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  • Mercoledì 23 gennaio 2013

Il caso Mussari

Perché il presidente dell'Associazione Banche Italiane si è dimesso, che cosa c'entra il Monte dei Paschi di Siena e perché qualcuno tira in ballo il PD

Martedì 22 gennaio, Giuseppe Mussari, presidente dell’Associazione Banche Italiane (ABI), si è dimesso dalla sua carica con una lettera al vicepresidente Camillo Venesio. Prima del suo ruolo nell’ABI, Mussari, 50 anni, è stato presidente della fondazione Monte dei Paschi di Siena e poi della stessa banca. Mercoledì 23 gennaio il titolo della banca Monte dei Paschi di Siena è stato temporaneamente sospeso al ribasso, mentre a metà giornata il suo valore viaggiava intorno a ribassi del 9 per cento.

Le ragioni delle dimissioni di Mussari sono negli ultimi sviluppi di una serie di indagini e polemiche che coinvolgono la banca MPS nel periodo della sua direzione, dal 2006 al 2010. In particolare un’operazione con titoli derivati dal nome “Alexandria”.

“Alexandria”
L’ultima notizia che ha riguardato operazioni poco chiare di Monte dei Paschi di Siena è arrivata martedì mattina e riguarda fatti del 2009. Il Fatto Quotidiano, con un articolo di Marco Lillo, ha raccontato di “un contratto segreto risalente al luglio 2009 con la banca Nomura relativo al derivato Alexandria” e scoperto solo il 10 ottobre 2012 dagli attuali vertici della banca MPS – Alessandro Profumo, presidente, e Fabio Viola, amministratore delegato – dopo essere “rimasto nascosto per tre anni e mezzo in una cassaforte del direttore generale Antonio Vigni”.

I termini dell’accordo tra MPS e la grande multinazionale finanziaria Nomura, secondo quanto ha ricostruito la stampa, erano i seguenti: la banca giapponese accettava di scambiare un rischioso derivato basato sui mutui ipotecari, chiamato “Alexandria”, con un investimento più sicuro fornito da Nomura. Questo permetteva a MPS di nascondere le perdite ottenute dall’investimento sbagliato sui derivati e di migliorare il bilancio dell’anno 2009, in cui la banca sentiva già le prime conseguenze della crisi. In cambio, l’accordo segreto stabiliva che la banca MPS avrebbe comprato in futuro altri strumenti finanziari di Nomura: un’operazione apparentemente scollegata, che però avrebbe impegnato in futuro la banca italiana a acquisti per milioni di euro. Nomura, infatti, avrebbe detto all’attuale direzione della banca che l’accordo deve essere onorato e che, da parte loro, avevano ricevuto tutte le assicurazioni sulla regolarità della cosa.

Secondo quanto scrive il Fatto, l’accordo MPS-Nomura era stato fatto con l’approvazione dei vertici della banca e dello stesso Mussari, ma non del consiglio di amministrazione. Inoltre, la documentazione relativa non era stata trasmessa alle autorità di controllo, tra cui la società di revisione dei conti di MPS e la Banca d’Italia: quest’ultimo punto è l’ipotesi di reato a cui sta lavorando la procura di Siena.

In concreto
Per Monte dei Paschi, da cui Mussari è stato estromesso nel 2010, la scoperta di questa operazione ha la conseguenza immediata di peggiorare da subito il bilancio 2012, con l’aggiunta di altri 220 milioni di perdite ad un bilancio già in passivo di circa 2 miliardi di euro. Inoltre, la banca provvederà probabilmente ad aumentare le sue richieste dei cosiddetti “Monti bond” da 3,4 a 3,9 miliardi di euro: gli altri 500 milioni serviranno a coprire le probabili perdite future legate a questa operazione.

I “Monti bond” sono un altro capitolo della difficile storia recente di MPS: si tratta di obbligazioni speciali emesse da MPS e vendute al Tesoro – a condizioni ancora parzialmente da stabilire, con l’Unione Europea che tiene l’operazione sotto controllo perché non si trasformino in aiuti di stato, cioè soldi dati a fondo perduto – per coprire il grande ammanco di capitale calcolato dall’Autorità Bancaria Europea. Se Monte dei Paschi non avrà i soldi per ripagarli, lo Stato entrerà molto probabilmente nella proprietà della banca, perché MPS dovrà ripagare i debiti contratti con azioni.

L’ultimo della serie
L’operazione “Alexandria” è l’ultima di una lunga serie di indagini e di operazioni discutibili in cui è stata coinvolta la banca MPS negli ultimi anni (dal 2008 a oggi le sue azioni hanno perso il 90 per cento del loro valore e oggi la sua capitalizzazione è di circa 3,2 miliardi di euro). Tra questi, un’altra operazione con i derivati fatta con Deutsche Bank, denominata Santorini, e soprattutto il complicato caso dell’acquisizione di Antonveneta. Le indagini in corso a Siena dal 2007 su questa vicenda avevano portato a una serie di perquisizioni in diverse sedi di MPS nel maggio scorso, ma Mussari non era ancora indagato.

Alla fine di luglio 2012, invece, Giuseppe Mussari è stato rinviato a giudizio in un’altra inchiesta, con l’accusa di falso e turbativa d’asta nella gara per la costruzione dell’aeroporto di Ampugnano, vicino a Siena. Nonostante l’indagine, l’ABI aveva deciso di rinnovargli l’incarico al vertice dell’associazione ad agosto 2012 (la carica è biennale).

La politica
La questione chiama in causa, anche se non direttamente, il Partito Democratico, e più in generale i rapporti molto concreti tra la politica e gli organi dirigenti delle banche. Nel sistema bancario italiano, questi sono notoriamente strettissimi: il motivo è che il controllo delle banche, dai primi anni Novanta – prima le banche italiane erano quasi tutte pubbliche – è spesso in mano a fondazioni, che sono a loro volta espressione della politica locale. Nel caso della Fondazione MPS, che attualmente ha il 34 per cento di MPS, lo Statuto stabilisce che i 16 membri del suo organo principale siano nominati così: 8 dal Comune di Siena, 5 dalla Provincia, uno dalla Regione, uno dall’Università e uno dall’Arcidiocesi di Siena, Colle Val d’Elsa e Montalcino. E come si sa, il Comune di Siena, la Provincia e la Toscana tutta sono sempre state tra le zone in cui la sinistra ha ottenuto i suoi risultati migliori.

E qui entra in gioco, nello specifico, Giuseppe Mussari, che nato a Catanzaro si trasferì a Siena per studiare giurisprudenza. Iniziò a praticare come avvocato, ma d’altra parte i suoi legami con la politica sono sempre stati evidenti: è stato attivo nel PCI, poi nel PDS e infine nel Partito Democratico, a cui nel 2010 – anno della fine della sua direzione di MPS – ha donato 100 mila euro (oltre ad altri 75 mila dell’allora vicepresidente di MPS, Rabizzi). Il caso di Mussari è stato tirato in ballo da Ignazio La Russa, che ha fatto notare che il PD elegge i vertici della Fondazione e quindi anche i vertici della banca. A La Russa, Bersani ha risposto così: «Non c’è nessuna responsabilità del PD, per l’amor di Dio: il PD fa il PD, le banche fanno le banche».

Foto: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images