David Mamet in difesa delle armi
L'articolo di copertina di Newsweek firmato dal regista e sceneggiatore americano - "Giù le mani dalle nostre armi" - accusa Obama di "marxismo"
La copertina di questa settimana di Newsweek – il magazine americano che dal 4 gennaio è pubblicato solo in formato digitale – è dedicata al dibattito sul controllo dell’uso e della vendita delle armi negli Stati Uniti con una posizione provocatoria rispetto al sostegno che i progetti di maggior controllo hanno ricevuto dopo la strage di Newtown in Connecticut: “Giù le mani dalle nostre armi”. David Mamet, autore dell’articolo, critica il piano presentato da Barack Obama sulle armi e definisce la posizione del presidente sul tema il risultato di un approccio “marxista” nella gestione degli affari dello Stato. Mamet, che è un famoso drammaturgo, sceneggiatore e regista (autore della sceneggiatura degli “Intoccabili”, e due volte nominato all’Oscar), da qualche anno si è schierato su posizioni conservatrici piuttosto inusuali nel mondo del cinema americano.
Le misure annunciate dal presidente Obama il 16 gennaio sono considerate da alcuni come la più grande e ambiziosa iniziativa legislativa sul controllo delle armi degli ultimi vent’anni, dopo una regolamentazione temporanea attuata allora dall’amministrazione Clinton. Le richieste per la limitazione dell’uso e della vendita soprattutto di armi d’assalto e di caricatori ad alta capacità si sono fatte più insistenti dopo la strage di Newtown del 14 dicembre scorso. Secondo Mamet, Obama starebbe cercando di rispondere alle “necessità” di sicurezza dei cittadini americani senza avere diritto di farlo, non essendo stabilito dalla Costituzione. Anzi, Mamet cita il Secondo Emendamento che garantisce ai cittadini il diritto di possedere armi, solido e frequente argomento dei difensori di questa posizione.
L’argomentazione di Mamet parte da lontano, dalla guerra di secessione. I Padri Fondatori non erano ideologi né politici. Erano businessman, scrittori, insegnanti. Uomini, in breve, che conoscevano la natura umana, e che di conseguenza partivano dal presupposto che l’uomo non sia per niente buono. È docile, facilmente condizionabile anche dai politici che montano un palco improvvisato e infiammano con la retorica le passioni dei loro uditori. I Padri Fondatori sapevano che il potere è corrotto, ne avevano avuto diretta esperienza con le accuse di abuso di potere contro il re d’Inghilterra Giorgio III. Secondo Mamet, da quel tipo di potere il cittadino dovrebbe avere la possibilità di opporre resistenza.
Obama si starebbe arrogando il diritto di liberare i cittadini americani dal peso di alcune scelte grazie a un’eccellenza personale e ideologica che è lo stesso presidente, e il potere in generale, ad attribuirsi. Mamet sostiene che questo sarebbe un fenomeno inevitabile nel processo politico, che dovrebbe però essere combattuto per evitare che il potere arrivi a privare i cittadini delle libertà sancite dalla Costituzione. Quando è lo Stato a decidere, a soddisfare tutte le necessità dei propri cittadini, il risultato è quello che Mamet ha visto nell’evolversi del comunismo: miseria, povertà, tortura, schiavismo e morte.
Alla riflessione sul presunto approccio marxista di Obama, Mamet affianca argomentazioni più concrete sul tema delle armi. Sostiene che i tassi più elevati della violenza di armi da fuoco si registrano in quelle grandi città americane che hanno adottato politiche più restrittive, come Chicago e Washington. Città di grandezza simile in cui ai cittadini è garantito un diritto più ampio di possedere le armi, sarebbero invece molto più sicure. Mamet si chiede perché molti americani accettino che ci siano guardie armate a garantire la sicurezza delle gioiellerie e delle banche, ma non accettano che vengano adottate misure di difesa simili nelle scuole. I loro figli sono meno importanti degli oggetti di valore dei negozi di Madison Avenue di New York? Secondo Mamet, una presenza armata nelle scuole potrebbe essere garantita al costo di una pistola e poche ore di addestramento a insegnanti, amministratori e custodi.
I fucili d’assalto, la tipologia di armi presa più di mira dal dibattito che ha seguito la strage di Newtown, non possono essere per legge detenuti dai privati dal 1934 (ad eccezione dei collezionisti che superano un esame rigoroso del governo federale). Questo divieto, sostiene Mamet, ha fatto sì che i fucili d’assalto finissero nelle mani solo dei criminali, che per definizione non rispettano la legge. Qual è quindi la ragione di rendere le leggi contro la vendita delle armi ancora più stringenti? Anche perché, sostiene Mamet, è dal 1968 che negli Stati Uniti chiunque voglia comprare un’arma deve compilare un modulo in cui dichiara di non essere latitante, colpevole di qualche reato o con deficienze mentali certificate. Per questo aggiungere un’altra agenzia composta da burocrati, e per la quale non ci sono i finanziamenti, non avrebbe nessun effetto positivo sul controllo della violenza derivante dall’uso di armi da fuoco.
Per chiarire la sua posizione nei confronti dei legislatori americani, Mamet racconta un aneddoto raccontato da sua nonna che era di una regione russofona della Polonia, vicina a Chelm, citata dagli ebrei aschenaziti come la città dove abitavano gli sciocchi. Una volta i suoi residenti decisero che non c’era ragione per sprecare la luce del sole durante il giorno. Sarebbe stato meglio averla di notte, quando effettivamente c’era buio.
“Allo stesso modo – sostiene Mamet – a noi moderni Soloni piace approvare leggi che vietano di usare armi a chi vuole sparare addosso ai bambini nelle scuole”.