Monti ha risposto al Financial Times
Con una lettera aperta in cui contesta l'articolo molto critico nei suoi confronti che lo definiva inadeguato per un nuovo incarico di governo
La sera di domenica 20 gennaio il Financial Times ha pubblicato online un articolo di Wolfgang Münchau, esperto dei temi economici legati all’eurozona, molto critico nei confronti di Mario Monti e del suo anno al governo dell’Italia: e di conseguenza della sua adeguatezza come futuro presidente del Consiglio dopo le prossime elezioni. Nel commento, uscito la mattina dopo sul giornale di carta, Monti era accusato di avere alzato le tasse senza avere portato crescita nel nostro paese. L’articolo ha fatto molto discutere nella giornata di lunedì ed è stato ampiamente ripreso dai media italiani. Nel tardo pomeriggio di lunedì 21 gennaio, Monti ha risposto inviando una lettera aperta al Financial Times, che ha anche pubblicato un editoriale più indulgente nei confronti di un possibile nuovo governo guidato da Pier Luigi Bersani o da Monti – e invece molto critico verso Silvio Berlusconi – a patto che formulino progetti per il rilancio dell’economia italiana più convincenti di quelli espressi finora.
Gentili signori,
piace a tutti leggere, di tanto in tanto, gli articoli di Wolfgang Münchau, che sono una variazione sul tema delle sue costanti critiche e frustrazioni nei confronti del cancelliere tedesco Angela Merkel per quanto riguarda la crisi dell’euro.Ma egli trascura sia i pericoli del gioco del pollo che suggerisce e i risultati ottenuti dal mio governo, chiamato ad agire in una situazione di emergenza. [Il “gioco del pollo” o del coniglio cui fa riferimento Monti è per esempio quello delle due auto lanciate verso un dirupo, il primo che molla è considerato perdente e fa la figura del coniglio, se nessuno molla entrambi gli sfidanti rischiano di cadere nel dirupo e di morire, ndr.]
Nel novembre del 2011, l’Italia era a un passo dall’essere tagliata fuori dai mercati internazionali. Ridurre le necessita finanziarie in un caso come questo si è rivelato come un imperativo, e ciò poteva essere fatto solamente con l’aumento delle tasse, che per buona parte era stato deciso ma non messo in pratica dal precedente governo. Non ci furono ulteriori aggiustamenti fiscali nel 2012 nonostante il peggioramento del contesto internazionale e il terremoto che ha colpito l’Emilia-Romagna. Un aggiustamento è stato progressivamente ribilanciato, facendo affidamento in maniera crescente sulla revisione della spesa e sui tagli.
Ciò che questo governo ha fatto per abbassare i prezzi e creare più posti di lavoro nel settore dei servizi in un così breve periodo di tempo non ha precedenti, considerata anche la mancanza di una classica maggioranza parlamentare. I mercati italiani ora sono aperti quanto lo sono in media quelli dei paesi dell’Unione Europea, in alcuni casi di più, stando all’OCSE. L’organizzazione stima che le riforme porteranno a una crescita potenziale di almeno 4 punti percentuali del Prodotto interno lordo entro il 2020. Ma il lavoro non è finito e potrebbe essere facilmente rovinato. Per questo motivo sono entrato nel campo della politica: per mettere insieme le forze della società civile – e ce ne sono molte! – che desiderano che questo paese cresca attraverso un cambiamento genuino, grazie al merito e al rispetto della legge.
Con i conti pubblici ora più in ordine e tra i più sostenibili al mondo, come ha fatto notare il Fondo Monetario Internazionale, l’Italia si può ora permettere qualche spazio di manovra in più per sostenere l’occupazione e per essere più equa.
Per quando riguarda le necessità di tutti i paesi, compresa la Germania, di contribuire allo sforzo del ribilanciamento dell’economia, permettetemi di ricordare ai lettori che da quando ho assunto il mio incarico di governo sono stato il primo a spronare il Consiglio Europeo su un’agenda di misure per sostenere la domanda. Il mio governo ha anche guidato la lotta per la stabilizzazione dei mercati finanziari. Senza la consolidazione fiscale e le riforme in un paese cruciale come l’Italia, e senza la nostra guida e la nostra determinazione nel corso dell’incontro di giugno 2012, difficilmente la Banca Centrale Europea si sarebbe sentita a proprio agio nel dire e nel fare ciò che ha fatto nei mesi seguenti, che naturalmente è stato cruciale.
Abbiamo di sicuro la necessità di essere più ambiziosi e coraggiosi non solo nel conservare, ma nel rafforzare l’integrazione raggiunta fino a ora in Europa, a partire dall’Unione monetaria ed economica, ed è ciò per cui mi sono da sempre battuto.
Mario Monti
Presidente del Consiglio italiano