Il Regno Unito risarcirà un dissidente libico
Sami al-Saadi venne rapito e portato in Libia, con l'aiuto del MI6: senza ammettere alcuna responsabilità, il governo britannico gli darà 2 milioni di sterline
Il governo inglese ha deciso di pagare oltre 2 milioni di sterline (circa 2,4 milioni di euro) alla famiglia di un importante dissidente libico che venne rapito con l’aiuto del MI6 (i servizi segreti esteri del Regno Unito) e deportato in Libia, dove rimase in carcere per anni subendo torture dai servizi di sicurezza di Muammar Gheddafi.
Dopo anni in cui era riuscito a scappare dagli agenti segreti di Gheddafi, l’allora 34enne Sami al-Saadi venne caricato a forza su un aereo a Hong Kong, nel 2004, con sua moglie e i loro quattro bambini. La figlia maggiore, Khadija, aveva 13 anni, mentre gli altri 6, 9 e 11. La famiglia Saadi venne portata in Libia, dove venne incarcerata. Mentre il resto della famiglia venne liberata, Sami al-Saadi venne trattenuto e torturato per anni.
L’operazione con cui venne rapito era frutto di un’operazione congiunta Stati Uniti-Regno Unito-Libia, nel periodo del cosiddetto “patto del deserto” tra Tony Blair e Muammar Gheddafi: l’incontro in Libia nel marzo 2004, molto contestato, all’interno della strategia di Gheddafi di miglioramento dei rapporti con l’Occidente.
La famiglia Saadi, che oggi risiede in Libia, ha accettato un pagamento da parte del governo britannico di 2,23 milioni di sterline, in forma di “compensazione”: l’accordo pone fine alla disputa legale iniziata dai Saadi alla fine del 2011 e non ammette formalmente alcun coinvolgimento o responsabilità nel rapimento. Le prove di un ruolo del Regno Unito nell’operazione, che è probabilmente l’unico caso in cui un’intera famiglia è stata vittima di un rapimento illegale (le extraordinary rendition frutto della collaborazione dei servizi segreti, conosciute in Italia soprattutto per il caso Abu Omar) emersero tra le carte degli uffici dei servizi segreti libici nel 2011, dopo la caduta di Gheddafi.