Il ministro degli Esteri israeliano si è dimesso
Avigdor Lieberman ieri era stato rinviato a giudizio in un procedimento che va avanti da più di dieci anni
Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha annunciato stamattina le sue dimissioni in seguito a un’incriminazione per frode e “breach of trust”, un capo d’accusa del diritto anglosassone che corrisponde alla “violazione della fiducia” da parte di chi ricopre incarichi di responsabilità, simile al nostro abuso d’ufficio.
Giovedì il procuratore generale Yehuda Weinstein ha comunicato la decisione di rinviare a giudizio Lieberman per questi reati, facendo decadere invece le accuse più gravi legate a un caso di finanziamento illecito e riciclaggio di denaro sul quale Weinstein stava indagando da quasi dieci anni. La procura aveva accusato Lieberman di avere ricevuto milioni di dollari in maniera illecita da alcuni imprenditori nel periodo fra il 2001 e il 2008, quando era deputato e poi ministro delle Finanze, e di averli “ripuliti” tramite alcune società nell’Europa dell’est. Weinstein ha però archiviato il caso poiché non ci sarebbero prove sufficienti per incriminarlo. Al contrario, il procuratore ha deciso di portare avanti l’accusa nei confronti di Lieberman di avere ricevuto dall’ex ambasciatore israeliano in Bielorussia, Ze’ev Ben Aryeh, dei documenti ufficiali relativi a un’indagine a suo carico nell’ex paese sovietico. Lieberman si sarebbe poi speso per far ottenere a Ze’ev Ben Aryeh una promozione.
Lieberman, che in passato si è sempre detto innocente, in un primo momento aveva annunciato che non si sarebbe dimesso. Il primo ministro Benjamin Netanyahu si era congratulato con lui poco dopo la decisione dei giudici, proprio per aver evitato le accuse principali. Al contrario, i leader di molti altri partiti politici avevano chiesto immediatamente le sue dimissioni. Lieberman è il leader di Yisrael Beitenu (“Israele è la nostra casa”), partito di destra, il secondo più importante dopo il Likud di Netanyahu nella coalizione al governo. I due partiti avrebbero dovuto presentare una lista unica alle elezioni generali di gennaio.
foto: RONI SCHUTZER/AFP/Getty Images