Mangiare tanto cioccolato fa vincere il Nobel?
Ovviamente no: una rivista scientifica spiega perché diffidare dalle ricerche che propongono correlazioni sbilenche (altrimenti dovremmo pensare, per esempio, che usare Internet Explorer incentivi l'omicidio)
Capita quotidianamente di leggere sui giornali di ricerche “scientifiche” secondo cui mangiare un certo alimento e assumere un certo comportamento riduce i rischi di contrarre una certa malattia. Dario Bressanini sul sito delle Scienze spiega, facendo una serie di esempi, perché questi studi spesso sono privi di significato: si limitano a osservare le tendenze di due fenomeni, senza spiegare se e perché sono collegati tra loro. Se fosse sufficiente, spiega Bressanini, dovremmo concludere che i cibi biologici fanno venire l’autismo e che l’uso di Internet Explorer incentiva l’omicidio.
Quante volte avete letto “Mangiare il tal cibo previene la tal malattia”? O viceversa “Il consumo dell’alimento X è responsabile della patologia Y”? Io tante. E troppo spesso andando a leggere l’articolo scientifico originale (ammesso che esista e che non sia una semplice comunicazione ad un congresso o, peggio, una semplice ipotesi di un ricercatore) si scopre che in realtà è stata semplicemente riscontrata una “correlazione”.
Funziona così: sono stati analizzati i consumi alimentari di un gruppo di persone e si è riscontrato che, ad esempio, quelli che consumavano più succo di limone spremuto (ad esempio) avevano una probabilità inferiore di avere il cancro al polmone. Oppure si confrontano e si incrociano abitudini alimentari e patologie tra paesi diversi: in Francia mangiano tanto formaggio e hanno una minore incidenza di malattie cardiovascolari rispetto agli USA dove invece mangiano poco formaggio ma una incidenza maggiore di malattie di quel tipo. In più in Francia bevono più vino che negli USA (lascio al lettore trarre le conclusioni). Non passa giorno che io non legga cose ti questo tipo: “il vino previene gli infarti”, “il latte causa l’osteoporosi”, “il tè verde protegge dall’invecchiamento” e così via.
Che valore dare a questo tipo di osservazioni? Personalmente quasi zero a meno che non ci siano altre (e robuste) evidenze che mostrino la fondatezza dell’ipotesi di un rapporto di causa ed effetto.
La rivista New England Journal of Medicine (NEJM) a ottobre 2012 ha pubblicato un gustoso articolo (Messerli, Franz H. “Chocolate consumption, cognitive function, and Nobel laureates.” New England Journal of Medicine 367.16 (2012): 1562-1564.) sulla correlazione tra il consumo di cioccolato di una nazione e il numero di premi Nobel vinti da cittadini di quella nazione.