Gli scontri etnici in Myanmar
Oltre 50 persone sono morte e almeno 75 mila sono senza casa in seguito agli scontri tra i buddisti e la minoranza musulmana
Almeno 50 persone sono morte e migliaia di case sono state bruciate a causa degli scontri etnici tra buddisti e musulmani nella regione del Rakhine, in Myanmar (ex Birmania: il nome ufficiale del paese è stato cambiato nel 1989). La regione si trova sotto coprifuoco da maggio, quando una donna buddista fu stuprata e uccisa da un musulmano, causando una spirale di ritorsioni e omicidi tra le due comunità.
(Che cosa succede in Birmania)
I musulmani coinvolti in questa vicenda fanno parte di una delle numerosissime minoranze etniche e religiose del Myanmar. Si chiamano rohingya e sono circa 800 mila, quasi tutti vivono nella regione del Rakhine. Il governo non li riconosce come cittadini e nemmeno come uno dei 135 gruppi che vivono nel paese. I rohingya infatti hanno poco a che fare con gli altri gruppi etnici birmani: provengono dal Bengala orientale, che oggi è il Bangladesh musulmano, e sono percepiti come intrusi da molti birmani.
Il governo è stato accusato di non aver fatto abbastanza per risolvere la situazione, mentre alcuni reparti dell’esercito sono stati accusati di aver sparato contro i rohingya negli scontri di quest’estate. Molti rohingya stanno cercando di lasciare il paese e di raggiungere il Bangladesh, il cui governo ha dichiarato di aver già accolto 300 mila profughi e di non poterne accettare altri. In tutto circa 75 mila musulmani hanno abbandonato le loro case. Non è ancora chiaro cosa abbia causato questa nuova ondata di scontri.
A testimoniare la dimensione degli scontri, Humans Right Watch ha diffuso questa mattina una fotografia satellitare della città di Kyaukpyu. Nella fotografia si può vedere chiaramente come l’area della città dove abitavano i musulmani sia stata rasa al suolo. Secondo alcune stime, soltanto a Kyaukpyu sono state distrutte ottocento case di famiglie musulmane.
Foto: AP Photo/Khin Maung Win