Un “prestito nascosto” a MPS?
Lo fece nel 2011 la Banca d'Italia, dice il Wall Street Journal, mentre allo stesso tempo il Monte dei Paschi rassicurava sulle sue condizioni
Oggi il Wall Street Journal, in un articolo di Alessandra Galloni e Giovanni Legorano, scrive di un “prestito nascosto” di circa 2 miliardi di euro che il Monte dei Paschi di Siena avrebbe ottenuto dalla Banca d’Italia per aiutare i suoi conti in difficoltà alla fine del 2011. Nello stesso periodo, i dirigenti di MPS continuavano a descrivere la situazione di liquidità della banca come solida e non preoccupante.
Il Wall Street Journal dice di basarsi su informazioni fornite da funzionari della Banca d’Italia e da “persone al corrente dell’accordo”, che finora non era stato reso pubblico. Il prestito venne concluso a ottobre del 2011 e in quel periodo MPS aveva esaurito le sue possibilità di ottenere prestiti dalla Banca Centrale Europea. Ormai dalla fine del 2007, però, stava facendo i conti con il problematico acquisto di Antonveneta, una banca comprata a oltre 10 miliardi di euro per il cui acquisto la Fondazione che controllava MPS era stata costretta a indebitarsi pesantemente.
In conseguenza dell’acquisto di Antonveneta e della pesante esposizione di MPS ai titoli di stato italiani, la banca allora guidata da Giuseppe Mussari era in seria difficoltà: fu in quel periodo che fece ricorso a una serie di operazioni con i derivati, i cui aspetti meno chiari sono ora al centro dello scandalo – e delle indagini della magistratura di Siena – che dalla fine di gennaio sta colpendo la banca.
Nell’ottobre del 2011 né Monte dei Paschi né la Banca d’Italia resero pubblico l’accordo. Il Wall Street Journal dice che questo venne tenuto segreto per non causare “panico” nei mercati finanziari, dato che avrebbe rivelato che i conti della terza banca italiana erano molto peggiori del previsto. Nello stesso periodo l’Italia era nel punto peggiore della crisi del suo debito sovrano, con il famoso spread alle stelle, una situazione che avrebbe portato nell’arco di poche settimane alla caduta del governo Berlusconi.
Tecnicamente, il prestito di circa 2 miliardi di euro – che è già stato ripagato nei tempi previsti, dicono le fonti del Wall Street Journal – è stato uno scambio tra prestiti e mutui di cui MPS era creditore in cambio di titoli di stato italiani, principalmente BTP: questi BTP, titoli garantiti dallo Stato italiano e dunque relativamente sicuri, servirono da necessaria garanzia per ottenere altri prestiti dalla BCE. Nessun’altra banca italiana, scrive il Wall Street Journal, strinse un accordo simile con la Banca d’Italia, che da parte sua si è dichiarata “obbligata” all’operazione per garantire la liquidità di MPS in un documento pubblicato la scorsa settimana (il documento è questo; all’operazione si accenna brevemente e senza esplicitare la cifra a pagina 4).
Le banche non sono obbligate a rendere conto pubblicamente di questo tipo di operazioni. Ma il quotidiano finanziario statunitense scrive che la mancanza di pubblicità all’operazione “aiutò a nascondere la verità sul vero stato dei problemi finanziari di MPS in rapido peggioramento, dicono gli analisti e gli esperti finanziari”, e conclude: “Il prestito del 2011 è l’ultimo esempio di una serie di operazioni finanziarie segrete che stanno tornando a perseguitare la banca di Siena”.
Nessun rappresentante di Monte dei Paschi interpellato dal Wall Street Journal ha voluto commentare la notizia. Ieri sera, intanto, la banca ha pubblicato un comunicato in cui parla di “errori” a proposito delle operazioni finanziarie al centro dello scandalo (quelle con i derivati denominate “Alexandria” e “Santorini”, principalmente), stimando l’impatto di quegli errori in circa 730 milioni di euro di ulteriori perdite da mettere a bilancio per l’anno 2012.
Il Consiglio di Amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena, dopo approfondite analisi, svolte con il supporto dei propri consulenti, ha accertato la presenza di errori nella rappresentazione contabile delle operazioni strutturate denominate “Alexandria”, “Santorini” e “Nota Italia” (le “Operazioni), poste in essere in esercizi precedenti.
Foto: AP/Gregorio Borgia