Le mine in Croazia
A che punto è lo sminamento del paese, vent'anni dopo la fine della guerra civile: servono ancora molto tempo e molti soldi
di Roberto Ceccarelli
La Croazia sarà libera dalle mine nel 2019. Così almeno secondo le stime del Croatian Mine Action Centre (CROMAC), l’ente di sminamento croato. A diciassette anni dalla fine della guerra e a un passo dall’ingresso nell’UE, previsto per il 2013, in Croazia si continua a fare i conti con un’eredità di bombe inesplose che ha causato negli anni una strage di civili. Dal 1991, riporta il centro di sminamento croato, 1.960 persone hanno avuto incidenti riconducibili alle mine. Tra queste, 506 sono rimaste uccise, 1.112 gravemente mutilate e 311 hanno subito lesioni considerate più lievi. A questi si aggiungono 60 morti tra gli addetti allo sminamento, per un totale di 202 incidenti avvenuti durante la “pulizia” del territorio.
A farne le spese, in misura maggiore, contadini, cacciatori e pescatori. Anche italiani, come Matteo Quattrini, agente della Polizia del mare di Ancona, morto nel 2007 su una mina antiuomo di tipo PROM-1, durante una battuta di caccia nelle campagne di Zara. Nonostante questa presenza minacciosa, la Croazia oggi è un paese sicuro. Nel senso che le infrastrutture, le rotte turistiche, le aree ricostruite e quelle di interesse sociale, negli anni, sono state messe in sicurezza.
Dai 13 mila chilometri quadrati del periodo post bellico, oggi, grazie al lavoro degli sminatori del CROMAC si è passati a 738 chilometri quadrati di area a rischio e si calcola che siano rimaste ancora attive circa 84 mila mine. Una presenza che richiede anche un forte impegno economico. «In totale», dichiara Mladen Crnković, direttore del Cromac, «avremo bisogno di 3,5 miliardi di Kuna, circa 500 milioni di euro. Sminare un metro quadrato di terreno costa dalle 7,00 alle 12,00 Kuna (da 1 a 1,5 euro) a seconda del metodo necessario per lo sminamento, che comprende l’operatore, il detector, l’utilizzo di cani addestrati e la configurazione del terreno».
Negli anni le donazioni per le operazioni di sminamento sono arrivate principalmente dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Germania, dal Giappone e dal Marocco, oltre che da donatori privati residenti in Croazia. Un aiuto importante dovrebbe venire dall’ingresso nell’UE, che dovrebbe garantire l’accesso ai fondi strutturali, compresi quelli per lo sminamento, i quali daranno impulso positivo all’economia.
Alle spalle di Zara, cento chilometri verso la capitale Zagabria, la contea di Lika-Senj è la zona ancora oggi più critica, con 153,7 chilometri quadrati di aree ancora da bonificare. Un paradiso naturalistico ai piedi del monte Velebit, il monte sacro della tradizione religiosa croata, con un crinale di 1758 metri a picco sul mare, fatto di parchi e zone protette.
Al centro della regione c’è Gospic, città martire della guerra, bombardata per mesi interi dall’artiglieria serba appostata sulle alture che la circondano. A Gospic passa l’A1, l’autostrada che dalle località costiere porta ai celebri laghi di Plitvice, patrimonio dell’UNESCO, dove i turisti arrivano in massa dopo aver percorso un lungo tratto di strada circondati da boschi e minuscoli villaggi. Proprio all’altezza di Gospic, si scorgono dall’autostrada i cartelli rossi con sopra il teschio che avverte dei campi minati. Nel capoluogo della Lika, durante la guerra, oltre l’80% delle case sono andate distrutte e nel centro della città ci sono ancora abitazioni recintate e segnalate con cartelli di pericolo.
Una presenza surreale, con cui i cittadini convivono da più di tre lustri. Qui, infatti, oltre ai colpi dell’artiglieria sono arrivate le bombe dagli aerei, le famigerate cluster munitions o bombe a grappolo (KB-1 bomblets), ordigni che si aprivano in aria, disseminando piccole mine sferiche in aree vastissime. Un’arma infame, messa al bando da un accordo firmato da 108 paesi a Dublino nel 2008, ma che ancora continuano a insanguinare diversi paesi nel mondo. Le operazioni di sminamento, qui, vanno avanti a rilento anche per via della neve, che da ottobre ad aprile ricopre il territorio in virtù dell’altitudine relativamente elevata.
Una città di passaggio, Gospic, dove si incrociano i due splendidi fiumi che solcano la regione, che merita a pieno titolo di diventare meta turistica. Da Gospic, infatti, si raggiunge il mare cristallino di Karlobag in trenta minuti di macchina, ma le acque limpide sono anche quelle dei placidi fiumi che scorrono in mezzo ai campi coltivati intorno alla città, i canyon sulla Lika da percorrere in canoa, le coloniche dichiarate monumento nazionale e la casa natale, oggi museo, di Nikola Tesla, un moderno centro multimediale dedicato al grande scienziato serbo-croato.
Le zone potenzialmente contaminate dagli ordigni, le “suspected hazardous area” (SHA), sono delimitate con 15.609 avvisi di pericolo sparsi in tutto il territorio croato. «Il Cromac, negli anni, è diventato un ente riconosciuto a livello internazionale per la grande esperienza acquisita nello sminamento – spiega il direttore Mladen Crnković – tanto da costituire un modello per quei paesi interessati dal problema in tutto il mondo. Abbiamo sviluppato un sistema denominato Mine Information System (MIS) e sul web garantiamo informazioni sulle aree sospette e sullo stato di avanzamento del programma di sminamento». Le informazioni del Cromac vengono pubblicate sul suo sito e sul portale del MIS con le mappe, le notizie e tutto ciò che riguarda l’attività dell’ente.