Le province cambiano?
Il governo ha rinviato al 2013 la riorganizzazione delle competenze provinciali prevista dal "salva Italia"
Aggiornamento, 14 dicembre – Il Corriere della sera riporta che, con un emendamento alla legge di Stabilità, il governo ha deciso di ritardare di un anno l’entrata in vigore delle misure che riguardavano le province contenute nel “salva-Italia”, diventato legge nel dicembre 2011. Le misure, riassumendo, iniziavano una profonda riforma delle province, stabilendo l’abolizione degli organi elettivi, sostituiti da un presidente e un consiglio di massimo dieci membri scelti dai comuni – in modi che dovevano ancora essere decisi – e soprattutto decidendo una pesante riduzione delle loro competenze (da limitare a funzioni di “indirizzo e coordinamento”). Questi cambiamenti dovevano entrare in vigore dal primo gennaio 2012, ma questo rinvio mette seriamente in dubbio che si faranno mai. La limitazione delle competenze provinciali aveva già sollevato, negli ultimi mesi, diversi interrogativi e prese di posizione decisamente critiche.
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La fine anticipata del governo Monti avrà molto probabilmente tra le sue conseguenze che il famoso accorpamento delle province non si farà: tuttavia, alcune norme approvate in precedenza causeranno ugualmente importanti cambiamenti in quel tipo di enti amministrativi.
Ricapitolando. Lo scorso 31 ottobre il governo aveva approvato un decreto legge che riduceva da 86 a 51 le province italiane nelle regioni a statuto ordinario. La riforma non riguardava le regioni a statuto speciale, su cui il ministro per la Pubblica Amministrazione disse che si sarebbe intervenuto più tardi. Come per ogni decreto legge, questo doveva essere convertito in legge dal Parlamento entro sessanta giorni: la crisi di governo determinata dal ritiro del sostegno da parte del PdL, e la conseguente fine anticipata della legislatura, impedirà probabilmente la conversione in legge del decreto, come ha annunciato pochi giorni fa il Senato.
Ma alcuni provvedimenti sulle province sono già stati decisi dal governo Monti e poi approvati dal parlamento: in particolare il cosiddetto “decreto salva-Italia” di un anno fa, convertito in legge nel dicembre 2011 (legge 214/2011). La legge modifica parecchio gli organi di governo delle province: la giunta provinciale viene abolita e rimangono solo il presidente e il consiglio, il quale può avere al massimo dieci membri. Il consiglio viene scelto dai comuni che compongono la provincia e il presidente deve essere un membro del consiglio.
Oltre a questo, il decreto “salva-Italia” ha modificato molto anche le funzioni delle province, riducendole: l’articolo 23 comma 14 dice che «Spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.» Tutte le altre funzioni al di fuori di questi “indirizzo e coordinamento” devono essere trasferite ai comuni, con provvedimenti presi dalle regioni.
In concreto, le province perderanno molto probabilmente le competenze nel campo scolastico e dell’edilizia scolastica, mentre non è chiaro che fine faranno le competenze nel campo del lavoro e della formazione professionale; è probabile che mantengano invece almeno parte delle competenze nel settore della viabilità e dell’ambiente, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Ad ogni modo, queste modifiche entrano in vigore entro la fine del 2012: le giunte provinciali che terminano il mandato oltre quella data arriveranno alla scadenza, dopo di che entreranno in carica i nuovi organi provinciali, non più eletti ma scelti dai comuni.
Sulla questione delle province, poi, era intervenuto anche il decreto del governo sulla revisione della spesa pubblica, la famosa spending review (convertita dal parlamento con legge n. 135 del 2012): in quel provvedimento la novità più rilevante, però, riguardava l’intenzione di accorparle, oltre ad inserirle nel programma di tagli dei trasferimenti insieme alle altre amministrazioni pubbliche.
Foto: Vincenzo Coraggio / LaPresse