Troppo stato nell’agenda Monti
Per gli economisti del Corriere della Sera Alesina e Giavazzi non si vuole privatizzare, come con Alitalia
Sul Corriere della Sera di oggi, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi commentano i contenuti dell’Agenda Monti (qui una sua sintesi in 30 punti brevi), il documento che il quasi ex presidente del Consiglio Mario Monti ha diffuso a inizio settimana, dichiarandosi disponibile a guidare nuovamente il governo, dopo le politiche di febbraio. Il problema dell’Agenda, secondo Alesina e Giavazzi, è che non prevede una sufficiente riduzione della presenza dello stato nella società.
Per diminuire in modo significativo la spesa pubblica, e quindi consentire una flessione altrettanto rilevante della pressione fiscale, è necessario ridurre lo spazio che lo Stato occupa nella società, cioè spostare il confine fra attività svolte dallo Stato e dai privati. Limitarsi a razionalizzare la spesa all’interno dei confini oggi tracciati (la cosiddetta spending review) non basta. Nel 2012 il governo ha tagliato 12 miliardi di euro; altri 12 miliardi di risparmi sono previsti dalla legge di Stabilità per il 2013. Troppo poco per ridurre la pressione fiscale. Abbassare la spesa al livello della Germania (di quattro punti inferiore alla nostra) richiederebbe tagli per 65 miliardi. Per riportarla al livello degli anni Settanta (quando la nostra pressione fiscale era al 33 per cento), si dovrebbero eliminare spese per 244 miliardi.
Di ridurre lo spazio che occupa lo Stato non si parla abbastanza nel programma che Mario Monti ha proposto agli italiani. Anzi, finora il governo Monti si è mosso nella direzione opposta. Ad esempio ha trasferito Snam rete gas, l’azienda che gestisce la distribuzione del gas, dall’Eni, di cui lo Stato possiede il 30%, alla Cassa depositi e prestiti, di cui possiede il 70%, cioè l’ha in sostanza nazionalizzata. Non c’è bisogno di ripercorrere la storia dell’Iri (l’Istituto per la ricostruzione industriale) per ricordarci quanto sia costato ai contribuenti l’intervento pubblico nell’economia. Basta fare i conti di Alitalia. Cinque anni fa il governo Berlusconi si rifiutò di vendere l’azienda ad Air France. Invece ne scaricò i 3,2 miliardi di debiti lordi sui contribuenti e indusse alcuni imprenditori ad acquistarla, con l’impegno «implicito» a intervenire se le cose fossero andate male. Come era facile prevedere, Alitalia oggi è sostanzialmente fallita. Il governo deve ora fare fronte al suo impegno verso i nuovi azionisti. Peraltro in un’operazione della quale a suo tempo fu regista l’attuale ministro Passera. Circolano persino ipotesi di un ingresso delle Ferrovie dello Stato, cioè una ri-nazionalizzazione. Invece bisognerebbe andare nella direzione opposta: privatizzare la Cassa depositi e prestiti, come i governi degli anni Novanta seppero fare con l’Iri.