Cinque domande sul redditometro
Bisogna conservare gli scontrini? Cosa fa scattare il redditometro? E altri dubbi a cui oggi risponde La Stampa
Oggi La Stampa ha scritto un’agile guida con le domande più diffuse sul nuovo redditometro: bisogna conservare gli scontrini? Cosa fa scattare il redditometro? Il redditest è veramente anonimo? Quali sono le differenze tra nord e sud? Come si fa a dimostrare di avere ragione in caso di accertamento?
È necessario conservare tutti gli scontrini?
È la domanda più gettonata. Ma sposta la questione su un piano poco corretto. «Non ha molto senso chiedersi dove siano finiti gli scontrini del 2009» spiega dal suo studio a Udine Claudio Siciliotti, ex presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti «piuttosto considererei le maggiori entrate, è un consiglio più ragionevole degli scontrini. Meglio documentare quel che entra, che quel che si spende». C’è poi un ulteriore aspetto: il contribuente che non è un professionista o un imprenditore, magari non conserva tutti gli anni i pezzi di carta che dimostrino le sue entrate. «È un problema serio per il cliente medio dimostrare la sua capacità di spesa reale» Nicola Cavalluzzo, commercialista a Milano «lo sfasamento temporale non aiuta. Per il fisco è facile perché è tutto memorizzato nelle banche dati».Cosa fa scattare il redditometro?
«Sono le spese non routinarie, il famoso viaggio che ci si concede con tutta la famiglia magari spendendo 10 mila euro ma ogni 4 anni – chiarisce Cavalluzzo – e che poi non è detto che si sia in grado di dimostrarlo, perché non è che tutti gli anni teniamo a mente le spese eccezionali. Quello che vedo dai clienti dello studio è il terrore delle persone: prima ancora di sostenere la spesa si preoccupano di dimostrare la capacità. Questo porterà una frenata dei consumi ed è una cosa assurda». Prosegue Zizza: «Si preoccupa di più il contribuente onesto, quello che dichiara tutto e viene a fare dei conteggi prima di comprare una macchina o un bene durevole. Gli elusori incalliti continuano a sfuggire. È il caso un avvocato di cui mi ha raccontato un collega che dichiarava 15 mila euro l’anno e con il vecchio redditometro è stato beccato, sfiorando il penale, con 250 mila euro sul conto e assegni per parcelle fino a 80 mila euro. Si preoccupava di vendere e spogliarsi di tutto. Ben venga il redditometro in casi come questo».
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