Gaza e Israele, la giornata di ieri
Israele dice di avere colpito centinaia di "siti di lancio dei missili" e che circa 140 razzi provenienti dalla Striscia sono esplosi in territorio israeliano: le foto e le notizie di oggi
18.00 – Le agenzie di stampa riportano che a Tel Aviv sono suonate le sirene di allarme antimissile e che si è sentita un’esplosione. Più tardi l’esercito israeliano ha smentito che nella zona della città siano esplosi razzi. Le autorità israeliane hanno deciso di chiudere le scuole, venerdì, in tutti gli insediamenti che si trovano entro 40 km di distanza dalla Striscia.
Aggiornamento, 17.00 – L’esercito israeliano ha dichiarato che oggi sono stati colpiti oltre cento “siti di lancio dei missili” nella Striscia di Gaza, circa 230 in totale dall’inizio dell’operazione militare “Colonna di difesa”. L’offensiva, portata avanti principalmente tramite attacchi aerei, ha causato 15 morti tra i palestinesi, secondo quanto riporta Haaretz citando un’agenzia di stampa palestinese. Per tutta la giornata di oggi sono stati lanciati missili dalla Striscia verso gli insediamenti israeliani vicini, causando tre morti a Kiryat Malakhi. Secondo l’esercito israeliano circa 140 razzi provenienti dalla Striscia sono esplosi in territorio israeliano, 90 dei quali sarebbero stati intercettati prima di toccare terra. In Egitto, centinaia di persone hanno manifestato al Cairo vicino alla sede della Lega Araba, in segno di protesta contro l’attacco israeliano: le manifestazioni più partecipate, sostenute tra gli altri dai Fratelli Musulmani, sono attese per domani.
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Giovedì mattina a Gaza tre persone sono state uccise e molte sono rimaste ferite durante le operazioni militari di Israele contro Hamas, portate avanti con l’uso di carri armati che operano da oltre i confini della Striscia, navi da guerra e soprattutto bombardamenti dall’alto.
Subito dopo l’uccisione del leader dell’ala militare di Hamas, Ahmed Said Khalil al-Jabari, avvenuta ieri, l’aviazione israeliana ha lanciato attacchi aerei contro almeno cento obiettivi militari di Hamas – dai lanciarazzi alle strutture di addestramento dell’organizzazione – che sono continuate fino a giovedì mattina. Finora l’operazione ha ucciso a Gaza almeno 13 persone, tra cui il figlio di undici mesi di Jihad Misharawi, un impiegato del servizio in arabo della BBC. Anche il fratello di Misharawi è stato gravemente ferito durante i bombardamenti e la cognata è stata uccisa.
In risposta, oltre 100 razzi sono caduti sul territorio israeliano provenienti dalla Striscia di Gaza: questa mattina uno di questi ha ucciso tre persone. L’operazione avviata ieri dalle forze armate israeliane si chiama “Pilastro di difesa” ed è iniziata dopo alcuni giorni di violenti scontri tra forze armate israeliane e miliziani palestinesi ai confini di Gaza. L’obiettivo principale dichiarato degli attacchi di ieri erano le strutture di Hamas da cui venivano lanciati razzi a lungo raggio (oltre 40 km) contro gli insediamenti dell’Israele meridionale. Il governo di Israele sta votando in queste ore per autorizzare il richiamo dei riservisti dell’esercito, mentre già da ieri ufficiali israeliani hanno detto che in caso di «necessità» potranno essere avviate anche operazioni militari di terra nella Striscia.
Sul fronte della diplomazia internazionale, mercoledì notte si è tenuta una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, conclusa senza nessuna decisione su come affrontare la situazione. Il presidente statunitense Barack Obama ha telefonato al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, convenendo sulla necessità che Hamas ponga fine ai suoi attacchi contro Israele, e con il presidente egiziano Mohammed Mursi, con cui si è detto d’accordo sul lavorare per riportare la situazione alla normalità il più presto possibile.
In un discorso alla nazione, Mursi ha detto che «è dalla parte del popolo palestinese per terminare l’aggressione di Israele a Gaza». L’Egitto ha ritirato ieri sera il proprio ambasciatore in Israele, mentre i Fratelli Musulmani stanno organizzando grandi manifestazioni davanti alle principali moschee del paese alle tre del pomeriggio di oggi, per chiedere al governo di interrompere tutte le relazioni diplomatiche e commerciali con Israele. È probabile che anche domani ci siano nuove manifestazioni (venerdì è il tradizionale giorno delle manifestazioni nei paesi arabi).
Con l’uccisione di Jabari è ripresa la politica militare israeliana di uccidere i capi delle milizie armate palestinesi, che era quasi sospesa dal 2009. Jabari era tra i maggiori ricercati da parte di Israele: si tratta dell’esponente di Hamas più importante ad essere ucciso a Gaza dalla fine dell’operazione militare israeliana “Piombo fuso”, tra dicembre 2008 e gennaio 2009. Jabari era accusato di una serie di azioni terroristiche e del rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit nel 2006, liberato poi nel mese di ottobre dell’anno scorso.
Come scrive il blog The Lede del New York Times, insieme all’attacco contro Gaza l’esercito israeliano ha iniziato «un’offensiva sui social media». Da un lato, l’esercito (Israeli Defense Force, IDF) ha annunciato l’inizio di una nuova «ampia campagna» contro Hamas e ha inviato messaggi minacciosi ai suoi leader, dall’altro ha difeso le proprie azioni, parlando ad esempio di operazioni molto mirate e tese a difendere la popolazione israeliana del sud del paese. “Pilastro di difesa” ha anche il suo liveblog ufficiale sul sito dell’esercito.
L’aggressività di questa campagna sui social media, che è passata per la maggior parte attraverso l’account Twitter ufficiale dell’IDF, si può vedere da un poster come questo, un’immagine di Jabari con la scritta “Eliminated” in sovraimpressione. Almeno in un caso, ai messaggi bellicosi dell’IDF ha risposto l’account delle Brigate al-Qassam, la formazione militare di Hamas che era comandata da Jabari:
@idfspokesperson Our blessed hands will reach your leaders and soldiers wherever they are (You Opened Hell Gates on Yourselves)
— Alqassam Brigades (@AlqassamBrigade) Novembre 14, 2012
Da parte sua, anche l’account delle Brigate al-Qassam ha iniziato a pubblicare informazioni sui propri attacchi e minacce verso l’esercito di Israele.