Lettera a un figlio che occupa
Antonio Pascale scrive sul Corriere di somiglianze e differenze rispetto a quando a occupare era lui
Questa mattina il Corriere della Sera ha pubblicato in prima pagina la lettera che Antonio Pascale, scrittore e blogger del Post, ha indirizzato ai ragazzi che occupano le scuole. Pascale racconta somiglianze e differenze tra le occupazioni a cui partecipano i suoi figli e quelle a cui partecipava lui da giovane. Gli slogan, ad esempio, non sono cambiati, ma le reazioni dei genitori sì.
A un certo punto, nell’attesa, ho anche pensato di scrivere una lettera aperta a mio figlio e agli altri occupanti: cari ragazzi vi scrivo, del resto, il suddetto genere va di moda. L’antefatto: martedì 20 novembre e per circa una settimana, il liceo classico Manara è stato occupato. Mio figlio, IV ginnasio, ha occupato. Mica da solo. In quei giorni, il tema delle conversazioni con gli amici era: e i tuoi figli hanno occupato? Certo che sì! Bene, ottimo, giusto, e poi sono esperienze significative. Così commentavamo. Ora, buona parte dei miei amici fa il mio stesso lavoro: giornalista, scrittore, sceneggiatore, intellettuale in senso lato. E fin qui tutto bene. Allora, accade che alcuni miei amici vengono chiamati dal collettivo, cioè dai figli. Brivido. Processi alla classe intellettuale? No, in quanto scrittori, sceneggiatori, intellettuali ecc, gli si chiede un intervento, tipo lezioni alternative. Ah, bello, queste sì che sono esperienze significative per uno scrittore ecc. Bene, ho pensato, magari chiamano anche me. E appunto, nell’attesa, mi è venuta l’idea di scrivere la suddetta lettera. Avevo pensato un breve prologo, nel quale segnalavo somiglianze e differenze con le occupazioni degli anni passati. Per esempio, alcune parole d’ordine.
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