I grandi affari del meteo in Italia
Li racconta oggi Ettore Livini su Repubblica, spiegando che la forte concorrenza tra chi fa previsioni porta spesso alla diffusione di notizie non accurate
Oggi su Repubblica Ettore Livini racconta come funziona il sistema delle previsioni meteorologiche in Italia. Da materia scientifica, affidata in primo luogo agli esperti dell’Aeronautica, negli ultimi anni il meteo è stato spettacolarizzato ed è diventato una grande fonte di guadagno per chi se ne occupa. Il secondo sito di informazione in Italia dà esclusivamente le previsioni del tempo, e la forte concorrenza tra chi pubblica informazioni sul meteo porta spesso a storture e alla diffusione di notizie non accurate.
Temporali che evolvono in micidiali “bombe d’acqua”. Oneste perturbazioni promosse a “cicloni mediterranei”. Con tanto di nome di battesimo come i devastanti cugini a stelle e strisce – Lucifero, Minosse o Circe – e séguito di migliaia di devoti fan online. Il meteo tricolore è entrato nel mondo un po’ hollywoodiano dello show-business. Il primo a fiutare il vento è stato Emilio Fede, sfrattando dal video Mario Giuliacci e affidando isobare & C. alla professionalità delle Meteorine. Oggi il Tg4 ha fatto proseliti e le previsioni del tempo – una volta una scienza (quasi) esatta per graduati dell’aeronautica – sono diventate una branca del mondo dello spettacolo. Macinano share (in tv arrivano al 30 per cento di audience), clic (IlMeteo. it è il secondo sito italiano d’informazione) e fanno soldi. Tanti soldi. Risultato: il profumo del denaro ha trasformato il Belpaese in una nazione dove oltre alle alluvioni – sempre più frequenti – piovono migliaia di bollettini in tutte le salse. E le nuove Cassandre dell’anticiclone hanno scatenato una guerra senza esclusione di colpi contro le “vecchie glorie” dell’era Bernacca. “L’eccezionale acqua alta di 150 cm. a Venezia è stata prevista con precisione e una settimana prima da noi rispetto al centro maree (pubblico). Senza gravare sulle tasche dei cittadini!”, festeggiava nei giorni scorsi IlMeteo. it. Quanto sono affidabili i nuovi oracoli del clima a scopo di lucro? Quanto guadagnano? E quanto danno fanno (se ne fanno) con il loro sensazionalismo al lavoro di chi deve prevenire davvero sul territorio i disastri atmosferici veri e non quelli presunti?
Il risiko delle previsioni tricolori è una sfida quotidiana a colpi di bollettini. Fatta di previsioni sballate come le “bombe d’acqua” preannunciate da un sito a fine agosto su Genova (fresca delle ferite dell’alluvione 2011) e smentite – correttamente, si è visto dopo – a stretto giro di posta dall’Arpa Liguria per tranquillizzare la popolazione. O da preallerta esagerati – con il senno di poi è facile dirlo – come quello del “ciclone” Cleopatra. Atteso con le sue piogge torrenziali (e con le scuole chiuse) da molti Comuni della costa campana per il 16 ottobre. Giorno in cui invece gli alunni di Torre del Greco e Portici hanno potuto giocare a pallone in strada sotto uno splendido sole.
Quali sono le forze in campo in questa guerra del meteo? Si tratta di due eserciti ben distinti tra di loro. Da una parte la storia “istituzionale” del clima tricolore, il centro dell’Aeronautica militare. Incaricato da decenni non solo di “garantire il 90 per cento del contributo italiano al meteo mondiale”, come rivendica con orgoglio il colonnello Luigi De Leonibus, responsabile del servizio, ma anche di affiancare la Protezione civile e alcune Arpa (Emilia e Piemonte) nella prevenzione delle emergenze. Dall’altra c’è il mare magnum del meteo-show.
Se l’attendibilità delle previsioni si misurasse con le risorse spese per farle, l’esito del conflitto sarebbe scontato. La Difesa schiera otto centri di radiosondaggi per analisi sino alla troposfera, centinaia di stazioni di rilevamento locali più 900 persone dedicate, tra cui 120 meteorologi “con laurea specialistica, corso post-laurea e certificazione dell’Organizzazione meteorologica mondiale”, spiega De Leonibus. Costo per lo Stato: 75-80 milioni l’anno. Le previsioni fai-da-te sono elaborate invece da strutture più snelle. “Noi siamo in 14 tra cui tre o quattro meteorologi (in Italia non serve alcun requisito per autoproclamarsi professionista nel campo, ndr.)” dice Antonio Sanò, numero uno di Il Meteo. it. Ai bollettini di 3BMeteo, che fornisce servizi a Repubblica, lavorano 15 dipendenti. E i loro investimenti si misurano nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro l’anno. Quisquilie.