La crisi egiziana
Il presidente Morsi ha dichiarato lo stato d’emergenza in tre città dopo le proteste e i morti dei giorni scorsi: c'entrano l'anniversario della rivoluzione e 21 controverse condanne a morte
Il presidente egiziano Muhammad Morsi ha dichiarato lo stato d’emergenza a Port Said, Suez e Ismailia, dopo le proteste dei giorni scorsi in cui sono morte quasi 50 persone. In un discorso trasmesso dalla televisione di stato, Morsi ha annunciato che il coprifuoco sarà imposto nelle tre città dalle 21 alle 6, per 30 giorni, nel tentativo di frenare le violenze. Da giovedì scorso, infatti, migliaia di persone sono scese in strada in molte province del paese in occasione del secondo anniversario della rivoluzione che ha portato alla destituzione del presidente Mubarak nel 2011.
Le proteste e le violenze sono però legate anche alla sentenza di condanna a morte per 21 tifosi della squadra di calcio di Port Said, l’Al-Masry, accusati di essere i responsabili della strage che avvenne nello stadio della città il primo febbraio 2012, in cui morirono 74 persone. Dopo l’annuncio della sentenza migliaia di manifestanti, tra cui i tifosi dell’Al-Masry e i familiari dei condannati, convinti che gli imputati siano stati vittime di un processo-farsa, hanno preso d’assalto il carcere provocando una serie di incendi. I loro sospetti sono alimentati dal fatto che il verdetto nei confronti dei funzionari della sicurezza accusati per la strage sia stato rinviato al 9 marzo. Nelle proteste sono morte 37 persone.
Domenica il corteo funebre per le vittime degli scontri del giorno precedente si è svolto in una situazione di fortissima tensione, con migliaia di persone che scandivano slogan anti-governativi. Mentre il corteo funebre marciava verso il cimitero principale della città con i feretri scoperti, secondo la tradizione islamica, alcuni partecipanti hanno lanciato sassi contro un commissariato di polizia. Secondo alcuni testimoni oltre che coi gas lacrimogeni la polizia avrebbe risposto anche con colpi di arma da fuoco. Gli scontri hanno provocato 7 morti e più di 400 feriti. Nelle stesse ore anche al Cairo ci sono stati scontri tra manifestanti e polizia che hanno bloccato uno dei ponti che sfocia in piazza Tahrir, con lanci di pietre e lacrimogeni.
Il presidente Morsi, durante il suo discorso alla tv di stato, ha dichiarato di essere stato costretto dalla gravità della situazione a decidere una misura straordinaria come il coprifuoco e ha convocato per oggi un incontro con rappresentanti di 11 partiti politici, tra cui gli islamici, i liberali e i partiti di sinistra, evidenziando il bisogno di impegnarsi in un dialogo per raggiungere la stabilità. Mohamed el-Baradei, uno dei leader del Fronte di Salvezza nazionale egiziano e premio Nobel per la pace nel 2005 per il suo impegno come direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha posto delle condizioni per accettare l’invito al dialogo di Morsi: il presidente deve assumersi le responsabilità degli incidenti e deve impegnarsi a formare un governo di unità nazionale e un comitato giuridico neutrale per la modifica della Costituzione, approvata a dicembre con un referendum nazionale molto discusso. Subito dopo l’annuncio del coprifuoco centinaia di manifestanti sono scesi in strada ad Ismailia contro la decisione di Morsi.