Che cosa non funzionò a Bengasi
Lo scorso 11 settembre l'ambasciatore americano in Libia e altre tre persone furono uccise: secondo un'inchiesta indipendente ci furono molte mancanze
Aggiornamento delle 18:00
In seguito alla diffusione dell’indagine indipendente sui fatti di Bengasi dell’11 settembre, il responsabile della sicurezza per il corpo diplomatico del Dipartimento di stato americano, Eric Boswell, ha rassegnato le proprie dimissioni, che avranno effetto immediato. Secondo diverse fonti consultate da CBS News, Boswell rimarrà direttore dell’Ufficio delle missioni estere del Dipartimento per un breve periodo di tempo, in attesa del sua sostituzione. Oltre a Boswell si sono anche dimessi altri due funzionari del Dipartimento, ha riferito Associated Press.
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I responsabili dell’indagine indipendente commissionata dal Dipartimento di stato americano sull’attacco al consolato degli Stati Uniti a Bengasi, in Libia, hanno diffuso le loro valutazioni su quanto accadde lo scorso 11 settembre, arrivando alla conclusione che le condizioni di sicurezza nel complesso statunitense erano sostanzialmente inadeguate. Secondo il rapporto ci furono chiare mancanze da parte del Dipartimento, anche se comunque nessun funzionario ignorò i propri doveri prima e dopo l’attacco.
L’ambasciatore J. Christopher Stevens e altri tre statunitensi morirono in seguito all’attacco al complesso di Bengasi in cui si trovava la sede del consolato da parte di un gruppo di uomini armati. Stevens rimase bloccato in una delle stanze dell’edificio, che stava andando a fuoco, e morì a causa dell’inalazione dei fumi. La vicenda fu per giorni al centro della campagna elettorale per le elezioni presidenziali, con diversi repubblicani che criticarono duramente il Segretario di Stato Hillary Clinton e l’amministrazione Obama per non avere fatto abbastanza per proteggere i funzionari statunitensi all’estero.
Per fare chiarezza sulla vicenda, il Dipartimento di stato incaricò il proprio Accountability Review Board di avviare un’indagine indipendente per rilevare le eventuali mancanze da parte dell’istituzione. La commissione si è occupata principalmente dell’analisi delle procedure seguite dal Dipartimento, mentre non ha approfondito più di tanto le cause alla base dell’attacco a Bengasi. Lo scorso 11 settembre ci furono diverse proteste per un video satirico sulla vita di Maometto, realizzato negli Stati Uniti e che aveva iniziato a circolare online. Fu organizzata una manifestazione anche a Bengasi, ma non è ancora chiaro quali legami possa avere avuto con l’attacco da parte di un gruppo di uomini armati al consolato. Le indagini sono ancora in corso e la vicenda è spesso strumentalizzata politicamente negli Stati Uniti.
Nel proprio rapporto, la commissione ricorda che ben prima degli attacchi erano state inviate dall’ambasciata di Tripoli richieste al Dipartimento di Stato per aumentare le misure di sicurezza nel paese. L’intelligence è inoltre accusata di essersi dedicata all’analisi di singoli pericoli per i funzionari statunitensi in Libia senza tenere in considerazione un quadro più generale, dal quale emergeva con una certa evidenza il deterioramento delle condizioni di sicurezza nel paese. Il rapporto cita come esempio diversi episodi avvenuti a Bengasi mesi prima dell’11 settembre come il crescente numero di omicidi, un attacco a un convoglio britannico e l’esplosione di un ordigno all’esterno di uno dei palazzi della missione diplomatica statunitense in Libia.
Nei risultati dell’indagine ci sono anche critiche evidenti contro due uffici del Dipartimento, incaricati della sicurezza dei diplomatici statunitensi (“Diplomatic Security”) e dei rapporti con il vicino Oriente (“Near Eastern Affairs”), accusati di non essersi coordinati a sufficienza. Diversi funzionari sono stati anche accusati di avere svolto con scarsa efficacia le mansioni che erano state loro assegnate. Nella versione resa pubblica dell’indagine non ci sono comunque riferimenti a persone specifiche.
La commissione ha allegato alla propria indagine 29 raccomandazioni per migliorare la gestione della sicurezza dei diplomatici. Con una lettera inviata al Congresso degli Stati Uniti, Hillary Clinton si è impegnata a recepire le raccomandazioni ricordando che “per onorare al meglio le persone che abbiamo perso, dobbiamo proteggere meglio coloro che sono ancora oggi al lavoro per portare avanti i nostri interessi e valori nazionali oltreoceano”. Clinton ha anche spiegato di essere già al lavoro per assumere i provvedimenti necessari per correggere i problemi all’interno del Dipartimento, emersi dopo l’attacco a Bengasi. A metà ottobre si era assunta ogni responsabilità per quanto accaduto in Libia.
Hillary Clinton sta per terminare il proprio mandato come Segretario di Stato e, fino a qualche giorno fa, tra i candidati più probabili alla sua successione c’era Susan Rice, l’ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite. Lo scorso 13 dicembre Rice ha però annunciato di volersi tirare fuori dalla successione in seguito alle polemiche politiche su una sua possibile nomina. Gli attacchi contro l’ambasciatore erano iniziati poco dopo i fatti di Bengasi: Rice aveva partecipato a diversi programmi televisivi spiegando che gli attacchi erano stati il frutto di una protesta spontanea e non di un attentato terroristico, come disse poi la Casa Bianca.
Stando ad alcune fonti consultate dal New York Times, il Dipartimento di Stato vuole ottenere dal Congresso il permesso di trasferire circa 1,3 miliardi di dollari da un fondo che era stato istituito per le spese in Iraq, così da poter disporre di maggiori risorse per migliorare la gestione della sicurezza. Circa 553 milioni di dollari potrebbero essere utilizzati per impiegare centinaia di nuove guardie, mentre altri 130 milioni di dollari potrebbero servire per altro personale di sicurezza. Infine, 691 milioni di dollari potrebbero essere investiti per migliorare i sistemi di sicurezza nelle sedi estere del Dipartimento.
La commissione che ha realizzato l’indagine indipendente è guidata da Thomas R. Pickering, un diplomatico ora in pensione, che ha lavorato insieme con altre quattro persone compreso Mike Mullen, l’ammiraglio che era al comando del Joint Chiefs of Staff, l’organo che riunisce i capi di stato maggiore delle forze armate statunitensi. Il rapporto è stato consegnato al Dipartimento lunedì scorso e ieri una sua versione è stata trasmessa al Congresso. Oggi in Senato saranno ascoltati Pickering e Mullen nel corso di un’audizione a porte chiuse per discutere l’esito dell’indagine. Giovedì 20 dicembre saranno sentiti due vicesegretari di stato. Clinton non parteciperà perché si sta riprendendo da una commozione cerebrale: la settimana scorsa è caduta nella propria abitazione dopo essere svenuta, indebolita da un virus intestinale.