La risposta giusta di Veltroni
È un "atto politico" in risposta "tanto ai tenaci occupatori di cariche pubbliche quanto alle demagogie dei rottamatori", scrive Carlo Galli su Repubblica
Carlo Galli, docente universitario, scrive oggi l’editoriale di spalla di Repubblica commentando la decisione di Walter Veltroni di non ricandidarsi alle prossime elezioni e spiega perché è una risposta giusta “tanto ai tenaci occupatori di cariche pubbliche quanto alle demagogie dei rottamatori”.
Non c’è la viltà all’origine del Gran Rifiuto di Veltroni. Certo, il Pd di oggi è diverso da quello che da lui è stato fondato cinque anni fa: la vocazione maggioritaria non è più all’ordine del giorno, e la contrapposizione fra Veltroni e D’Alema appartiene decisamente al passato – semmai, i due sono oggi dalla stessa parte, dalla parte dei notabili – . Certo, per Veltroni, stretto fra la solitaria battaglia di Bersani – che ne fa il dominus del partito, almeno agli occhi dell’opinione pubblica – e la sfida provocatoria di Renzi, lo spazio politico si era oggettivamente ristretto.
Gli equilibri politici dentro il Pd stanno subendo modifiche che Veltroni ha forse anticipato. Ma ciò non vale per lui più di quanto valga per gli altri big del Pd; in ogni caso, non c’era nulla di irreparabile, nulla che con un po’ di spirito di adattamento non si sarebbe potuto aggiustare e superare, per garantirsi una più che decorosa permanenza al potere.
No. Probabilmente il gesto di Veltroni – reso pubblico lo stesso giorno in cui Bersani lancia la sua campagna elettorale, evento al quale l’annuncio veltroniano rischia di sovrapporsi – va letto in positivo; non come una rinuncia né come un colpo basso, ma come un atto politico, dotato di una valenza generale, che va al di là della vicenda personale. Un atto che non chiude col presente, ma che anzi interviene con perizia, e con spirito innovativo, su uno dei fronti polemici più esposti e più caldi: sulla contrapposizione fra vecchio e nuovo, a cui Renzi, il vero destinatario del messaggio, ha voluto dare una comoda e propagandistica declinazione generazionale, interpretandola come lo scontro fra vecchi e giovani. E trasformando così il rinnovamento, di cui l’Italia tutta (e non solo la politica) ha veramente bisogno, in rottamazione – un termine che ha in sé una carica di disprezzo e di violenza per nulla rassicurante.
(continua a leggere sulla rassegna stampa della Camera)
foto: LaPresse