Il capo della Protezione civile a Genova è stato arrestato
Insieme con due funzionari del comune è accusato di aver falsificato alcuni dati sull'alluvione dell'anno scorso, in cui morirono sei persone
Ieri la polizia ha arrestato il responsabile della Protezione civile presso il comune di Genova, Sandro Gambelli. È accusato, insieme con altri due responsabili del comune, di falso e calunnia per aver modificato alcune informazioni sull’alluvione dello scorso anno in città, che causò la morte di sei persone. Secondo i magistrati, i funzionari comunali avrebbero firmato una relazione in cui si affermava che la piena del torrente Fereggiano fosse avvenuta in anticipo di almeno mezz’ora di quanto accaduto realmente. Il dettaglio sarebbe stato modificato per dimostrare che nessun intervento tempestivo avrebbe potuto evitare il disastro, come spiegano oggi sul sito del Secolo XIX.
Dice la Procura che non c’è limite al peggio. Che il 4 novembre 2011, a Genova, non solo il Comune non fu in grado di gestire un’emergenza in cui morirono sei persone e fra loro due bambine. No. Adesso si scopre che tre superfunzionari dell’allora amministrazione di Marta Vincenzi, ma in carica anche dopo l’elezione di Marco Doria a sindaco, hanno taroccato la ricostruzione del disastro, pensando così di dribblare guai peggiori. Perciò ieri mattina la polizia ha arrestato Sandro Gambelli (53 anni), in passato numero due del comando provinciale dei pompieri, oggi alla testa del settore Protezione civile e pubblica incolumità del Comune, figura nota come disaster manager, ovvero il referente primario per ogni pericolo all’incolumità dei cittadini. Assieme a lui sono indagati Gianfranco Delponte (56), già comandante dei vigili urbani nel capoluogo ligure e dal 2007 direttore generale «area sicurezza e progetti speciali» di Palazzo Tursi, e Pierpaolo Cha (55), direttore del «dipartimento città sicura».
Sono accusati di falso e calunnia poiché, nell’opinione del procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico e del sostituto Luca Scorza Azzarà, hanno firmato una relazione in cui si diceva che la piena assassina del torrente Fereggiano era avvenuta almeno mezz’ora prima di quanto accaduto realmente. Un dettaglio cruciale, poiché avrebbe confortato la tesi secondo cui la fuoriuscita dell’acqua fu così «improvvisa », che nessun tempestivo intervento della Protezione civile (e quindi dei tre indagati che ne erano fra i massimi responsabili operativi) avrebbe comunque salvato le vittime: Shiprese Djala, 40 anni, le figlie Gioia (8) e Gianissa (10 mesi); Evelina Pietranera (50), Serena Costa (19) e Angela Chiaramonte (40).
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foto: laPresse