Smentita l’aggressione razzista in Louisiana
La donna di cui si era detto (soprattutto sui media italiani) fosse stata attaccata da "membri del Ku Klux Klan" si era inventata tutto, sostiene la polizia
La polizia di Winnsboro, Louisiana, ha convocato ieri una conferenza stampa e ha comunicato di avere ragione di credere che Sharmeka Moffitt, la donna afroamericana che domenica aveva denunciato di essere stata aggredita, cosparsa di benzina e bruciata viva, in realtà si è data fuoco da sola.
Sharmeka Moffitt, vent’anni, aveva telefonato al 911 intorno alle 20 di domenica dicendo di essere stata aggredita da tre uomini bianchi incappucciati che le avevano dato fuoco e avevano scritto sulla sua auto la sigla del Ku Klux Klan, KKK. Le impronte digitali della donna sono state trovate su un accendino e su una ricarica da accendino trovati poco distante dal luogo della presunta aggressione. Le autorità hanno comunicato che anche le scritte sono state fatte dalla stessa Moffitt e hanno invitato l’intera comunità di Winnsboro a stare vicina alla famiglia della donna, che ha riportato ustioni sul 60 per cento del corpo, alcune di terzo grado.
«Non ci sono prove a sostegno della tesi per cui sia stata aggredita», ha detto la portavoce della polizia della Louisiana, Julie Lewis. Gli investigatori, scrive Associated Press, credono che Moffitt abbia usato del dentifricio per scrivere le iniziali del Ku Klux Klan sulla sua auto e hanno detto che anche gli esami del DNA confermano che le ferite sono state auto-inflitte. Le autorità non hanno ancora potuto parlare con la ragazza, che è ricoverata in condizioni gravi ma stabili. La polizia ha passato il caso al procuratore distrettuale, che ora deciderà se presentare accuse contro la ragazza.
La notizia era circolata ampiamente ieri sui siti di news italiani e oggi è arrivata su molte prime pagine, benché negli Stati Uniti fosse stata trattata principalmente dalle testate locali e senza grande enfasi. Già ieri mattina infatti la polizia aveva detto di non credere che si trattasse di un “hate crime”, un reato motivato dall’odio razziale, e poco prima era stata smentita un’altra voce secondo cui la ragazza al momento dell’aggressione indossava una maglietta con sopra la faccia di Barack Obama. La notizia, insieme a queste false voci, era circolata molto su Facebook.