La prossima sarà la Francia?
Secondo l'Economist, l'economia francese è una "bomba a orologeria" che può fare danni seri in Europa, in tempi brevi
Sulla copertina dell’Economist di questa settimana c’è una bomba fatta di baguette, uno dei simboli della Francia. La bomba fatta di baguette indica appunto quella che, secondo il settimanale britannico, rappresenta la prossima e più grave minaccia per l’economia europea, cioè l’economia francese: un problema che potrebbe essere addirittura più grande, per la zona euro, di quello rappresentato dai bilanci di Portogallo, Grecia, Spagna e Italia.
La Francia è uno dei paesi che hanno combattuto di più negli ultimi mesi perché l’euro si rafforzasse: il presidente François Hollande è stato spesso in contrasto con Angela Merkel, il cancelliere tedesco, perché venissero aiutati i paesi in difficoltà e perché fosse adottato il “fondo salva stati” permanente (che oggi c’è, più o meno, e si chiama ESM). Anche se l’andamento sul mercato dei titoli di Stato della Francia ha avuto un percorso molto più agile rispetto a Italia e Spagna, con un livello dello spread basso (il differenziale con i titoli di stato tedeschi a dieci anni) e quindi tassi d’interesse relativamente bassi da pagare, l’economia francese rimane molto vulnerabile.
Secondo l’Economist ci sono dei punti di forza su cui il paese può ancora contare, anche se negli ultimi anni la Francia ha perso sempre di più competitività rispetto alla Germania, senza fare tagli alla spesa pubblica così da poter risparmiare sui costi. Soprattutto però non ha approvato le riforme strutturali necessarie a ridare vigore all’economia.
La prima manovra finanziaria di Hollande, dopo l’elezione del maggio scorso, è stata perciò tra le più imponenti, a livello europeo: 30 miliardi di euro per due anni, di cui 20 miliardi di nuove tasse e 10 miliardi di tagli alla spesa pubblica. In base alle stime del governo, l’anno prossimo il PIL (Prodotto Interno Lordo) dovrebbe crescere dello 0,8 per cento e il rapporto tra debito e PIL sarà del 91,3 per cento. Ma non è escluso che l’ultima parte dell’anno sia in recessione.
(L’eurozona è tornata in recessione)
Come per altri paesi europei in difficoltà economica, anche la Francia non ha potuto in questi anni svalutare la propria moneta per rendersi competitiva, facendo ricorso alla spesa pubblica e aumentando il debito. In passato, questo è stato un meccanismo utilizzato molto spesso dall’Italia, che aveva una moneta quindi molto debole (la lira): ma da quando è stata adottata la moneta unica, né l’Italia né nessun altro paese dell’eurozona ha più potuto ricorrervi.
Di conseguenza in Francia la ricchezza dello Stato è diminuita e, dal 1981 a oggi, il debito pubblico è passato dal 22 per cento al 90 per cento del PIL. A livello interno le imprese francesi sono state appesantite da una crescente e rigida regolamentazione sul lavoro, con tasse molto alte e un costo del lavoro tra i più alti d’Europa. Non a caso, il numero delle nuove imprese è rimasto molto basso negli ultimi anni.
Bisogna considerare anche che il settore industriale francese è caratterizzato da poche piccole e medie imprese, che oggi rappresentano una delle soluzioni per creare dei posti di lavoro: la disoccupazione in Francia è al 10 per cento e quella giovanile al 25 per cento. Molti imprenditori hanno deciso di lasciare il paese, soprattutto per alcune delle misure economiche decise da Hollande, come l’aliquota (temporanea) del 75 per cento per chi guadagna oltre un milione di euro all’anno, un aumento delle tasse sulle imprese, sulle plusvalenze e sui dividendi, l’innalzamento dei salari minimi e una frenata sull’innalzamento dell’età pensionabile. Tutte misure che non sono piaciute agli imprenditori francesi.
Il Partito Socialista, di cui fa parte Hollande, viene visto sempre di più come un antagonista ed è considerato poco moderno e particolarmente ostile al mondo del capitalismo. In base a queste considerazioni, secondo l’Economist la Francia potrà rappresentare il maggiore pericolo per la stessa sostenibilità dell’economia europea, data la sua importanza a livello economico e politico. I due ostacoli principali che hanno frenato l’economia francese nell’ultimo decennio sono gli stessi che potrebbero creare un buco ancora più grosso in futuro: a livello interno, la mancata approvazione delle riforme strutturali sul debito, il deficit e per aumentare la produttività e la competitività, a livello europeo se continuerà a negare di voler cedere parte della propria sovranità all’Unione Europea, per le riforme necessarie soprattutto a livello bancario.
«A meno che Hollande mostri di essere seriamente impegnato a cambiare la strada che il suo paese ha intrapreso negli ultimi 30 anni, la Francia finirà per perdere la fiducia degli investitori e quella della Germania. Come molti paesi della zona euro hanno scoperto, l’atteggiamento dei mercati può cambiare velocemente […]. La crisi potrebbe colpire già il prossimo anno.»
La stampa francese ha dato un certo spazio alla copertina e la reazione del governo francese a queste critiche non è stata buona, oscillando tra l’ira e la voglia di sminuire l’opinione del settimanale britannico. Il ministro per l’industria Arnaud Montebourg ha detto alla radio Europe 1 che «onestamente, l’Economist non si è mai distinto per il suo equilibrio. È il Charlie Hebdo della City», riferendosi a un noto periodico satirico francese. Il primo ministro francese Jean-Marc Ayrault ha detto che l’Economist sta solo cercando di esagerare per vendere più copie.