Il caso del Prigioniero X in Israele
Una storia di spie, suicidi e passaporti falsi, a lungo tenuta nascosta dal governo, sta causando un dibattito sulla censura e sulla democrazia
Sui principali quotidiani israeliani, ripresi anche negli Stati Uniti e in Australia, si parla molto in questi giorni della storia del “Prigioniero X”, un cittadino israeliano con passaporto australiano che secondo le autorità si è suicidato nel 2010 in una prigione di Israele. Il suo caso è stato a lungo tenuto nascosto dalle autorità, ma nell’ultima settimana la televisione australiana ha pubblicato il suo nome. Dietro il suo suicidio ci sarebbe una complessa storia di spionaggio e passaporti falsi, mentre la gestione del caso da parte del governo israeliano ha aperto una discussione sulla censura in Israele.
Il nome del Prigioniero X, secondo l’Australian Broadcasting Company, era Ben Zygier, un uomo con doppia cittadinanza australiana e israeliana. Zygier sarebbe stato reclutato dal Mossad, il servizio segreto israeliano. Venne imprigionato nel 2010 e, secondo le autorità, si suicidò alcuni mesi dopo l’arresto. I motivi della sua prigionia non sono mai stati rivelati. Secondo il corrispondente di ABC da Israele, quello del Prigioniero X è «uno dei segreti più importanti dell’intelligence di Israele».
Le prime tracce del misterioso Ben Zygier, il Prigioniero X, risalgono all’ottobre del 2009. Recentemente, un giornalista ha raccontato che all’epoca venne informato da una delle sue fonti che Zygier e altri due cittadini australiani con doppia cittadinanza avevano richiesto al governo dell’Australia di cambiare i loro nomi – probabilmente in nomi che avessero un suono meno ebraico – in modo da riuscire a viaggiare in paesi ostili ad Israele.
Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che si tratta di una pratica già accaduta in passato e usata frequentemente dal Mossad. Ai cittadini con passaporto israeliano, infatti, viene vietato l’ingresso in molti paesi arabi e in Iran, ma anche chi ha un nome di origine ebraica (o il timbro di Israele sul passaporto) può andare incontro a problemi o comunque a una sorveglianza particolare. In passato, scrive Haaretz, il Mossad ha “chiesto in prestito” l’identità di alcuni immigrati in Israele che avevano conservato la doppia cittadinanza. Questa abitudine, quando scoperta, ha portato in passato a forti proteste diplomatiche con i governi del Regno Unito e del Canada.
Il più recente caso in cui si sospetta che il Mossad abbia usato passaporti falsi è avvenuto a Dubai, nel gennaio del 2010, un mese prima che il Prigioniero X venisse arrestato. In quei giorni, Mahmoud al-Mabhouh, un leader di Hamas, venne ucciso in un albergo di Dubai. Il Mossad fu accusato dell’omicidio e i servizi di sicurezza di Dubai dissero che un certo numero di agenti segreti israeliani erano stati visti entrare e uscire dall’albergo poco prima e poco dopo la morte di Mabhouh. Questi agenti, secondo il racconto, avevano utilizzato passaporti inglesi, francesi, tedeschi. Almeno tre di loro avevano utilizzato passaporti australiani.
Interrogato dal parlamento questa settimana, il ministro degli esteri australiano ha confermato che ai primi di febbraio del 2010, poco dopo l’assassinio di Mabhouh a Dubai, il governo australiano venne informato, tramite «canali di intelligence», che le autorità israeliane avevano arrestato un cittadino australiano a causa di gravi minacce alla sicurezza del paese. Il ministro degli esteri ha anche riferito al parlamento che il governo si assicurò che il cittadino australiano ricevesse una rappresentanza legale di sua scelta e che non subisse maltrattamenti. Dal cittadino, ha poi concluso, non è mai arrivata una richiesta di assistenza tramite il consolato australiano.
Sempre tramite i servizi segreti, il 16 dicembre il governo australiano venne informato del suicidio del Prigioniero X, così come ne ricevette notizia la sua famiglia, residente in Australia. L’ambasciata australiana a Tel Aviv fornì assistenza per il rimpatrio della salma.
Dal suicidio del Prigioniero X nel dicembre 2010, rivelato per la prima volta in quei giorni dal sito internet YnetNews, il governo israeliano ha sempre rifiutato di commentarne la morte e l’arresto. Diversi articoli che trattavano il caso vennero rimossi o ne venne chiesta la rimozione dal governo.
In Israele tutti coloro che richiedono una tessera da giornalista devono firmare un documento in cui accettano la censura militare. Con questo documento, i giornalisti accettano di non pubblicare informazioni sensibili per la sicurezza nazionale. Violare la regola può portare a un ritiro della tessera oppure, in caso di giornalisti stranieri, nel ritiro del visto. Il meccanismo della censura non è stato molto utilizzato negli ultimi anni, almeno non nei casi che non riguardavano il Prigioniero X.
Mercoledì un tribunale israeliano ha rimosso parte del divieto di affrontare l’argomento, permettendo ai giornali israeliani di citare le pubblicazioni estere, ma continuando a vietare di pubblicare lavori originali, prodotti dalle redazioni israeliane. Lo stesso giorno, un comunicato di un tribunale israeliano, per la prima volta, ha confermato alcuni dettagli della storia.
Il tribunale ha confermato che il Prigioniero X aveva una doppia cittadinanza, israeliana ed “estera”. Il prigionieri venne registrato in carcere sotto una falsa identità, per ragioni di sicurezza, ma la sua famiglia venne avvertita immediatamente dell’arresto. Il comunicato del tribunale spiega anche che il prigioniero venne trovato morto della sua cella due anni fa. L’investigazione ordinata dal giudice ha recentemente stabilito che si trattò di un suicidio. Nessun altro dettaglio è stato rivelato per “ragioni di sicurezza dello Stato”.
Le nuove notizie pubblicate da ABC sul caso del Prigioniero X sono state discusse alla Knesset, il parlamento israeliano, dove diversi deputati hanno sollevato il problema di come il governo israeliano gestisce la censura. «Si può accordare con una democrazia e con lo stato di diritto il fatto che uno sconosciuto prigioniero si sia suicidato in una prigione israeliana e nessuna abbia idea di chi sia?», ha detto Zahava Galon, del partito di sinistra Meretz, che attualmente si trova all’opposizione.
Altri deputati hanno domandato direttamente chi fosse il prigioniero, come mai fosse in prigione e che cosa avesse a che fare con il Mossad. Yaakov Neeman, ministro della giustizia, presente per rispondere alle domande per conto del governo, ha dichiarato che ci saranno ulteriori indagini, ma che al momento non poteva aggiungere nessun dettaglio significativo: «Il caso non è sotto la giurisdizione del ministero della giustizia».
Foto: la prigione di Ayalon a Ramle, Israele centrale, 14 febbraio 2013.
(AP Photo/Ariel Schalit)