Chi vincerà tra Obama e Romney
Dati e sondaggi alla mano, stato per stato, come sono messi i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti: un favorito c'è, di un pelo
di Francesco Costa – @francescocosta
A meno di due settimane dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, che si terranno il 6 novembre, i due principali candidati si trovano nella situazione di maggior equilibrio e incertezza dall’inizio della campagna elettorale.
Il presidente uscente Barack Obama è stato per molte settimane in vantaggio nei sondaggi, consolidando un distacco significativo soprattutto dopo la convention dello scorso settembre a Charlotte, in North Carolina. I buoni risultati ottenuti nei sondaggi, insieme alla lenta ripresa economica e alla storica tendenza degli elettori statunitensi a concedere un secondo mandato ai presidenti (negli ultimi quarant’anni soltanto Ford, Carter e Bush padre non sono stati rieletti) hanno fatto pensare per qualche tempo che si andasse verso una facile vittoria del presidente uscente. Il primo dibattito televisivo, quello stravinto da Mitt Romney, ha completamente cambiato lo scenario. Nel giro di pochi giorni Romney ha recuperato terreno in moltissimi stati e in generale sul piano nazionale, e i due successivi confronti, nei quali Obama è stato molto più convincente, sono serviti solo ad arrestare la sua ascesa.
(Foto storiche di dibattiti americani)
Gli Stati Uniti non eleggono direttamente il presidente. Attraverso un sistema chiamato electoral college, infatti, ogni stato elegge con sistema prevalentemente maggioritario – chi ha un voto in più li prende tutti – un gruppo di cosiddetti “grandi elettori”, distribuiti in modo proporzionale alla sua popolazione (e per questo periodicamente aggiustato). I grandi elettori sono in tutto 538: questo vuol dire che ne servono almeno 270 per arrivare alla Casa Bianca. Per questa ragione i sondaggi che misurano la popolarità nazionale dei candidati – come quello Gallup, diffuso ogni giorno – vanno presi come indicatori generali di una tendenza e non come misuratori effettivi delle probabilità di vincere di ciascun candidato.
È possibile, infatti, che un candidato possa ottenere la maggioranza dei voti totali ma la minoranza dei grandi elettori, e quindi perdere le elezioni. È successo due volte, la più recente e celebre è quella del 2000, quando Al Gore ottenne lo 0,4 per cento dei voti in più rispetto a George W. Bush, che però vinse tra i grandi elettori grazie a una contestata decisione della Corte Suprema sul voto in Florida. Insomma: per capire come sono messi oggi Obama e Romney bisogna guardare più ai singoli dati, stato per stato, che a un unico dato nazionale.
I sondaggi attribuiscono a Barack Obama un grande vantaggio in 18 stati più il District of Columbia: Washington, California, Oregon, New Jersey, New Mexico, Minnesota, Michigan, Illinois, Hawaii, Maine, Vermont, Connecticut, Rhode Island, Massachusetts, New York, Pennsylvania, Maryland, Delaware. In tutto fanno 237 grandi elettori, 33 in meno di quelli che gli servono per essere rieletto.
Gli stati che oggi Romney sembra certo di conquistare sono numericamente di più ma anche meno popolati. Sono 23 e sono Idaho, Montana, Wyoming, Utah, Arizona, North Dakota, South Dakota, Nebraska, Kansas, Oklahoma, Texas, Missouri, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Alabama, Georgia, South Carolina, Tennessee, Kentucky, Indiana, West Virginia e Alaska. In tutto fanno 191 grandi elettori, 79 in meno di quelli che gli servono per vincere.
(9 storici dibattiti politici americani)
Il primo dato che abbiamo, quindi, è che a Obama basta vincere solo alcuni degli stati restanti, quelli considerati in bilico, mentre Romney deve vincere nella maggioranza di questi. Oggi secondo i sondaggi gli stati in bilico sono 9 e mettono in palio 110 grandi elettori: Colorado (9), Florida (29), Iowa (6), New Hampshire (4), Nevada (6), North Carolina (15), Ohio (19), Virginia (13) e Wisconsin (10). Si può fare un’ulteriore scrematura, andando a vedere cosa dicono i sondaggi di questi stati in bilico.
Per quanto il suo vantaggio non sia grandissimo, in Nevada e in Iowa quello messo meglio oggi sembra essere Obama. Entrambi mettono in palio 6 grandi elettori, vincendo in questi due stati Obama arriverebbe a 249, a 21 dalla rielezione. Allo stesso modo, Romney ha un vantaggio piccolo ma significativo e durevole in North Carolina. Questo stato gli darebbe 15 grandi elettori e lo porterebbe a 206, a 64 voti dalla vittoria.
Rimangono sei stati: Colorado, New Hampshire, Florida, Ohio, Virginia, Wisconsin. I più grandi di questi sono Ohio e Florida, che mettono in palio rispettivamente 19 e 29 grandi elettori. Qui le combinazioni possibili sono molte, la maggior parte di queste è favorevole a Obama.
– se Obama vincesse anche solo la Florida, arriverebbe a 278 grandi elettori e avrebbe vinto le elezioni;
– se Romney vincesse la Florida, invece, diventerebbe decisivo l’Ohio;
– chi a quel punto vincesse in Ohio dovrebbe solo accaparrarsi uno qualsiasi degli altri quattro stati per essere certo dell’elezione;
– al contrario, logicamente, chi perdesse in Ohio dovrebbe vincere in tutti gli altri quattro stati per arrivare alla Casa Bianca.
In questo momento i sondaggi vedono Obama in leggero vantaggio in Wisconsin, Romney in leggero vantaggio in Virginia e New Hampshire, mentre in Colorado sono praticamente pari. Anche in Florida e Ohio i due candidati sono molto vicini (forse in Florida è un pelo avanti Romney). La tendenza storica, comunque, conferma la centralità dell’Ohio: dal 1964 nessun candidato è arrivato alla Casa Bianca senza vincere in Ohio, e nella storia nessun candidato repubblicano ha mai vinto le elezioni senza vincere in Ohio.
A due settimane dal voto, quindi, Barack Obama appare in lieve vantaggio su Mitt Romney, principalmente perché sembra avere a disposizione più soluzioni per arrivare alla cifra di 270 grandi elettori: potrebbe farcela, per assurdo, anche perdendo sia in Florida che in Ohio. Quanto accaduto dopo il primo dibattito televisivo, però, mostra l’esistenza di un elettorato mobile più grande di quanto molti avessero pensato: persone che hanno cambiato idea negli ultimi tempi e potrebbero farlo ancora. Il distacco tra i principali candidati in Ohio alle ultime tre elezioni presidenziali – 165.000 voti nel 2000, 118.000 nel 2004, 262.000 nel 2008 – mostra come, in fin dei conti, questa elezione potrebbe essere decisa da un numero relativamente piccolo di elettori.
foto: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images