Obama, Romney, Sandy
Che cosa stanno facendo e quali rischi corrono i due candidati alla presidenza, che si trovano in una situazione senza precedenti a 6 giorni dal voto
di Arianna Cavallo
Oltre che per i morti e le devastazioni, l’uragano Sandy ha fatto parlare anche per le conseguenze che potrà avere – o non avere – sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, che si terranno il prossimo 6 novembre. In questi giorni sia Barack Obama che Mitt Romney hanno deciso di non tenere comizi: il primo è impegnato a supervisionare la gestione dell’emergenza, mentre Romney ha deciso di fermarsi «in segno di rispetto per i milioni di americani» colpiti dal passaggio dell’uragano. Le iniziative di campagna elettorale organizzate dai relativi comitati nei luoghi non colpiti da Sandy sono andate avanti, e gli spot televisivi continuano a essere trasmessi.
I due candidati si trovano ad affrontare problemi molto diversi in uno scenario inedito: come scrive Politico, non era mai successo che la campagna elettorale presidenziale venisse “sospesa” a una settimana dal voto a causa di un disastro naturale, e ancora nessuno ha idea del modo migliore in cui affrontare la situazione. Obama deve far sì che niente nella gestione della catastrofe vada storto: a una settimana dal voto infatti non ci sarà più tempo per far dimenticare eventuali errori, anche non legati a una sua diretta responsabilità. Obama vuole naturalmente evitare l’errore di George W. Bush, la cui risposta dopo l’uragano Katrina – ben più potente e catastrofico – fu giudicata lenta e insufficiente dall’opinione pubblica.
(Chi vincerà tra Obama e Romney)
Obama sta quindi facendo di tutto per mostrarsi presente, padrone della situazione e vicino alle persone danneggiate dall’uragano: lunedì mattina ha cancellato un evento elettorale in Florida – uno degli stati in bilico – per ritornare a Washington DC e seguire da vicino l’evolversi della situazione. Il suo staff ha raccontato che per tutta la giornata è rimasto attaccato al telefono a seguire gli aggiornamenti e offrire aiuto ai governatori e ai sindaci degli stati e delle città più colpiti dall’uragano: il governatore di New York Andrew Cuomo, quello del New Jersey Chris Christie e i sindaci di New York (Michael Bloomberg), di Jersey City (Jerramiah Healy) e di Newark (Cory Booker).
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Martedì mattina, mentre mezza New York era sott’acqua, Obama ha tenuto un incontro nella sala emergenze della Casa Bianca invitando il suo staff a coordinare al meglio gli aiuti senza farsi intralciare dalla burocrazia. Ha dichiarato lo stato di emergenza in numerosi stati della costa est e lo stato di grave calamità in New Jersey e New York, stanziando ulteriori fondi per la ricostruzione di strade, fognature, edifici governativi e finanziamenti per chi ha perso la casa o il negozio a causa dell’uragano. Martedì sera ha visitato la sede della Croce Rossa di Washington, dove è stato accolto da applausi e strette di mano, e si è rivolto alle persone danneggiate dall’uragano insistendo sulla solidarietà nazionale e dicendo: «il messaggio più importante che ho è che l’America è con voi. Vi sosteniamo e abbiamo intenzione di fare tutto il possibile per aiutarvi a rimettervi in piedi».
(Foto vere e false dell’uragano Sandy)
Oggi Obama supervisionerà i danni provocati da Sandy in New Jersey, uno degli stati più colpiti, insieme al governatore Chris Christie. Christie, che è repubblicano, ha elogiato molto il comportamento di Obama degli ultimi giorni, dicendo che «l’amministrazione, il presidente e il capo dell’agenzia federale che si occupa di disastri naturali, la FEMA, sono stati finora eccezionali. Abbiamo collaborato benissimo con loro, e voglio ringraziare personalmente il presidente per la sua attenzione». Molti sostengono che le parole di elogio di Christie siano strumentali: nel 2011 si era già parlato di una sua possibile candidatura alla Casa Bianca, che potrebbe concretizzarsi al prossimo giro solo se vincesse Obama. Se vincesse Romney, infatti, sarebbe lui il candidato naturale dei repubblicani per i successivi quattro anni.
Obama aveva chiesto anche al sindaco di New York Bloomberg di visitare la città, ma Bloomberg – che è indipendente e in campagna elettorale ha criticato sia Obama che Romney – ha risposto, ringraziandolo, che «abbiamo troppe cose da fare» per rimettere in sesto New York il prima possibile. Obama riprenderà la campagna elettorale giovedì, puntando probabilmente sugli stati in bilico dell’Ovest del paese, non toccati dal passaggio di Sandy.
Obama si trova quindi in una situazione delicata, dove il più piccolo inciampo può trasformarsi in un grosso problema, ma allo stesso tempo può dare un’immagine decisa e risoluta di sé, rappresentando l’unità della nazione in un momento di difficoltà. Dal canto suo Romney non corre rischi ma allo stesso tempo non ha nessuna carica ufficiale e deve cercare di ritagliarsi uno spazio mentre giornali e tv mostrano le immagini di Obama, Christie e Bloomberg che si rimboccano le maniche per risolvere la situazione e confortare gli americani.
Lunedì lo staff di Romney ha annunciato la sospensione fino a martedì della campagna elettorale sua e del candidato alla vicepresidenza Paul Ryan. Al posto dei comizi elettorali Romney ha organizzato degli «eventi per il sollievo dall’uragano»: si tratta in sostanza di incontri in cui invita i suoi sostenitori a raccogliere cibo in scatola e altri beni di prima necessità da inviare nelle zone danneggiate dall’uragano. Romney ha tenuto uno di questi eventi in Ohio, uno degli stati in bilico, (dove però non è andato tutto liscio) mentre Ryan visiterà due comitati elettorali in Wisconsin (altro stato in bilico) per ringraziare i volontari che stanno raccogliendo cose da distribuire. Anche la moglie di Romney incontrerà i volontari dell’Iowa (altro stato in bilico) che stanno raccogliendo fondi per la costa est e di sera parteciperà a una manifestazione culturale, ma esplicitamente legata alla campagna elettorale. Il cambio di strategia però potrebbe danneggiarlo, dato che le raccolte fondi sono organizzate in stati in bilico e lontani da quelli interessati dall’uragano mentre Ryan e la moglie partecipano solo a eventi repubblicani. Un rischio ancora peggiore è, come scrive l’Atlantic, apparire di parte in un momento di unità nazionale, quando anche i repubblicani come Christie lodano il presidente e lavorano con lui.
Un altro problema che Romney deve affrontare riguarda le sue dichiarazioni a favore della chiusura della FEMA: Romney ha sempre sostenuto che l’agenzia non è efficiente, che contribuisce ad aumentare il debito pubblico e che la gestione delle emergenze dovrebbe essere lasciata ai singoli stati. Simili convinzioni hanno trovato popolarità dopo l’insufficiente risposta della FEMA al disastro provocato dall’uragano Katrina a New Orleans. L’agenzia era stata notevolmente ridimensionata sotto l’amministrazione Bush – da qui, secondo alcuni, la scarsa preparazione nell’affrontare l’emergenza in Florida – ma Obama l’ha nuovamente rafforzata e negli ultimi giorni si è dimostrata molto efficiente, tanto da ricevere i complimenti di Christie e Bloomberg. Lunedì il New York Times ha pubblicato un editoriale intitolato A Big Storm Requires Big Government (Una grande tempesta ha bisogno di un grande governo), in cui critica la posizione di Romney sulla FEMA e sostiene invece la necessità di mantenerla. Sempre lunedì Romney ha fatto sapere attraverso il suo staff di non volere abolire la FEMA ma di essere ancora convinto che la gestione delle emergenze debba essere responsabilità dei singoli stati. Romney finora non ha risposto alle domande che gli hanno rivolto in proposito i giornalisti negli ultimi giorni e non ha detto se visiterà o meno il New Jersey.
– Tutti gli articoli del Post sulle elezioni presidenziali americane 2012