Il confronto tra le Telco e gli OTT
Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia, spiega come si devono muovere le aziende come la sua per competere con Facebook, Google e Skype
di Marco Patuano*
Né nudi operatori di connettività indifferenziata, né fornitori “impacchettati” nei bundle di servizio dei grandi player di Internet: gli operatori di telecomunicazioni (Telco) tornano ad avere un’enorme opportunità di crescita grazie all’evoluzione delle reti di nuova generazione, ma devono rivedere le proprie strategie. In questo articolo vorrei evidenziare come la sfida della “co-opetition” tra le Telco e i grandi attori del mondo Internet cambierà gli equilibri di mercato: partendo da una comparazione strutturale tra i diversi player, si discuteranno le opzioni strategiche a disposizione delle Telco per aprire nuovi spazi nel mondo dei servizi “over the network”.
La differenza strutturale tra Telco e OTT
I cosiddetti Over-The-Top¹(OTT), quali Google, Yahoo!, Facebook, YouTube, Skype, sono attori profondamente diversi rispetto alle tradizionali aziende Telco, con i quali si pongono chiaramente in una relazione di “co-opetition”. I servizi di un OTT possono infatti essere sia complementari rispetto ai servizi di connettività offerti dalle Telco (si pensi a una piattaforma di social networking), sia sostitutivi rispetto ad analoghi “servizi a valore aggiunto” da queste ultime forniti insieme alla connettività, quali la messaggistica e la posta elettronica, lo storage di dati o la stessa telefonia vocale.
Gli OTT presuppongono l’esistenza delle infrastrutture e dei servizi di base di un operatore Telco per poter fornire i propri servizi. Questi ultimi, tuttavia, non costituiscono tecnicamente “valore aggiunto” rispetto ai servizi di un operatore Telco, in quanto economicamente separati dai servizi di connettività di base, nonché offerti con modalità diverse a soggetti economici differenti. Un semplice esempio: mentre la connettività ADSL offerta da una Telco è pagata dalla famiglia, i servizi di posta elettronica usati dalla madre o quelli di social network utilizzati dal figlio sono normalmente gratuiti, essendo sussidiati da inserzionisti pubblicitari. Gli OTT separano la responsabilità dell’erogazione del proprio servizio da quella del trasporto dei pacchetti dati sulla rete, che rimane affidata alle Telco. Il loro business model si è finora basato essenzialmente sul principio del “best effort” da parte delle Telco nel trasporto e nella connettività, mentre l’OTT ha mantenuto la responsabilità sui punti estremi del processo di servizio, ovvero l’interfaccia utente da un lato e i servizi applicativi dei propri server posti in “cloud” dall’altro. Dal punto di vista dell’economia industriale, le Telco sono oligopoli locali, legati ai diversi specifici territori nazionali dove essi dispongono di infrastrutture fisiche (es. la rete d’accesso in rame o in fibra) e/o licenze di utilizzo dello spettro mobile.
I principali OTT sono invece monopoli naturali globali, veri e propri “standard” diventati tali grazie allo sfruttamento strategico delle esternalità di rete.
I primi sono fortemente influenzati, sia nelle scelte industriali sia negli obblighi di servizio, da vincoli regolatori spesso diversi nelle varie nazioni nelle quali operano; i secondi godono di molte libertà e vantaggi derivati dalla sostanziale extraterritorialità, sia legale sia fiscale.
Queste profonde differenze strutturali tra OTT e Telco contribuiscono a spiegare le grandi diversità nei risultati economico-finanziari. Usando come fonte i bilanci pubblici per il 2011, andremo a confrontare i primi 5 operatori Telco occidentali (AT&T, Verizon, Telefonica, DT, Vodafone, con l’aggiunta – a scopo comparativo di Telecom Italia, ma escludendo gli operatori cinesi e indiani per non falsare il confronto) con i primi 5 OTT “puri” (Google, Yahoo!, Facebook, YouTube, Skype).
• Iniziamo dai ricavi, dove gli OTT risultano 10 volte più piccoli, ma 30 volte più dinamici delle Telco. Confrontando gli OTT con le Telco si evince che i primi sono (relativamente) inferiori sia in valore assoluto, sia in termini aggregati. Solo Google, il maggiore tra gli OTT “puri” del nostro campione, ha un fatturato (27,2 Mrd. €) comparabile con quello delle principali Telco occidentali, tra i quali si registrano fatturati che vanno dai 53,6 Mrd. € di Vodafone fino ai 91,1 di AT&T (Telecom Italia nel 2011 superava Google, con ricavi per 30,0 Mrd. €). Il confronto diventa ancora più impressionante se ci si riferisce agli altri OTT: Yahoo! ha un fatturato di 3,6 Mrd. €, Facebook di 2,7 Mrd. €, YouTube (stand alone) di 1,5 Mrd. €, mentre Skype non raggiunge 1 Mrd. €. In termini aggregati (vedi Tabella 1), la sproporzione è ancora più evidente: la somma dei fatturati dei primi 5 operatori Telco mondiali (AT&T, Verizon, Telefonica, DT, Vodafone) è pari a 345,9 Mrd. €, mentre quella dei primi 5 OTT è 35,9 Mrd. €, con un rapporto di quasi 10:1.
Il confronto cambia radicalmente se si guardano i tassi di crescita dei ricavi: le Telco nel biennio 2010-2011 hanno oscillato tra il -4% ed il +4% (dove la crescita è quasi tutta dovuta ai mercati emergenti, a fronte di una contrazione fatta registrare in Europa), contro le performance impressionanti fatte registrare dagli OTT, tra i quali spiccano YouTube (+85,4%) e Facebook (+62,6%). La crescita media ponderata (+24,4%) dei primi 5 operatori OTT, pur tenendo conto della performance negativa fatta registrare da Yahoo!, è oltre 30 volte l’analogo valore dei primi 5 Telco (0,8%).
Per poter meglio chiarire il quadro di settore, l’analisi va tuttavia estesa ad alcuni altri indicatori finanziari e patrimoniali, quali gli investimenti, la generazione di cassa e il livello di indebitamento.
• In termini d’investimenti (Capex = Capital Expenditure) il confronto è complesso per le differenti politiche di capitalizzazione dei costi di R&S di alcuni soggetti di quest’analisi. Ci limiteremo quindi a un sottoinsieme relativamente confrontabile: gli investimenti delle prime 5 Telco rispetto al fatturato sono relativamente omogenei e oscillano tra il 14,3% di DT e i 16,6% di Vodafone, con punte pari a 6,1 Mrd. €) nel caso di Telecom Italia (16,3% se si escludono gli investimenti in licenze LTE) e sono molto concentrati nella realizzazione fisica delle reti e nei sistemi software di supporto; in valore assoluto, si va dagli 8,4 Mrd. € di DT ai 14,6 Mrd. € di AT&T. I maggiori 5 OTT, invece, investono in valore assoluto per un ordine di grandezza inferiore rispetto alle corrispondenti Telco: 3,4 Mrd. € contro 53,8 Mrd. €, pari a un rapporto 1:16 circa. Google con 2,5 Mrd. € investe circa 6 volte più di Facebook e Yahoo!. In termini percentuali, il rapporto tra i Capex e il fatturato dei primi 5 OTT è del 9,4%, mentre quello delle prime 5 Telco è del 15,6%, pari al 170% dell’analogo valore degli OTT.
• Osservando la generazione di cassa (approssimata con la differenza tra EBITDA e Capex), i primi 5 operatori telefonici oscillano, in valore assoluto, tra i 7,9 Mrd. € di Vodafone e i 14,9 Mrd. € l’anno di AT&T (Telecom Italia ha prodotto 7,4 Mrd. € di FCF nel 2011), contro i 9 Mrd. € di Google e 1,1 Mrd. € di Facebook. In termini percentuali, gli OTT evidenziano una straordinaria capacità di generare cassa rispetto al fatturato: nel campione analizzato, la media ponderata è del 31,1%, quasi il doppio del corrispondente campione di Telco (16,4%).
• L’ulteriore dato significativo è la posizione finanziaria netta dei differenti soggetti: le principali Telco sono fortemente indebitate in valore assoluto (da -30 a -60 Mrd. € alla fine del 2011), benché con rapporti sul fatturato o sul FCF che non prefigurano situazioni di crisi strutturale (quasi tutti sotto 3:1 in rapporto all’EBITDA). Gli OTT sono tutti a posizione finanziaria netta positiva, con Google che è seduto sopra un forziere di cassa di circa 30 Mrd. € a metà 2012 e Facebook, dopo la quotazione, può contare su oltre 8 Mrd. €.
La sintesi della comparazione economico-finanziaria è la seguente: le Telco sono aziende molto grandi in valore assoluto, ma non crescono; generano ancora significativi flussi di cassa ma devono investire molto (prospetticamente moltissimo, in vista delle reti di nuova generazione) e sono molto indebitate. Buona parte dei loro ricavi viene da mercati (p.es. il traffico voce) sotto attacco di prezzo e di sostituzione tecnologica. Le Telco infine sono soggette a sistematici rischi regolatori, che in questi tre lustri ne hanno fortemente limitato le possibilità di manovra; esse tuttavia non potranno smettere di investire in modo ricorrente nei prossimi anni. È evidente quindi che i loro multipli di valutazione finanziaria siano nettamente inferiori rispetto a soggetti che – benché più piccoli – crescono di più, hanno minori livelli d’investimento, generano moltissima cassa e hanno una forza finanziaria notevole, e che finora sono caratterizzati da minori e più dispersi rischi regolatori.
È utile anche un breve accenno ai player “ibridi” che interagiscono a livello globale con Telco e OTT, come Apple, Samsung e Nokia, sul fronte consumer electronics, nonché attori del mondo dei servizi IT on cloud, quali Microsoft, IBM e Amazon. Tutti hanno dimensioni di giro d’affari molto significative, che vanno dai 51,8 Mrd. € di Microsoft, ai 76,8 Mrd. € di IBM e ai 77,8 Mrd. € di Apple, fino ai 107 Mrd. € di Samsung (dei quali circa 35 riferibili al mercato degli handset per telefonia e internet). Nel primo gruppo, i livelli assoluti di Capex sono molto elevati: Samsung investe oltre 14 Mrd. € su un portafoglio di attività molto ampio, Apple dichiara investimenti per 5,5 Mrd. €. Impressionanti le cifre di generazione di cassa di Apple (oltre 20 Mrd. €, il quadruplo di Samsung) ma anche quelli di Microsoft (19,9 Mrd. €) e IBM (15,5 Mrd. €). Tutti i player ibridi hanno una posizione finanziaria netta positiva, con il caso particolare di Apple che a metà del 2012 poteva contare su una posizione di cassa record pari a circa 90 Mrd. €.
In questo contesto di “co-opetition” globale, per poter stare al passo con le potenzialità derivanti dagli effetti di complementarità spinti dalla rapida crescita degli OTT e contemporaneamente difendersi dai rischi di sostituzione e di commoditizzazione dei propri servizi, le Telco devono uscire dalla trappola della bassa crescita, indirizzando il proprio enorme flusso d’investimenti verso un nuovo modello di business. Vediamo come.
Il percorso evolutivo del business model delle Telco
Siamo abituati a pensare alle Telecomunicazioni secondo una classica differenziazione basata sulla tipologia di accesso alla rete, ovvero separando TLC fisse (wired) e TLC mobili (wireless). Se da un lato è innegabile che le tecnologie d’accesso siano differenti, il comprendere che questa distinzione sia oggi superata è fondamentale per comprendere l’evoluzione nella ripartizione del valore tra le Telco e gli altri player del complesso ecosistema delle TLC. Sino a oggi i servizi offerti dagli operatori TLC ai clienti, benché con differenti reti d’accesso, erano in ultima analisi gli stessi, come rappresentato nel Grafico 1.
Nel corso del tempo si sono manifestati due grandi fattori evolutivi di questo business model:
1. Un’innovazione tecnologica guidata da due fattori concomitanti e interagenti nello sviluppo:
• La migrazione delle reti verso protocolli “Full IP”
• Lo sviluppo delle tecnologie di cloud computing
2. Un radicale cambiamento nei bisogni dei clienti:
• La forte differenziazione tra i bisogni dei clienti “consumer” e dei clienti “impresa”, le cui necessità in termini di prestazioni richieste e di servizi accessori alla prestazione (fatturazione, customer care, assistenza post vendita, necessità di personalizzazione, ecc.ecc.) tendono a divergere in modo molto significativo;
• L’evoluzione non esplicitata del concetto di telefonia mobile/fissa in telefonia “dell’individuo”/”del luogo”
I due elementi fondamentali dell’ondata d’innovazione tecnologica sono rappresentati dal fatto che tutte le reti (fisse e mobili) migrano verso protocolli “Full IP”, ovvero nativamente basati sul protocollo di comunicazione che è alla base di Internet; inoltre le tecnologie di cloud computing subentrano pervasivamente nell’erogazione dei servizi ai clienti.
Proviamo a rappresentare molto sinteticamente in un grafico le caratteristiche di questo nuovo ambiente tecnologico:
Il nuovo scenario tecnologico permetterà la realizzazione di ciò che si attendeva da anni, ovvero la convergenza fisso-mobile. Ciò che le Telco tuttavia hanno faticato a comprendere è che tale convergenza non avviene sui servizi tradizionali, bensì su due nuovi livelli:
1. le infrastrutture industriali (il layer di trasporto dei dati sulla fibra);
2. i servizi applicativi basati sul cloud.
Il primo livello è cruciale nella progettazione delle reti di nuova generazione (“next generation networks”, NGN). E’ importante sottolineare il plurale: non esiste un’unica rete di nuova generazione ma un insieme di reti di nuova generazione il cui elemento comune è rappresentato dall’utilizzo della fibra nelle reti di trasporto e di “backhauling” (ovvero il segmento di rete che unisce i nodi d’accesso alle dorsali di trasporto), e dall’utilizzo delle soluzioni di volta in volta più efficienti per soddisfare le esigenze dei clienti finali nelle reti di accesso.
Sul secondo livello, la convergenza determinerà la necessità che le NGN interagiscano, tramite specifiche nuove funzionalità, con le applicazioni che risiedono nelle piattaforme cloud. Per determinare tali funzionalità occorre ricollegarsi all’evoluzione dei bisogni dei clienti, giacché differenti necessità troveranno risposta in differenti soluzioni applicative, ciascuna delle quali richiederà specifici livelli e qualità di servizio (QoS, “Quality of Service”) da parte delle reti NGN.
Le Next Generation TLC per i clienti Consumer
A dispetto delle apparenze, la grande massa dei clienti consumer ha esigenze tendenzialmente standardizzate in un ridotto numero di clusters, e spesso “usano i servizi” più di quanto “conoscano il funzionamento dei servizi”: in genere, molti dei consumatori finali, pur usando servizi innovativi, ignorano in larga misura le dinamiche tecnologiche ad essi sottostanti.
L’evoluzione dei fabbisogni di connettività individuale ha avuto una forte accelerazione negli ultimi anni grazie alla diffusione dei nuovi smartphone e tablet che sono in grado di connettersi sia tramite punti di accesso fissi sia tramite rete mobile. I nuovi device utilizzano un’architettura applicativa basata su “app” installate direttamente sulla memoria locale dell’apparecchio, ma legate ai sottostanti servizi su piattaforma cloud, spesso in modo del tutto inconsapevole da parte dell’utilizzatore finale. Per rendersene conto basta domandare a un utente medio se conosce il cloud computing. La risposta sarà molto vaga se non addirittura negativa. Chiedendo tuttavia allo stesso soggetto se conosce o utilizza Gmail o Facebook, che sono servizi forniti in modalità cloud, la risposta è quasi certamente positiva.
Quanti servizi utilizzati dal mercato consumer vengono erogati grazie all’interazione tra una rete d’accesso e un’applicazione cloud based? Questo è ciò che gli OTT hanno capito in anticipo, mentre invece le Telco hanno fatto fatica a comprendere, ed è altresì uno dei motivi per cui i tassi di crescita degli OTT sono molto superiori a quelli delle Telco. Essendosi limitate a presidiare la parte di trasporto dei dati e avendo lasciato ad altri il compito di sviluppare i servizi derivanti dall’utilizzo delle reti, le Telco si sono venute a trovare in una situazione di debolezza, subendo la pressione (sociale prima che economica e regolatoria) ad aumentare la performance delle proprie reti senza avere visibilità sulla remunerazione degli investimenti necessari a tale incremento di prestazioni.
Dato l’ineludibile avvento delle reti a banda ultralarga (fissa e mobile), come garantire il ritorno sui cospicui investimenti necessari nei prossimi anni? In altre parole, quale dovrà essere il modello di business delle Telco sul mercato consumer? La risposta dovrà essere basata più sull’analisi dei bisogni che sull’analisi delle tecnologie: gli OTT sono eccellenti nell’erogare servizi indifferenziati, su scala globale, in modalità gratuita o semi-gratuita e “un-managed” (servizio agli utenti prossimo allo zero, nessuna assistenza, limitate possibilità di agire “localmente”) senza alcuna possibilità di garantire il servizio “end-toend”: nella loro funzione di Over-the-top, infatti, si appoggiano sulla rete e non interagiscono con essa. Le Telco, al contrario, hanno i propri punti di forza nella prossimità al cliente e nella capacità di controllare il servizio “end-to-end” in modalità “managed”. Le Telco quindi potranno e dovranno occupare gli spazi di mercato in cui un servizio “managed end-to-end” rende decisamente superiore l’esperienza utente.
Mentre non avrebbe senso per le Telco tentare di ricreare una piattaforma in competizione con Facebook, molti altri servizi specifici delle reti NGN sarebbero complementari agli OTT e certamente alla portata delle Telco: si pensi alle piattaforme di “content distribution” sia per il video sia per altri contenuti premium; ai sistemi di autenticazione e secure storage; alle enhanced communication suites basate su tecnologie a bassa latenza (low-latency-solutions) per applicazioni quali gaming, o videoconferenze in alta definizione.
Questo approccio, orientato sia a generare nuove fonti di ricavi sia a proteggere quelle esistenti, dovrà portare le Telco a puntare su nuovi servizi “over the network”:
a) affiancare alla connettività in modalità “best effort” una o più tipologie di connettività caratterizzata da specifici livelli di “Quality of Service” su elementi differenti dalla pura “velocità massima”, come ad esempio latenza, permanenza di segnale, sicurezza, ridondanza;
b) definire un insieme di “application program interfaces” (API) sia a livello di network sia a livello di servizi TLC cloud, per aumentare la possibilità di creare nuovi ecosistemi networkcentrici, ancora più efficaci se sviluppati a livello di sistema economico nazionale;
c) rivedere le regole del peering (interconnessione) tra soggetti (Telco e/o OTT) che vogliano interagire direttamente.
In un sistema di questo tipo assume una rilevanza senza precedenti la gestione dell’identità digitale (Digital ID) del cliente sia per garantire la sicurezza contro eventuali attacchi informatici, sia per consentire a un utilizzatore di autenticarsi (e di conseguenza pagare per i servizi) una sola volta pur navigando su differenti reti (fisse e mobili) di un operatore. In tale contesto servizi quali billing, caring, gestione della privacy e salvaguardia dei diritti di proprietà intellettuale (IPR) diventano molto più critici. Le Telco possono in questo caso esercitare un vantaggio di prossimità ai clienti tale da renderle partner ideali per i content provider che vogliano garantirsi allo stesso tempo una relazione premium con il cliente e la salvaguardia dei propri asset di proprietà intellettuale.
Le Next Generation TLC per le Imprese
Nel mercato corporate, le imprese sono già oggi in grado di affacciarsi al nuovo modello di business secondo una logica molto più razionale.
La combinazione di TLC e IT – la così detta ICT, information & communication technology – permette di accrescere la produttività per unità di lavoro e capitale impiegato, di ridurre i costi di aggiornamento tecnologico, di limitare i rischi in caso di discontinuità di servizio, di flessibilizzare la capacità elaborativa, di ridurre la vulnerabilità agli attacchi informatici, di aumentare il livello di accessibilità ai sistemi aziendali e molto altro. Qualsiasi manager oggi farebbe molta fatica a lavorare senza un accesso 24/7 ai propri server di posta elettronica e senza una raggiungibilità pressoché ubiqua.
In breve lo stesso accadrà a tutti i livelli aziendali, passando attraverso un modello di cloud ibrido (hybrid cloud), dove conviveranno spazi pubblici e spazi privati delle imprese, che consentirà una migrazione progressiva e ordinata degli applicativi aziendali da soluzioni basate su server locali a soluzioni gestite mediante “cloud hosting”.
Ancora una volta bisognerà tenere in grande considerazione i bisogni dei clienti o meglio le loro competenze e specificità:
• le grandi aziende svilupperanno soluzioni su cloud private a cui occorrerà fornire connettività “garantita end-to-end” e coopereranno con le Telco su specifiche attività (progettazione, consulenza, sicurezza, soluzioni di disaster recovery, ecc.);
• le medie aziende si dimostreranno più di altre recettive di soluzioni fornite da pool di attori in cui si uniscano le competenze di riconosciuti leader in ambienti verticali da acquistare in logica “one-stop-shopping” (un esempio sono le soluzioni offerte congiuntamente da Telecom Italia e SAP in versione cloud);
• le piccole e micro imprese si avvarranno di partner locali di fiducia, ovvero di Software House di prossimità che intermedieranno soluzioni predisposte in logica modulare per essere efficientemente assemblate a basso costo.
Anche in questo mercato lo spazio per le Telco è molto vasto, poiché si affianca ai tradizionali servizi di connettività per la trasmissione dati la possibilità di sviluppare nuovi servizi “over the network” basati sull’integrazione con i “Next Generation Data Center” gestiti direttamente dagli operatori.
Non solo servizi di housing e hosting, ma un percorso che porta dall’Infrastructure as a Service (IaaS), al Platform as a Service (PaaS), al Software as a Service (SaaS) fino ad alcuni specifici ambiti della System Integration. Le Telco non hanno peraltro né le competenze né l’interesse a occupare tutti i possibili strati di servizio, sia perché alcuni di essi richiedono professionalità e skills specifici, sia per tutelare lo spazio economico dell’ecosistema di attori locali.
È interessante osservare come i piani di R&S di soggetti che fino a ieri si occupavano unicamente di hardware o di software stiano evolvendo verso logiche che combinano HW e SW con le nuove funzionalità delle NGN. Rispetto al contesto attuale in cui le Telco sono schiacciate sull’offerta di pura connettività, quindi, si aprono grandi potenzialità.
Nel breve termine è determinante che gli operatori TLC riescano a difendere i servizi tradizionali lavorando soprattutto su un loro “confezionamento” in ottica di marketing che eviti brusche cadute di ricavi. Nel passaggio alle nuove reti Full IP (sia fisse che mobili), occorrerà evitare di lasciare ancora una volta tutto lo spazio di creazione di valore agli OTT, lavorando sui fabbisogni dei clienti in prospettiva end-to-end. Nel nuovo scenario di medio termine le Telco possono e devono occupare aree a elevato tasso di crescita, a condizione che sappiano passare dalla pura fornitura di gigabit di connettività all’erogazione di servizi “over the network”.
¹AGCOM definisce gli OTT “imprese prive di una propria infra- struttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, da cui Over-The-Top” e che “forniscono, attraverso le reti IP, servizi, contenuti e applicazioni (…) e traggono ricavo, in prevalenza, dalla vendita di contenuti e servizi agli utenti finali (…) e di spazi pubblicitari”. (AGCOM, Relazione Annuale 2012, pag. 28)
*Amministratore delegato di Telecom Italia