I giornalisti cinesi e la censura
La protesta contro un responsabile della censura provinciale racconta qualcosa dei limiti della libertà di stampa in Cina
I giornalisti del settimanale cinese Nanfang Zhoumo (“Settimanale meridionale”) hanno chiesto le dimissioni di Tuo Zhen, funzionario del Partito Comunista Cinese (PCC) e capo della censura della provincia del Guangdong. I responsabili del settimanale, insieme a tutto il personale, hanno protestato e criticato le autorità per aver imposto alla testata di sostituire un editoriale del direttore, che spronava la classe politica a migliorare e attuare pienamente le norme della Costituzione, con un articolo che invece non faceva altro che lodare il Partito Comunista Cinese. Hanno accusato il censore, testualmente, di essere «dittatoriale», in un’era di «crescita dell’apertura» verso i diritti fondamentali.
Il direttore del giornale aveva deciso di scrivere l’editoriale in questione dopo la chiusura del sito della rivista Yanhuang Chunqiu (“Annali della Cina”): i giornalisti e il direttore del Nanfang Zhoumo non si aspettavano, infatti, un gesto di censura così forte in una fase in cui sembrava che ci fossero speranze per alcuni importanti cambiamenti che erano stati annunciati in parte dal nuovo segretario generale del PCC Xi Jinping, considerato più aperto e più moderno rispetto al suo predecessore, Hu Jintao.
(La Cina restringe ancora l’accesso a Internet)
Al settimanale Yanhuang Chunqiu era stata revocata la licenza di pubblicare articoli su Internet, fino ad essere poi del tutto oscurato, per aver pubblicato degli articoli che sollecitavano alcune riforme politiche necessarie al paese e chiesto ai leader cinesi di garantire i diritti costituzionali, come la libertà di parola e di riunione. Proprio a questi stessi temi era stato dedicato l’editoriale del Nanfang Zhoumo e la successiva protesta di 35 giornalisti e 50 stagisti del quotidiano contro le interferenze del responsabile della censura: «Se i mezzi di comunicazione perdono la loro credibilità e influenza, come potrà poi il partito al potere far sentire la propria voce o convincere il suo popolo?», hanno scritto ieri in una lettera.
Tuo Zhen, il capo della censura del Guangdong, ha voluto che l’editoriale fosse riscritto prima della pubblicazione, senza consultare neanche gli editori del giornale. Si è trattato di una mossa insolita, anche per gli standard della censura in Cina. È stato fatto cambiare anche il titolo del pezzo. Quello originale era: “Il sogno della Cina, il sogno del costituzionalismo”, che è stato fatto cambiare in “Siamo più vicini al nostro sogno, ora più che mai”, con lo scopo di elogiare il lavoro del Partito Comunista.
Si tratta di uno dei casi più importanti di protesta diretta che ci sono stati in Cina, soprattutto per il fatto che si è trattato di uno scontro diretto tra il personale di un giornale e i funzionari del partito. Le due lettere inviate dai giornalisti del Nanfang Zhoumo sono state riprese e discusse anche su Sina Weibo, il sito di microblogging cinese simile a Twitter, dove molte parole inserite nel campo di ricerca in riferimento alla vicenda sono già state filtrate e molti utenti sono stati sospesi dal servizio. Intanto, un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha detto che la Cina non censura le notizie.
(In Cina non si passa più col giallo)
Molti si aspettano importanti cambiamenti riguardo una maggiore libertà di espressione, soprattutto dopo che il nuovo leader Xi Jinping aveva detto, durante il suo viaggio nel sud del paese fatto prima di Natale, di voler far rispettare gli articoli della Costituzione e delle leggi cinesi che, almeno sulla carta, garantiscono la libertà di parola. In realtà, i funzionari cinesi controllano molto di quello che si scrive, soprattutto su Internet, con il monitoraggio 24 ore su 24 da parte di uno speciale dipartimento di polizia informatica che spesso cambia, in maniera del tutto autonoma, anche i contenuti degli articoli.
Foto: AP Photo/Alexander F. Yuan