La “fuga dall’università” era una balla
Mario Pirani spiega severamente come tutti i giornali (anche il suo) abbiano male interpretato i dati sulle iscrizioni, con allarmismi infondati
Il 31 gennaio scorso quasi tutti i quotidiani hanno dato grande spazio – diversi anche in prima pagina – alla notizia del forte calo degli iscritti alle università italiane, ricavata da un dato fornito dal Consiglio Universitario Nazionale (la stessa notizia era uscita identica negli anni passati, tra l’altro). Quel dato, però, spiega oggi Mario Pirani su Repubblica – giornale che a sua volta aveva dato grosso risalto alla notizia, e oggi titola “Inganno mediatico” – non era stato contestualizzato e spiegato, e quel dato avrebbe assai minor valore.
Nelle settimane scorse i giornali si sono affannati nel titolare la fuga degli studenti dagli atenei italiani come un’inarrestabile cavalcata, un rodeo folle che stava svuotando all’improvviso le università. Le cifre, diffuse all’inizio da una affermazione del Consiglio nazionale universitario, si sono propagate all’unisono in tutto il Paese con una uniformità ridicola: “Fuga dagli atenei. Persi in 10 anni 58.000 studenti”. Molti giornali hanno calcolato quali e quanti istituti sarebbero rimasti vuoti. Altri hanno cercato di approfondire le cause. Nessuno, invece, sembra essersi interrogato sul problema se i dati di partenza fossero quelli esatti per dire qualcosa di sensato sulla scuola. Perché se qualcuno così avesse fatto si sarebbe reso conto che quei 58.000 studenti volatilizzati, tali non sono poiché il numero dei laureati non è cambiato negli anni dal 2005 ad oggi.
All’improvviso aumento degli iscritti nelle università negli anni 2003/2005 non è poi corrisposto infatti un aumento dei laureati, che si è mantenuto costante dal 2005 ad oggi. L’aumento delle immatricolazioni di quegli anni non dipendeva in realtà neppure da un aumento dei diplomati che è rimasto costante, intorno ai 450.000 dal 2000 ad oggi. Si tratta quindi di un diverso “fenomeno”, circoscritto, che deriva dall’introduzione durante la riforma Moratti delle lauree triennali che inizialmente avevano incrementato le iscrizioni e le speranze in una laurea effettiva, ancorché breve. Si è, però, capito presto che il valore della laurea triennale non oltrepassava in realtà il peso di una licenza liceale.
(Continua a leggere sulla rassegna stampa del Ministero dell’istruzione)
Foto: L’Università Roma Tre (TIZIANA FABI/AFP/Getty Images)