La fine di Newsweek di carta
Un pezzo di storia del giornalismo dall'anno prossimo non esisterà più: le sue copertine più famose, e come si è arrivati a questo punto
Oggi Newsweek ha annunciato che il 31 dicembre 2012 uscirà l’ultima edizione cartacea del settimanale. A partire dal prossimo anno il periodico uscirà solo nelle versioni per tablet ed e-book reader, oltre ai contenuti pubblicati sul sito. Insieme al passaggio al digitale, ci saranno alcuni licenziamenti nelle redazioni statunitensi ed estere.
Newsweek è uno dei più celebri newsmagazine statunitensi, diffuso in tutto il mondo e con edizioni in diverse lingue. A partire dal 2008 è stato colpito molto duramente dalla crisi della carta stampata, cercando in vario modo di cambiare il suo pubblico e resistere alla crisi: il risultato è stato un profondo fallimento, con un numero di copie vendute in edicola sceso, negli Stati Uniti, a poche decine di migliaia (ma gran parte della diffusione avviene tramite gli abbonamenti).
Il primo numero di Newsweek uscì il 17 febbraio 1933. Per tutta la sua storia il principale concorrente dell’edizione cartacea di Newsweek è stato l’altra celebre rivista TIME. Le storie delle due riviste erano collegate già alla nascita: entrambe con sede centrale a New York, il primo direttore di Newsweek fu Thomas J.C. Martyn, che aveva lavorato agli esteri di TIME (fondata dieci anni prima).
La copertina della prima uscita – 32 pagine, prezzo di 10 centesimi di dollaro e titolo News-week, con il trattino – aveva però qualcosa di diverso rispetto a TIME, che fin dall’inizio aveva presentato un ritratto o una fotografia con il famoso bordo rosso. Newsweek, invece, voleva raccontare “le notizie della settimana” fin dalla prima pagina: e quindi aveva messo sette fotografie, una per ciascuna notizia ritenuta più importante in ogni giorno della settimana.
Un punto di svolta per la nuova rivista, anche dal punto di vista finanziario, avvenne nel 1935, quando si fuse con un’altra rivista nata da poco, Today. Chi rese veramente internazionale il settimanale fu il direttore che arrivò nel 1937, il britannico Malcom Muir. Muir, che poche settimane dopo il crollo di Wall Street nel 1929 aveva fondato – con indubbio fiuto degli affari – quella che è l’attuale BusinessWeek, rimase alla guida fino alla fine degli anni Sessanta e introdusse molti cambiamenti: oltre a fondare le prime edizioni internazionali investì molto sulle opinioni e introdusse le prime rubriche firmate. Nel 1961, intanto, la proprietà passò al gruppo editoriale del Washington Post.
Negli anni, Newsweek diventò famoso per il suo orientamento liberal, criticando Nixon e Ronald Reagan, fino ai suoi articoli contro l’ultima amministrazione Bush. Un giornalista del settimanale fu il primo a venire a conoscenza della relazione tra Clinton e Monica Lewinsky, ma i responsabili della redazione decisero di non pubblicarla finendo per essere bruciati dal sito Drudge Report: molti dissero che la scelta era motivata dalla volontà di non danneggiare i democratici. Il settimanale è stato criticato anche per alcuni servizi e copertine di taglio decisamente antiamericano comparsi nelle edizioni internazionali (come una bandiera americana in un cestino, in una edizione giapponese del febbraio 2005). Ad ogni modo, alla fine degli anni Novanta, prima della grande crisi di vendite e di identità, Newsweek aveva un grande successo di vendite, molto simile per numero di lettori e tipo di pubblico a TIME.
A partire dal 2008 le perdite in costante crescita, soprattutto sul fronte dei ricavi pubblicitari, causarono la messa in vendita della rivista: che fu venduta il 2 agosto 2010 a Sidney Harman, un imprenditore di grande successo nel campo degli impianti audio. Harman comprò Newsweek per la cifra simbolica di un euro, accettando di farsi carico del passivo della società, arrivato a quasi 50 milioni di dollari.
Dal novembre 2010, cioè quando Newsweek si è unito al Daily Beast, il direttore è Tina Brown, che dirigeva e aveva contribuito a fondare il secondo. La notizia della fusione venne accolta in modo molto critico e David Carr, celebre giornalista che si occupa di media sul New York Times, si chiese che senso avesse unire «due cose che non hanno quasi nulla in comune a parte il fatto di aver perso entrambe un sacco di soldi.» Uno dei primi risultati è stato che il sito Newsweek.com è scomparso, per essere inglobato all’interno di quello del Daily Beast, creando scontenti all’interno della stessa redazione del settimanale.
Durante la direzione di Tina Brown, celebre per aver scritto una biografia della principessa Diana e con una lunga esperienza alle spalle – diresse Vanity Fair dal 1984 al 1992 e il New Yorker dal 1992 al 1998 – il settimanale ha ottenuto diverse critiche, anche pesanti: dalle stroncature del suo restyling grafico, a marzo 2011, a copertine giudicate sessualmente allusive, molto banali o inutilmente sopra le righe.
L’ultima di queste uscì a settembre, dopo le proteste in alcuni paesi musulmani per il film su Maometto, ma non era male anche quella con la candidata alle primarie repubblicane Michelle Bachmann con gli occhi spiritati. Uno degli ultimi casi controversi riguardò l’articolo di copertina scritto dallo storico britannico Niall Ferguson nell’agosto 2012, che criticava pesantemente Obama: i contenuti dell’articolo e i dati citati sono stati fatti a pezzi da parecchi giornalisti americani, dando a Newsweek molta pubblicità negativa. Negli ultimi dati disponibili, la diffusione del settimanale risulta oggi diminuita del 51 per cento rispetto al 2007. Che già era stato un pessimo anno.