è centrale anche la nomina di Gotti Tedeschi a presidente – è stata di fatto privata dei suoi poteri da una delle fazioni del clero vaticano, quella del segretario di Stato Tarcisio Bertone, ex braccio destro di Ratzinger quando era alla Congregazione della Dottrina della Fede.
Intorno a lui, e questa non è una novità, c’è un gruppo di persone denominate “i genovesi” (sono quasi tutti liguri) che formano i vertici dello IOR e dell’economia vaticana: tra questi, monsignor Balestrero, da poco nominato nunzio apostolico, cioè più o meno ambasciatore, in Colombia; il cardinale Giuseppe Versaldi, a capo della Prefettura affari economici; Domenico Calcagno, che è di Savona e amministratore del patrimonio del Vaticano; e il direttore generale Cipriani, di Roma e considerato vicino al noto banchiere Cesare Geronzi. Le azioni di questo gruppo erano al centro delle rivelazioni di Vatileaks. L’articolo di De Gregorio, sempre attraverso le parole del cardinale, sottolinea anche la scarsa trasparenza dei conti dello IOR che rendono possibili operazioni illecite.
Il meccanismo è questo. Allo Ior possono aprire conti correnti, che si chiamano “fondi”, solo religiosi, istituti religiosi e cittadini vaticani. Sono circa 25 mila. Ciascuno di loro però può delegare ad operare sui conti chi vuole, senza limiti nel numero di deleghe e senza che ci sia registro dei delegati.
Le inchieste di questi giorni, però, si fermano prima di fare nomi e attribuire responsabilità precise. Quello che emerge, in generale, è un quadro di accuse incrociate e di divisioni: anche se, in concreto, i reati o gli episodi specifici che emergono sono pochi. Ma le ipotesi conseguenti sono che le debolezze e inadeguatezze a cui il Papa allude nello spiegare le sue dimissioni abbiano a che fare con tutto questo e con un suo tentativo di affidare a qualcuno con maggior forza e legittimazione il contrasto con le fazioni ritenute responsabili di questo stato di cose.
La reazione del Vaticano
Dopo questi articoli e altri simili usciti sui quotidiani italiani ci sono state diverse reazioni, da parte del Vaticano. Il 23 febbraio, Tarcisio Bertone ha detto che le notizie uscite in questi giorni sono “spesso non verificate, o non verificabili, o addirittura false”, e che si tratta di una manovra per cercare di condizionare l’elezione del futuro pontefice.
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha ammesso il 25 febbraio l’esistenza di “atti dell’indagine” sul caso Vatileaks, dopo un incontro dei tre cardinali con Benedetto XVI avvenuto quel giorno, ma ha precisato che i suoi contenuti sono a conoscenza solo del Papa. Ha anche detto che i risultati saranno “a disposizione del futuro pontefice”.
In tutto questo, il Vaticano è coinvolto in questi giorni in nuovi scandali sessuali, una costante del papato di Benedetto XVI. L’ultima vicenda è quella delle dimissioni dell’arcivescovo O’Brien, l’unico rappresentante britannico, che non parteciperà al Conclave per decisione di Benedetto XVI perché accusato di abusi sessuali per fatti risalenti circa 30 anni fa. Un altro caso, sempre di questi giorni, è quello del cardinale Roger Mahony, che è al centro di un altro scandalo perché avrebbe coperto casi di pedofilia avvenuti quando era arcivescovo di Los Angeles, alla fine degli anni Ottanta. Ma la commissione di tre cardinali non si è occupata dei casi di pedofilia, che dunque oggi restano ai margini delle inchieste più recenti.
Foto: GABRIEL BOUYS, GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images