“Run, Mario, run”
L'Economist dice che in Italia tra uno scenario "orribile" e uno "accettabile" è saltata fuori una terza possibilità, "potenzialmente molto buona"
Negli ultimi giorni la situazione politica italiana è stata molto seguita dalla stampa straniera, soprattutto a causa della decisione di Silvio Berlusconi di togliere il suo sostegno al governo e candidarsi alla sesta volta alla presidenza del Consiglio criticando molto Mario Monti (per passare pochi giorni dopo a proporre un suo passo indietro in cambio di una ricandidatura di Monti). Dopo il New York Times, che pochi giorni fa aveva definito “spudorata” la decisione di Berlusconi di ricandidarsi, oggi è l’Economist a prendere posizione nella situazione italiana. Il titolo dice già molto: “Run, Mario, run”.
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L’Economist dice che quanto accaduto nelle ultime settimane sembra riportare nel presente l’Italia “dei vecchi tempi”, quella precedente all’arrivo di Mario Monti. L’attuale presidente del Consiglio è elogiato per aver portato con sé “calma, qualche riforma significativa e molta dignità”. L’Italia però è ancora in una situazione complicata – il quarto debito pubblico al mondo, la più grave recessione in Europa, la crescita assente per tutto l’ultimo decennio – e quindi sarà importante capire che cosa uscirà dalle elezioni politiche del 2013. Secondo l’Economist ci sono tre esiti possibili: “uno terribile, uno accettabile e uno potenzialmente molto buono”.
Quello orribile sarebbe il ritorno di Berlusconi, considerato però molto improbabile. Quello accettabile – e molto più probabile – sarebbe la vittoria del centrosinistra.
Bersani era stato un riformista nell’ultimo governo di centrosinistra, tra il 2006 e il 2008. Ha promesso di non mettere in discussione l’austerità di bilancio e le riforme strutturali introdotte da Monti. Ma potrebbe trovare complicato mantenere quanto ha detto, dato che dipenderà dal sostegno di alleati di estrema sinistra e dei sindacati, ostili al cambiamento.
La settimana scorsa l’Economist aveva detto di considerare “ragionevole” uno scenario in cui Bersani diventasse presidente del Consiglio e Monti diventasse presidente della Repubblica. Oggi dice però che esiste una possibilità ancora migliore: “che sia lo stesso Monti a essere eletto presidente del Consiglio”. Per lo standard dei governi tecnici, infatti, le dimissioni inaspettate di Monti sono “un atto politico aggressivo”. Con dei rischi, ma anche con molte opportunità.
Se una lista guidata da Monti ottenesse da destra e da sinistra abbastanza voti da vincere le elezioni, un suo nuovo governo avrebbe un chiaro mandato per fare le riforme, specialmente relativamente alla concorrenza, alle liberalizzazioni, alla ricostruzione del settore pubblico. L’Italia non ha mai avuto un governo del genere. Un governo guidato da un centrista gradito alle imprese attrarrebbe anche molti dei sostenitori di Berlusconi. Mentre lo stesso PD di Bersani potrebbe far parte di questo governo, se gli venisse data adeguata rappresentanza: Bersani potrebbe fare il vicepresidente del Consiglio e il successore designato di Monti.
L’Economist conclude ammettendo che tutto questo “potrebbe non funzionare”, soprattutto perché Monti non è un politico e non è mai stato candidato a nessuna carica elettiva. Per questo, si legge, dovrebbe chiarire adesso che cosa vuole fare: “se tiene al suo paese, questo è il momento di venire allo scoperto, farsi sotto e invitare altri centristi a unirsi a lui. Questa è una rara opportunità per cambiare le cose”.
foto: GEORGES GOBET/AFP/Getty Images