Chi arriva a San Vittore, chi se ne va
Adriano Sofri commenta l'arresto del cappellano del carcere e la decisione del Consiglio comunale di Milano di portare a San Vittore la Pietà Rondanini di Michelangelo
Adriano Sofri commenta su Repubblica due notizie di ieri: l’arresto del cappellano del carcere di San Vittore, accusato di concussione e violenze sessuali, e la decisione del Consiglio comunale di Milano di trasferire a San Vittore la Pietà Rondanini di Michelangelo.
Ci sono giorni segnati da un destino. Ieri il Consiglio comunale milanese ha preso la decisione di trasferire la Pietà Rondanini nella rotonda del carcere di San Vittore. Ieri è stato arrestato per concussione e violenze sessuali il cappellano del carcere di San Vittore. Un doppio movimento, uno che va verso il carcere, uno che ne è respinto.
Nelle sculture di Michelangelo, specialmente dove è più forte il non finito, è un doppio movimento a farsi sentire: la figura vuole uscire dal blocco di marmo – sprigionarsene, divincolarsene – e rientrarvi, esserne riassorbita. Qualcuno ha storto il naso di fronte alla decisione del trasloco dal Castello Sforzesco a una galera, e si è spinto fino a immaginare che “Michelangelo si rivolta nella sua tomba”. Idea indebita, perché all’autore dei Prigioni fiorentini e di questa estrema Pietà che evade dalla pietra e si rifà pietra, una rotonda di carcere sovraffollato si addice come il più solenne dei templi. Il cappellano di San Vittore avrebbe dunque detto messa ai piedi di quel monumento sublime: gran premio a una scelta umile. Non è stato alla sua altezza, e nemmeno all’altezza propria, di quella dedizione al suo prossimo incarcerato che dichiarava, e magari con una sua storta convinzione. Avrà bisogno di una difficile pietà anche lui.