Chi c’è e chi no nel piano aeroporti
Sono 31 gli scali ritenuti di interesse nazionale che dovranno essere rinforzati, mentre per altri 15 spetterà alle Regioni decidere se mantenerli o meno
Sul Sole 24 Ore di oggi, Mario Bartoloni spiega a che punto è il cosiddetto “piano aeroporti” del governo, realizzato per ottimizzare l’utilizzo degli scali italiani e per ridurre gli sprechi legati agli aeroporti considerati non di interesse nazionale. Il piano prevede che ricevano sovvenzioni 31 scali a partire dai grandi aeroporti internazionali come Malpensa e Fiumicino, mentre per i restanti 15 aeroporti italiani che gestiscono voli di linea toccherà alle regioni decidere se chiuderli o specializzarli in altro modo. Tra questi 15 esclusi perché ritenuti non strategici ci sono gli scali di Albenga, Cuneo, Bolzano, Brescia, Perugia, Forlì, Parma, Taranto, Comiso.
In Italia non c’è più spazio per nuovi aeroporti. Quelli annunciati a Viterbo o vicino Caserta, a Grazzanise, non servono. Piuttosto vanno potezianti 31 scali di «interesse nazionale», a cominciare dai grandi hub come Malpensa, Fiumicino e Venezia che hanno bisogno di infrastrutture e servizi. Sugli altri 15 scali italiani dove oggi atterrano voli di linea saranno le Regioni a decidere: metterli in rete o specializzarli. Oppure chiuderli, cosa possibile per diversi mini-terminal, perché chi non produce conti economici in equilibrio non potrà più sperare in qualche generoso aiuto pubblico che puntelli i bilanci in rosso già oggi molto frequenti. Ma dovrà ristrutturarsi o altrimenti chiudere i battenti perché senza sostenibilità economica rischierà di vedersi sfilare la concessione.
A disegnare la nuova mappa e a fissare i paletti dello sviluppo aeroportuale italiano dove oggi transitano 149 milioni di passeggeri è il Piano nazionale sugli aeroporti presentato ieri dal ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera e dal vice ministro alle Infrastrutture, Mario Ciaccia. Un atto «atteso 26 anni che colma una lacuna», avverte Passera, che ora dovrà incassare l’ok formale delle Regioni – che hanno già condiviso il lavoro – e i pareri di rito previsti nel Dpr che lo conterrà. Passaggi, questi, che saranno ultimati dal prossimo Governo.