Il Regno Unito deve restare in Europa
L'articolo di copertina dell'Economist spiega perché uscire dall'Unione Europea sarebbe un disastro, mentre i politici britannici ne parlano sempre più spesso
L’articolo di copertina dell’Economist di questa settimana riguarda la possibilità che il Regno Unito esca dall’Unione Europea, di cui si discute molto nel paese da diversi mesi e ancora di più dopo la bocciatura da parte del Regno Unito dell’accordo sul cosiddetto fiscal compact. In un lungo editoriale, l’Economist cerca di spiegare perché lasciare l’Unione Europea sarebbe una pessima scelta per il Regno Unito. «Secondo un giornale liberale, scettico su molto di quello che ha fatto Bruxelles – scrive – l’uscita dall’Unione sarebbe una doppia tragedia».
L’Economist è un settimanale molto liberale in economia, settore in cui è più vicino ai conservatori rispetto ai laburisti, e l’articolo è indirizzato proprio al partito in cui sono più numerosi i cosiddetti «euroscettici» che vorrebbero abbandonare l’Europa. Non è un caso se l’editoriale comincia con una citazione di Margaret Thatcher, il più importante politico conservatore del dopoguerra: «la Gran Bretagna non sogna una confortevole e isolata esistenza ai margini della Comunità Europea».
In realtà, secondo l’Economist, sono sempre più numerosi gli inglesi che sognano proprio questo: organizzare ribellioni parlamentari contro l’Europa è sempre più facile, mentre l’euroscetticismo si consolida sempre di più nel partito conservatore. L’UKIP, un partito “indipendentista” britannico di estrema destra, fondato nel 1993 e fortemente anti-europeo, non è più isolato ai margini della vita politica e viene guardato con interesse proprio dai conservatori che sostengono il governo di David Cameron. L’UKIP è conosciuto fuori dal Regno Unito soprattutto per i discorsi al Parlamento europeo del suo leader, Nigel Farage, famoso per i suoi insulti a van Rompuy e diverse tirate violentemente antieuropee.
Anche il partito laburista, secondo il settimanale, in tempi recenti si è lasciato andare a questo crescente sentimento anti-europeo – un gioco che l’Economist chiama «cinico e pericoloso». Come l’ottobre scorso, quando ha votato insieme ai dissidenti del partito conservatore contro l’approvazione del bilancio dell’Unione Europea. Indire un referendum sul restare o meno nell’Unione Europea, quindi, sembra ormai questione di “quando”, più che di “se”.
I benefici, spiega il settimanale, ci sarebbero. Appena uscito dall’Unione, il governo del Regno Unito risparmierebbe circa 10 miliardi di euro all’anno di contributi al budget europeo. Senza la regolamentazione della Politica Agricola Comune, il prezzo del cibo probabilmente scenderebbe rapidamente. Una volta fuori dall’Unione si potrebbero abolire diverse direttive in materia di mercato del lavoro, liberalizzandolo. Infine, la City, cioè il sistema finanziario britannico, non dovrebbe più preoccuparsi della tendenza di Bruxelles a tassarlo e regolarizzarlo.
Secondo l’Economist, però, questi benefici sarebbero di gran lunga sopravanzati dai danni. Il punto principale è che uscendo dall’Unione, il Regno Unito abbandonerebbe l’area di mercato libero dove sono destinate metà delle sue esportazioni. I trattati di libero scambio di cui ora gode andrebbero rinegoziati uno per uno e da una posizione molto meno forte. Molte di quelle società europee che hanno scelto di risiedere nel Regno Unito, come produttori di auto, assicurazioni e società finanziarie, abbandonerebbero il paese.
Molti critici dell’Unione Europea, infatti, non sono favorevoli a un’uscita drastica. Alcuni guardano al caso della Svizzera, che gode di molti vantaggi per quanto riguarda il libero scambio, ma senza essere sottoposta alla regolamentazione europea. Ma l’Unione Europea si è già pentita di aver concesso così tanto alla Svizzera ed è molto difficile che conceda gli stessi vantaggi anche al Regno Unito – che è anche molto più grande. Altri suggeriscono di seguire la Norvegia, che fa parte dello Spazio Economica Europeo, ma questo significherebbe essere sottoposti a quasi tutte le regolamentazioni europee senza aver voce in capitolo per modificarle.
Queste soluzioni alternative, quindi, sono impraticabili oppure non risolverebbero il problema, rendendo soltanto più probabile l’eventualità di un’uscita dall’Unione Europea tramite un referendum. Per evitare quello che secondo il giornale sarebbe un disastro, l’unico modo è spiegare agli inglesi i vantaggi che ha portato l’Unione Europea e i rischi che comporterebbe abbandonarla. Anche se sarà difficile e umiliante, conclude l’Economist, la soluzione migliore è restare vicino all’Europa e cercare di influenzare maggiormente le sue decisioni in modo che siano favorevoli al Regno Unito.